Shabbar Abbas, il padre di Saman, rimane in Pakistan, dove continua a fare esternazioni di dubbio valore tramite i suoi avvocati. Intanto è arrivato l’ennesimo rinvio per l’udienza di estradizione. A questo punto ha perso la pazienza anche il guardasigilli, Carlo Nordio, che ha chiesto al suo omologo pakistano di agire. Serve, “con celerità”, la possibilità di far assistere il signor Abbas alle udienze a suo carico per l’assassinio della figlia.
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Shabbar Abbas, il padre di Saman, resta ancora in Pakistan
Le accuse contro il padre di Saman sono molto gravi. Shabbar Abbas è stato arrestato da latitante nel suo paese, il Pakistan, soltanto lo scorso 16 novembre. Lui è il principale indiziato per aver ispirato o addirittura ordinato il femminicidio. Ma è sospettato anche di aver condotto sua figlia dagli esecutori materiali o ancora peggio, di aver partecipato. Dal Punjab, in Pakistan, dov’è detenuto, si dichiara del tutto estraneo alla vicenda. Eppure esistono le intercettazioni in cui sembra aver ammesso il femminicidio. Ed esistono anche i video delle camere di sorveglianza degli ultimi momenti di vita di Saman.
Il Pakistan, comunque, continua a rinviare l’udienza per decidere sulla sua estradizione e questo ha fatto perdere la pazienza al ministro della Giustizia, Carlo Nordio. Il guardasigilli ha scritto al suo omologo. La richiestà è di provvedere “con celerità, a una videoconferenza”. L’obiettivo è di “permettere la partecipazione da remoto alle udienze del processo a suo carico in corso in Italia” per Abbas. Il rischio è quello di un nuovo caso Marò o Regeni.
Saman, il ruolo del padre Shabbar e le indagini sul suo conto
Dopo circa due anni di carcere, anche lo zio di Saman, Danish, e i cugini, Ijaz e Nomanulhaq, cominciano a contestare le versioni iniziali. Parlano tutti di un assassinio da parte di estranei. Il corpo di Saman è stato ritrovato soltanto lo scorso 19 novembre, tre giorni dopo l’arresto di Shabbar. Il cadavere della diciottenne, scomparsa la notte tra il 30 aprile e il 1 maggio 2021, si trovava in un capannone di proprietà della sua famiglia.
La ragazza aveva denunciato i suoi famigliari dopo aver subito violenze e ricatti per la sua frequentazione con il giovane fidanzato Sayub Aquib. Sua madre e suo padre, infatti, le imponevano di lasciare il ragazzo in faovre di un matrimonio combinato in Pakistan. Al compimento dei diciotto anni di Saman, i familiari l’hanno attirata in casa per consegnarle dei documenti. La ragazza ha lasciato la sua casa-famiglia, per non farvi più ritorno. Tra i principali indiziati del delitto, manca soltanto la madre, Nazia Shaheen, della quale al momento si sono perse le tracce.
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