Il governo ha deciso di portare l’Italia sulle montagne russe. E ci sta, un po’ di sballo ogni tanto ci vuole. Il problema è che qua ci si resta secchi. Tutti quanti. E adesso se ne stanno accorgendo pure loro, Savona in testa. Si vive alla settimana nel governo. La tesi del “non reggeremo a lungo” emerge con chiarezza dai resoconti dei conversari riservati di Di Maio come da quelli di Salvini: è l’unica cosa su cui ormai i vice premier concordano, dopo che la fiducia reciproca si è esaurita. Perché il problema non è scoprire se davvero il leader della Lega abbia fatto “il doppio gioco” sul ddl Anti corruzione, come il capo di M5S sospetta: il problema è il sospetto. E i conti dello Stato, soprattutto.
E la percezione di una crisi latente è amplificata dal susseguirsi dei vertici, che sono più numerosi dei provvedimenti fin qui varati. Il deterioramento del rapporto non solo è avvenuto troppo presto rispetto al timing che avevano calcolato i due alleati, ma anche rispetto alla tempistica immaginata dai loro avversari. Nessuno è preparato a un default immediato del governo, e nel vicolo cieco si trovano oggi sia la maggioranza che le opposizioni. Di Maio immagina una nuova squadra a palazzo Chigi, sempre in divisa giallo-verde…
Salvini, invece, ha analizzato la situazione con il suo stato maggiore, e insieme si sono trovati dinnanzi a due interrogativi: il primo è su cosa aprire l’eventuale crisi; il secondo (che va risolto prima del primo) è capire quale sarebbe a quel punto la prospettiva. Perché – come spiega un autorevole esponente del Carroccio – “non potremmo lasciare il Paese nel caos, o verremmo additati come irresponsabili e pagheremmo il conto”. Senza fargli notare che il conto già lo stiamo pagando con la borsa che tracolla e lo spread alle stelle. Da quando si sono insediati l’Italia ha già bruciato più di 20 miliardi.
In ogni caso quelli tra Di Maio e Salvini sono giochi di Palazzo che non fanno i conti con l’emergenza vera, quella imposta dallo scontro con Bruxelles sulla manovra. Il capo di M5S sostiene ancora che i “numerini” non vadano cambiati; il capo del Carroccio è invece preoccupato per la sorte dei titoli di Stato e dal fatto che uno spread costante a 300 punti “l’Italia non lo regge”. Ma va!
Persino Savona ora appare disilluso. Ieri in un convegno, prima ha detto che “l’economia è un grande imbroglio politico”, poi ha puntato l’indice contro i “sovranismi” che “quasi certamente” danneggeranno lo sviluppo globale. Una visione argomentata e tranciante, che fa il paio con il giudizio espresso riservatamente sul governo a margine dell’ultimo Consiglio dei ministri…
“Non si può più andare avanti così, non ha senso. E la manovra com’è non va più bene: è da riscrivere”. Ah, e se lo dice lui… Tu quoque, Savona! L’affermazione di Savona parte da un convincimento, è la previsione di come andrà a finire l’ estremo tentativo di mediazione di Conte con Juncker. E in politica come nello sport squadra (e tattica) che perde si cambia.
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