Meloni ha imposto il suo veto alla riforma dell’autonomia differenziata, proposta dal ministro per gli Affari regionali e le Autonomie e vero cavallo di battaglia della Lega da sempre. E così Matteo Salvini ne prende atto.
Dalla festa del partito nel Bergamasco, dichiara: “La riforma presidenziale non è alternativa all’autonomia differenziata. Se alla fine dei cinque anni avremo un’Italia presidenziale e federale avremo fatto il nostro lavoro”.
Cade, dunque, quella che sembrava una priorità del governo e dell’alleato più quotato di Fratelli d’Italia, al punto che Calderoli aveva bruciato le tappe pur di consegnare la sua proposta, volendo evitare che prevalessero “dinamiche conservative” dopo insediamenti e assegnazioni definitive di incarichi.
E invece è andata proprio così. Meloni ha frenato ogni fuga in avanti e l’ha reinserita nel quadro delle riforme istituzionali che dovranno seguire una precisa gerarchia, a partire dal presidenzialismo.
L’ago della bilancia sembra essere il ministro per la Coesione, il Sud e l’attuazione del Pnrr, Raffaele Fitto, in un curioso ribaltamento del peso istituzionale rispetto al rapporto tra lui e Calderoli nel governo Berlusconi edizione 2009.
Il concetto è garantire un livello accettabile di servizi di base anche al Mezzogiorno con i fondi europei. Nella più rosea delle aspettative.
Il risultato concreto, al momento, è che nessuno può fare ancora nulla.