Prove di forza, passi indietro, tensioni, possibili rotture. Tra il governo gialloverde e l’Europa non è ancora finita la lunga, lunghissima sfida sulla manovra. Quella che ha visto Di Maio e Salvini prima dire di non voler cedere e ora ammettere di non “volersi fissare sui decimali”. Il tutto mentre Conte si erge ora a mediatore con Bruxelles. Un racconto lunghissimo. Iniziato a settembre con i grillini a reclamare un “def coraggioso”, mentre Tria predicava calma temendo per i conti pubblici.
Poi la seconda fase. Iniziata a ottobre, con la Commissione a mostrare i muscoli parlando di scelte italiane “senza precedenti” e di “nessuna comprensione verso l’Italia”. Draghi, a sua volta, si schierava contro le politiche gialloverdi. La procedura di infrazione, arrivato novembre, iniziava a stagliarsi sullo sfondo, mentre lo spread si manteneva puntualmente sopra i livelli di guardia. Fitch abbassa le stime di crescita dell’Italia. E alla fine, iniziavano i pentimenti.A incarnarla, innanzitutto, proprio quel Savona inizialmente simbolo della lotta all’Ue e poi di colpo passato a parlare di “rischio recessione” chiedendo una soluzione. Oggi toni distesi, parole calme e riflessive. Cinque Stelle e Lega parlano di moderazione. In attesa di elezioni europee che potrebbero cambiare le carte in tavola e favorire i gialloverdi, di colpo non più troppo antieuropeisti.
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