C’è la data, c’è la sede: il 6 luglio a Roma Giovanni Toti daà vita a un nuovo soggetto politico con l’ambizione di raccogliere dirigenti locali, consiglieri e sindaci civici in un rassemblement che in prospettiva offra a Matteo Salvini la terza sponda che gli è necessaria per resuscitare un centrodestra senza Silvio Berlusconi. La seconda gamba sarà come è ovvio Giorgia Meloni, grande sponsor dell’operazione Toti. L’intento del trio Salvini-Meloni-Toti è chiaro: prendersi i voti di Berlusconi senza doversi accollare lui.
Funzionerà? È possibile. L’agonia di Forza Italia è un dato di fatto, al copione del rinnovamento congressuale promesso dall’inner circle berlusconiano nessuno crede più. È stato ripetuto troppe volte e tutti hanno ben presente l’uso spregiudicato che Arcore ha fatto della parola “svolta” in passato, a partire dall’episodio-cult delle primarie del 2012 revocate una settimana prima del voto.
Per di più la data in autunno di queste improbabili assise è largamente scavalcata dall’ipotesi di una crisi in estate e di elezioni anticipate a stretto giro: pure se FI dovesse aprire i recinti in ottobre, li troverebbe già vuoti da tempo. E tuttavia nei ranghi di FI c’è classe dirigente, esperienza, e soprattutto c’è un tesoretto elettorale indispensabile al sogno salviniano di emanciparsi dal Movimento Cinque Stelle. Ovvio che ci si chieda come trasferirlo altrove.
Toti o non Toti, una qualche Cosa Bianca in Italia dovrà necessariamente nascere. La vecchia regola sulla politica che non tollera vuoti ha una sua esattezza, e il buco al centro dell’offerta politica italiana è evidente: dentro ci sono tutti gli elettori indisponibili a votare Lega, Pd e Cinque Stelle ma potenzialmente interessati a un partito moderato.
Non è un caso che si favoleggi ogni giorno di imminenti discese in campo proprio lì, al centro, in quello che per vent’anni è stato il reame del Cavaliere e adesso è un regno più piccolo ma sempre decisivo. Anche Carlo Calenda e Matteo Renzi puntano i binocoli in zona, per non parlare del gossip sulla possibile discesa in campo di Urbano Cairo. Sì, perché al centro, non c’è solo l’8 o il 10 per cento di Forza Italia ma anche uno spicchio dell’astensionismo.
Ma c’è, soprattutto, la più tradizionale fra le tendenze politiche italiane: il moderatismo. Insomma, questo centro italiano è un luogo assolutamente promettente anche senza i grandi numeri dei principali partiti. Una maggioranza Salvini-Meloni-Toti, dunque, sarebbe più che possibile. Con buon pace del Cavaliere.
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