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Saviano: “Non regolarizzare migranti nei campi è fare un favore alle mafie”

“Dire che regolarizzare i lavoratori immigrati senza documenti e diritti genera schiavitù è come dire che distribuire acqua aumenta gli assetati o che più autoambulanze provocano incidenti. Una politica civile non avrebbe dubbi: legalizzerebbe immediatamente il lavoro nero”. Così lo scrittore e giornalista Roberto Saviano su Repubblica e ripreso dall’Adnkronos. “La sceneggiata salviniana e dei Cinquestelle contro la regolarizzazione dei lavoratori immigrati può diventare un atto di complicità con l’imprenditoria mafiosa: eppure, nonostante tutto, in questo momento lo Stato – sottolinea – ha un’occasione unica. I caporali sono allo sbando, hanno paura del contagio e non hanno più commesse: per questo è l’ora in cui si può agire”.

Spiega Saviano: “Non con un permesso stagionale di pochi mesi, perché alla scadenza di questo una massa di lavoratori tornerebbe nelle mani dell’illegalità, peraltro in una forma ancora più spietata perché “autorizzata” da uno Stato che confermerebbe la legittimità del lavoro nero salvo in epoca d’emergenza. Sul piano politico, in questa vicenda, emerge per ambiguità Luigi Di Maio: l’ambizione – prosegue – rischia di renderlo la negazione vivente dei principi (per quanto sconclusionati) del Movimento da lui guidato fino a qualche mese fa”.

“Spero – prosegue Saviano – che i parlamentari del M5S diano (anche se il voto sulla Diciotti non lo dimenticheremo) una dimostrazione di intelligenza e umanità. Se qualcuno dice che regolarizzare il lavoro nero significa fare il gioco di Salvini, dice una sciocchezza a cui non crede nemmeno lui. E se qualcuno dei 5S pensa davvero che sia una strategia vincente inseguire a destra Salvini, ricordo che per averlo fatto il Movimento ha già rischiato l’estinzione”.

Conclude Roberto Saviano: “I 5 Stelle dimostrino, piuttosto, di avere una reale conoscenza delle dinamiche mafiose, perché altrimenti avrà ragione chi tra poco chiederà loro di non osare più nominare le vittime della criminalità organizzata, la cui memoria sconta già l’offesa di essere divenuta la ragione sociale di tanti inadeguati”.

 

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