Colpo di scena nel caso dell’omicidio di Saman Abbas, la ragazza di origini pakistane scomparsa il 30 aprile del 2021 dalla sua casa di Novellara, in provincia di Reggio Emilia. Il suo corpo è stato ritrovato pochi mesi fa grazie alla segnalazione dello zio paterno Danish Hasnain, sospettato di essere l’autore materiale del delitto. Ma ora l’uomo, come riporta Repubblica, nega di aver ucciso la nipote, sostiene che fosse già morta quando la vide, e punta il dito contro una persona di cui dice di non conoscere l’identità.
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Saman abbas, il racconto dello zio Danish Hasnain
“Sono disponibile a raggiungere il casolare e indicare esattamente il posto dove è stata seppellita. Voglio che il corpo di Saman Abbas venga ritrovato per darle un luogo dove io un giorno possa andare a pregare perché io le volevo bene”. Così Danish Hasnain si è rivolto agli inquirenti qualche mese fa, prima di condurli sul luogo dove erano stati seppelliti i resti della ragazza, vicino ad un casolare di Novellara. Oggi invece l’uomo decide di raccontare una storia un po’ diversa. “Voglio dirvi che io non ho ucciso Saman e… per questo io non voglio avere una condanna per colui che ha ucciso Saman il 30 aprile del 2021”, sostiene lo zio Danish secondo il quale la ragazza era già morta.
“Quella sera Shabbar Abbas (il padre di Saman, ndr) dopo tanto tempo che non ci parlavamo, verso le 22.30/ 23 circa, mi ha chiamato al telefono, subito non ho risposto perché pensavo che fosse ubriaco e volesse litigare con me. Dopo tante telefonate a cui non ho risposto ho spento il mio cellulare e mi sono messo a dormire. – prosegue il racconto di Danish Hasnain – Mentre dormivo, sono arrivati nella mia camera da letto i parenti della moglie di Shabbar e precisamente Nomanulaq Nomanulaq e Jaz Ikram, mi hanno svegliato non so a che ora per dirmi che saremmo dovuti andare a casa di Shabbar perché era successo qualche casino. Qualcuno morto, senza dire chi”.
L’uomo nega l’omicidio: “Era già morta”
“Verso le serre c’era il cadavere di Saman Abbas. – racconta ancora l’uomo – Io ho preso il corpo e ho baciato la sua fronte. Volevo recarmi a casa di Shabbar col corpo in braccio. Ma Nomanulaq e Jaz mi hanno fermato perché c’erano le telecamere. E dicevano che Saman era stata ammazzata dalla moglie di Shabbar e quindi Nazia Shaeen. In realtà non era vero, era un modo per difendere la nostra cultura. All’interno della casa abbandonata c’era già la pala per scavare il buco, a me chiedevano di accompagnarli per aiutarli a scavare per nascondere il corpo.
I cugini di Saman Abbas mi chiedevano di scavare un po’ anche io. Iniziavo a scavare. Ma non riuscivo a farlo perché stavo male. Per il dispiacere piangevo. E loro cercavano di consolarmi. A questo punto mi sono allontanato perché non riuscivo a guardare mentre la seppellivano. Io non potrò più tornare in Pakistan perché gli uomini di Shabbar mi farebbero ammazzare. Come lui ha fatto con sua figlia”, conclude così Danish Hasnain.
“Per quanto mi riguarda trovo che ci siano troppe contraddizioni rispetto a quanto scoperto dagli investigatori e alle dichiarazioni del fratello minore di Saman. – dichiara invece l’avvocato Riziero Angeletti, che si è costituito parte civile per conto dell’Ucoii (Unione della comunità islamiche in Italia) nel processo che si aprirà il prossimo 10 febbraio – Ci sono i messaggi di Danish alla moglie nelle quali, rispetto all’occultamento del cadavere, afferma che è stato fatto ‘un buon lavoro’. E c’è la moglie che gli raccomanda di ‘cancellare la chat’. E di dire che ‘la ragazza è scappata’. Inoltre ci sono delle discrepanze negli orari. Insomma, sono molto perplesso. Fermo restando che a breve inizierà un processo nel quale sarà possibile affrontare ogni aspetto della vicenda”.
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