Mentre il centrodestra esulta per la vittoria in Abruzzo, banco di prova importante dopo la sconfitta arrivata a sorpresa nelle Regionali in Sardegna, c’è chi in queste ore si trova a dover recitare suo malgrado la parte dello sconfitto illustre: Matteo Salvini. Vero che la situazione è da tempo mutata e che il Carroccio non è più il motore del centrodestra, ruolo perso a vantaggio di Fratelli d’Italia. Ma a pesare sono soprattutto le prospettive future, sempre più incerte. Dalle urne abruzzesi, il partito di Salvini è uscito con il 7,6%. In Sardegna era andata anche peggio (3,7%), ma in quel caso c’erano le attenuanti di frizioni interne dopo la mancata candidatura di Solinas. Anche rispetto alle politiche del 2022, però, il passo indietro è evidente: all’epoca in Abruzzo la Lega aveva conquistato l’8,1%. Una flessione che brucia soprattutto alla luce del sorpasso di Forza Italia.
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Dopo la scomparsa di Silvio Berlusconi, Salvini aveva tentato di conquistare anche i voti azzurri, proponendosi come l’unico, vero nome alternativo a Giorgia Meloni all’interno della coalizione. Con tanto di piccole provocazioni nei confronti della leader di Fratelli d’Italia, mal digerite dalla diretta interessata. Una strategia che sembra morta sul nascere, visto che Antonio Tajani ha superato il 10% e Forza Italia si è imposta come seconda forza del blocco di centrodestra. E ora, come reagirà Salvini?
Le ipotesi sul tavolo sono tante, con il fantasma del Papeete che aleggia. C’è chi si chiede: non è che Salvini si prepara a far saltare di nuovo il banco, come ai tempi del governo gialloverde? Difficile, in realtà, anche perché l’ultima volta non andò benissimo al Carroccio, che si ritrovò a lungo all’opposizione. A preoccupare il leader della Lega sono piuttosto le correnti interne, minacciose. Paolo Grimoldi, in passato vicino a Umberto Bossi, ha chiesto a Salvini di fare “un passo a lato” e togliere il suo nome dal simbolo del partito in vista delle europee. Poi c’è la fronda dei governatori. Nel Veneto, i leghisti starebbe valutando l’ipotesi di correre da soli, affidandosi a liste civiche che con Luca Zaia hanno iniziato a sbocciare. Nei Comuni, si annunciano già accordi separati con Forza Italia, nelle zone dove i candidati sono ritenuti più forti.
Tante forze di natura diversa, tutte in azione. In mezzo Salvini, a capo di un partito sempre più frazionato e insoddisfatto. Le prossime europee potrebbero essere il banco di prova definitivo: in caso di ennesimo flop, il rischio di un avvicendamento al vertice sarebbe molto alto. Con lo stesso Zaia indicato da tanti come il naturale favorito alla successione.
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