Un palazzo di sette piani per un totale di 16.800 metri quadrati, per la maggior parte (11mila circa) destinati ad uso abitativo, per il resto ad attività culturali e sociali. Gli occupanti dell’edificio di via Santa Croce in Gerusalemme accompagnano alla scoperta degli spazi dello stabile, salito alla ribalta della cronaca perché, dopo poco meno di una settimana che era stata staccata la corrente, è sceso in campo l’elemosiniere del Papa, il cardinale Konrad Krajewski, per ripristinarla.
Qui, fa sapere suor Adriana, la missionaria laica che si è battuta per il riallaccio dell’elettricità, vivono 450 persone, delle quali 180 famiglie con 98 minori. Molti migranti ma anche italiani che sono all’incirca il trenta per cento. Lungo i corridoi si vedono stendini e tricicli appena fuori dalle stanze, fatte diventare camere da letto, mentre altri locali sono adibiti a cucina.
A chi abita qui ma non solo, sono aperte le attività che vi hanno trovato casa. Nel grande ingresso di quelli che in origine erano uffici, reso più accogliente e colorato da una miriade di bandierine colorate, si trovano le indicazioni per muoversi lungo i corridoi. Ecco allora la sala dedicata alle attività caritatevoli, dove per occupanti e non vengono distribuiti pacchi alimentari, ma anche la colazione. Più avanti la sala della salute, riservata, spiegano gli occupanti, ad attività olistiche o di socializzazione. E ancora l’ala dove si svolgono corsi e attività. Ecco il laboratorio di ceramica, quello di restauro di opere sacre, di bigiotteria, sartoria. Tutti promossi da suor Adriana che ci tiene a ribadire come le iniziative, aperte a tutti, siano gratuite.
Grazie poi a un volontario è stato allestito un laboratorio di grafica e web, una sorta di piccola tipografia messa a disposizione di chi abita nello stabile. E poi scendendo le scale si trova l’ex sala conferenze trasformata in teatro per consentire un cartellone di spettacoli. Sempre al teatro sono dedicati due laboratori. Uno di questi è diretto dalla regista Alessandra Cutolo che ha messo in piedi lo spettacolo “Woman crossing”, con una compagnia formata anche da alcune ragazze africane che vivono nello stabile occupato.
“‘Woman crossing’ è nata due anni fa dalla relazione tra questo posto – racconta Cutolo all’Adnkronos – e la scuola Di Donato dove tutti noi portiamo i figli: io avevo mio figlio alla materna ed era in classe con i figli di due attrici della compagnia” e occupanti dell’edificio. “Loro mi hanno raccontato che sono arrivate qui con i barconi e i bimbi in braccio, che prima si trovavano in Libia e prima ancora avevano attraversato il deserto – ha continuato la regista – Ne abbiamo fatto uno spettacolo portandolo in giro per l’Italia”.
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