Un mondo sommerso ma neanche troppo, dove lo sfruttamento si mischia alla cattiveria e al cinismo di chi dà lavoro a ciclofattorini costretti a pedalare giorno e notte per una cifra misera, 3 euro a consegna. Con particolare scioccanti emersi dall’inchiesta che si è concentrata su Flash Road City, società di intermediazione che aveva il compito di reclutare i rider per conto del colosso Uber. Persone costretta a sottostare alle regole, subire ritardi nei pagamenti, non chiedere mai le mance e vivere con l’ossessione che un click, da un momento all’altro, avrebbe potuto impedire loro di lavorare ancora.
I responsabili della Flash Road City sono ora accusati di caporalato. Nei messaggi che si scambiavano tra le chat, frasi come “
Siete come i bambini. Se non rispondete, vi togliamo i soldi”. Con il coltello sempre dalla parte del manico: i rider venivano reclutati in situazione di difficoltà economica ed emarginazione sociale, persone per le quali quei pochi spicci erano maledettamente preziosi e che per questo subivano in silenzio questa forma di vero e proprio “schiavismo digitale”. Tra i passaggi che meglio sintetizzano quanto accaduto, una conversazione del 10 dicembre 2018 riportata da Il Fatto Quotidiano, protagonisti la manager di Uber, Gloria Bresciani e uno degli intermediari della Flash Road City, Danilo Donnini. La prima scrive al secondo lamentandosi di uno dei rider: “Questo ancora ha Lyka, il gps non gli funziona. Non sa come usare il cellulare, io così non lavoro”. Donnini prova a difendere la posizione della società, alla quale Uber aveva messo in mano il reclutamento dei ciclofattorini: “Bloccalo, portagli via la borsa, ma ci mancherebbe altro, questo non doveva lavorare oggi non è nei turni”. La Bresciani non si fa pregare: “L’ho sospeso fino a quando non cambia numero di telefono”. “Pochi giorni dopo è ancora Bresciani a lamentarsi per i troppi corrieri connessi alla piattaforma nel pomeriggio, quando le richieste di consegne sono basse: “Secondo me se tu il pomeriggio non li paghi e loro per mangiare devono connettersi la sera, vedrai che si connettono. Ovvio che se gli dai la scelta se ne fregano e prendono soldi quando gli fa più comodo”. Un altro uomo di Uber, Roberto Galli, riportava a Flash Road City le lamentele di un fast food per le attese dei rider di fronte all’ingresso, ricevendo la seguente risposta: “
Controlli quelli che bivaccano, che fanno queste cose qua fuori dai coglioni, non c’è neanche discussione: bloccato l’account, finito di lavorare, istantaneamente proprio… istantaneamente. Non lo so vedi tu, fate in modo di fare delle foto, di vederli… quelli che bivaccano, che puzzano, che fanno cazzate, fuori dai coglioni all’istante…”.
Zangrillo, la rabbia dei medici: “Parole fuorvianti, il virus esiste ancora”