Diciamolo chiaramente, la base ideologica della Lega nell’era di Matteo Salvini è del tutto sovrapponibile a quella di CasaPound. Basterebbe questo per chiudere il discorso: i rapporti tra le due forze politiche sono inevitabili oltre che naturali. Ci interessa però capire perché questi rapporti continuano ad esistere anche adesso che la Lega galoppa ad oltre il 30% nei sondaggi e divide la responsabilità del governo con il Movimento 5 Stelle. Salvini ha bisogno di CasaPound? Secondo noi sì.
Perché Salvini sia vicino a CasaPound è molto chiaro. E’ anche evidente che il leader della Lega non ne faccia mistero, anzi. Eclatante l’episodio del maggio scorso, quando Salvini fu ritratto allo stadio Olimpico di Roma durante la partita Roma-Milan, con indosso un giubbotto della marca d’abbigliamento Pivert. Si tratta del marchio di proprietà di Francesco Polacchi, già ex responsabile nazionale di Blocco Studentesco, l’area studentesca di CasaPound Italia. Polacchi è stato condannato nel 2008 a un anno e 4 mesi per aver aggredito con spranghe e cinture assieme ad altre 20 persone il corteo del Movimento dell’Onda in Piazza Navona a Roma. Del resto il partito di Gianluca Iannone è abituato ai problemi con la giustizia: fino allo scorso anno contava tra le sue file un arresto ogni tre mesi e una denuncia a settimana per aggressioni contro immigrati e oppositori politici. Insomma, prima di qualsiasi discorso ideologico, la violenza politica è una caratteristica peculiare di CasaPound. Per Salvini non rappresenta un problema avere rapporti con una forza politica che fa della violenza una suo abituale modus operandi, anzi, diventa un vanto da esporre: dal giubbotto alle cene con i dirigenti del movimento estremista.
Chi si ricorda del giovane Salvini, fondatore della corrente dei Comunisti Padani, capirà molto bene perché al leader leghista piaccia CasaPound. Nazionalismo condito da attenzione ai temi sociali, a difesa delle fasce più deboli, purché italiane. CasaPound porta all’estremo, soprattutto sul piano dell’azione, ciò che è scritto nel programma della Lega. Almeno, l’ultimo presentato alle politiche del marzo 2018. Ma la liaison tra i due movimenti arriva da lontano. Nel 2014, in occasione delle elezioni europee, CasaPound sostenne la candidatura del leghista Mario Borghezio nella circoscrizione centro Italia. L’anno successivo, con le bandiere della tartaruga CasaPound partecipò alla prima manifestazione del Carroccio a Roma, in Piazza del Popolo, il 28 febbraio. Nello stesso mese di febbraio 2015 venne lanciata “Sovranità”, una federazione promossa da CasaPound e Lega per rivendicare la sovranità in campo monetario, economico e politico dell’Italia. Poi il rapporto è rimasto sotto traccia, nascosto ai riflettori della quotidianità politica. Semplice (?) vicinanza sulle iniziative anti immigrati promosse dal movimento di Iannone. Quindi il ritorno di fiamma nel 2018, con l’ipotesi di un governo anti-Euro e anti-immigrati. In piena campagna elettorale il corteggiamento tra Lega e CasaPound aveva creato più d’un imbarazzo nel Centrodestra. «Siamo pronti ad appoggiare un programma sovranista che ci porti fuori dall’euro e contro l’immigrazione clandestina», aveva dichiarato a febbraio 2018 il candidato premier di CasaPound Simone Di Stefano. Salvini per evitare una rottura con Berlusconi e gli altri alleati di centrodestra si era affrettato a dichiarare «Siamo abbastanza robusti per poter fare a meno di questo sostegno». Sì, ma non della vicinanza impressionante dei programmi e soprattutto del lavoro “silente” di quell’area antagonista di destra ben rappresentata da CasaPound che alimenta l’insofferenza e la cattiveria sociale da cui Salvini ha pescato a piene mani.
I rapporti si consolidano prima che a livello personale, sul piano ideologico e quindi su quello dell’azione politica. CasaPound viene descritta in modo blando persino in alcune informative di Polizia. Emblematica quella inviata al Tribunale di Roma per la causa della figlia di Ezra Pound, intentata per togliere il nome del padre dal partito fascista. In questa nota portata in luce dal settimanale L’Espresso il Prefetto Mario Calce descrive così il gruppo che ha tra i suoi riferimenti Mussolini e Hitler “l’impegno a tutela delle fasce deboli […] uno stile di militanza fattivo e dinamico ma rigoroso nel rispetto delle gerarchie interne […] l’intenzione di sostenere una rivalutazione degli aspetti innovativi e di promozione sociale del periodo mussoliniano, la realizzazione di azioni eclatanti, simboliche e di forte impatto mediatico senza dar luogo a illegalità e turbative dell’ordine pubblico”. Se è vero che il movimento politico nasce come esito finale di alcune battaglie sulle emergenze abitative della capitale, con occupazioni a ripetizione tra il 2003 e il 2005, la sua natura ideologica chiaramente ispirata al fascismo emerge rapidamente. Così come rapidamente emerge l’amore per gli estremismi, come il tifo ultras della capitale in cui CasaPound si inserisce quasi naturalmente (ma il prefetto Mario Calce si dimentica di dirlo) e la violenza di piazza.
Ma torniamo alla vicinanza ideologica tra Salvini e CasaPound. A leggere i programmi elettorali presentati a marzo 2018 si resta impressionati. Ma c’è di più. “Alcuni punti del contratto di governo sono stati presi dal programma di CasaPound.”, ha dichiarato Simone Di Stefano all’indomani dell’accordo tra Lega e M5S. CasaPound a Palazzo Chigi, insomma. E infatti, leggendo il programma elettorale di CasaPound scopriamo sorprendenti punti di contatto sia con l’M5S che con la Lega. Con i pentastellati i neofascisti di Di Stefano condividono lo “statalismo”, in particolare in tema di banche. Il programma di CasaPound parla di separazione tra le banche commerciali e quelle di investimento finanziario e di nazionalizzazione della Banca d’Italia. Ma è soprattutto con la Lega di Matteo Salvini che i punti di contatto si moltiplicano. Dallo scacchiere internazionale, con l’apprezzamento e il sostegno alla Russia di Putin con cui Salvini, da capo della Lega, ha firmato un accordo senza precedenti nella storia politica italiana, fino alle politiche sull’immigrazione i programmi dei due partiti combaciano quasi perfettamente. In particolare, con il decreto sicurezza appena approvato, si realizza in larga parte quel blocco dei flussi migratori chiesto da CasaPound e soprattutto si avvia rapidamente la macchina dei rimpatri. Così come la maggiore difficoltà nell’ottenimento della cittadinanza italiana da parte dei figli di italiani all’estero prevista dal decreto Salvini va nella direzione dell’eliminazione degli automatismi richiesta da CasaPound.
E questo matrimonio d’interesse ideologico è suggellato da diversi incontri. Quando fu lanciata “Sovranità”, nella primavera del 2015, Matteo Salvini partecipò a comizi, incontri e cene con esponenti di CasaPound. Una fotografia del 12 maggio 2015, diventata piuttosto celebre, ritrae Salvini a tavola con i principali leader del movimento neofascista. Nella foto che vedete qui sopra ci sono Simone Di Stefano, Gianluca Iannone e pure Francesco Polacchi. Sì, proprio lui, quello del giubbotto indossato da Salvini allo stadio Olimpico durante la finale di Coppa Italia Juventus-Milan.