Saman, parla il carabiniere: “Non aveva paura”. Saman Abbas non aveva paura di andare a casa. Lo afferma il maresciallo dei carabinieri, Pasqualino Lufrano. Il carabiniere ha testimoniato alla terza udienza per il processo di Reggio Emilia sul femminicidio di Saman Abbas. La ragazza è morta a 18 anni, nella notte tra il 30 aprile e il 1 maggio 2021. Il corpo è stato ritrovato soltanto il 19 novembre 2022, a Novellara (Reggio Emilia), dove vivevano i genitori.
>>>>>Svolta a Novellara, il corpo ritrovato è di Saman Abbas
“Saman non aveva paura di andare a casa”, la testimonianza del carabiniere
Al Tribunale di Reggio Emilia è in corso la terza udienza per il femminicidio di Saman Abbas. A testimoniare è oggi l’allora comandante della stazione dei Carabinieri di Novellara, Pasqualino Lufrano. “Domandai per tre volte a Saman se fosse tranquilla a tornare a casa. Vista l’ostilità del padre, poteva essere forse un rientro troppo veloce. Ma lei rispose sempre sì. L’ultima volta fu uscendo dalla caserma. ‘Sono tranquilla, perché i miei genitori non hanno in programma di andare in Pakistan, dove c’è l’uomo che vogliono obbligarmi a sposare'”.
Lufrano aveva incontrato almeno tre volte la ragazza nell’anno e mezzo che ha preceduto la sua morte. Se ne era occupato da quando Saman era scappata per alcuni giorni in Belgio, nell’estate 2020. Quando la ritrovò, lei gli raccontò di aver conosciuto un ragazzo e gli parlò anche del matrimonio combinato. Davanti al suo rifiuto, la famiglia le diventò ostile, primi fra tutti il padre Shabbar, arrestato nei mesi scorsi in Pakistan, e la madre Nazia, unica latitante tra i sospettati. I primi a essere arrestati sono lo zio e i cugini.
Le rivelazioni di Saman a Pasqualino Lufrano
La testimonianza di Lufrano assume toni drammatici quando descrive l‘ultima settimana di contatti con Saman e la sua famiglia, prima che la ragazza scomparisse. Lufrano andò a casa della famiglia naturale, dopo un’altra fuga di Saman dalla casa famiglia protetta di Bologna in cui si trovava. Bussò al portone e gli si presentò la madre. “La signora parlava molto male l’italiano, sostenne che la figlia non c’era. Mi affacciai sulla soglia e la chiamai ad alta voce. Sentii dei rumori al piano inferiore e richiesi se fosse lì. Poi la vidi arrivare. La madre allora avvisò il marito”. Lufrano si rivolse allora a Shabbar Abbas, spiegandogli che aveva bisogno di parlare a Saman. “Lui replicò che c’erano delle differenze culturali tra Italia e Pakistan, manifestando una certa ostilità. Osservai che Saman era maggiorenne e che poteva venire in caserma, se lo avesse voluto”.
Lufrano ottenne così di parlare in ufficio con la ragazza. Le chiese “se avrebbe accettato una nuova sistemazione se noi avessimo trovato i documenti che cercava, carta d’identità e passaporto”. Lei rispose di sì e che credeva che le carte “fossero in casa, dove era tornata per prenderle”. Si avviò così il meccanismo per la perquisizione, “autorizzata il 28 aprile e prevista per il 3 maggio perché era necessaria la presenza degli assistenti sociali”. Nel frattempo, però, Saman era di nuovo scomparsa, stavolta per sempre.
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