Una legittima difesa, quella pensata da Matteo Salvini, che continua a dividere gli italiani e suscita dubbi anche all’interno della maggioranza, in particolar modo sul fronte Cinque Stelle. E che ha ricevuto una stroncatura pesante, quella arrivata da Massimo Bordin attraverso le pagine de Il Foglio. Senza troppi giri di parole, il giornalista ha messo nel mirino la riforma che sta prendendo piede in casa Lega non sarebbe stata votata, a suo giudizio, nemmeno da uno come Giorgio Almirante, storico esponente dell’Msi.
“Basta paragonare l’allora segretario del Msi a un attuale ministro, detto il Truce, per far provare nostalgia anche al segretario dell’Anpi. Non si tratta però forse solo di questo. Se pensiamo a quella che era la linea politica del partito neofascista nella Prima Repubblica bisogna ammettere che nelle proposte concrete il massimo di riforma costituzionale toccato, e stigmatizzato all’epoca come eversivo dall’arco costituzionale fu la proposta di un sistema presidenziale”.
“Certo ci fu anche una raccolta di firme a favore della pena di morte ma ebbe scarso successo e non insisterono più di tanto. Ci fu violenza e anche morte ma i tempi non ne dettero l’esclusiva all’estrema destra e Almirante cercò di distanziarsene. Senza nostalgia dunque viene da chiedersi cosa sia successo in questo paese per arrivare a veder votare dal Parlamento una legge sulla legittima difesa che nemmeno Almirante aveva mai proposto e soprattutto nessuno avrebbe mai votato”.
La riforma va a intaccare soprattutto il reato di eccesso di legittima difesa, escludendolo per tutti i casi in cui una persona si troverà a difendersi all’interno della propria abitazione. Una scelta che se da un lato ha fatto gridare al Far West, dall’altro non ha convinto i penalisti: diversi esperti di diritto sostengono infatti che si tratta di una modifica più di forma che di sostanza e che, al dunque, non cambierà nulla.
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