Lavoro e reddito di cittadinanza sono i due fronti caldi, caldissimi all’interno del governo Draghi. Con discussioni accompagnate da fortissime tensioni durante l’ultimo Consiglio dei ministri, dove i toni sono presto diventati esasperati. La linea di Italia Viva, espressa dal presidente della Commissione Finanze alla Camera Luigi Marattin, è stata chiara: “Ogni eventuale stanziamento di risorse aggiuntive al reddito di cittadinanza sul 2022 deve avvenire solo a fronte di profonde riforme relative al suo funzionamento. Le risorse devono andare a ridurre le tasse, non ai sussidi”. Con una linea compatta di ministri che ha già avvisato: “Nessun rifinanziamento automatico della misura”.
Contrari a destinare altre risorse verso il reddito di cittadinanza sono stati i vari Brunetta (FI), Giorgetti (Lega) e Bonetti (Iv) che hanno lanciato segnali chiari al governo. “Rifinanziamo con i soldi dei lavoratori una misura che di lavoro non ne crea, una beffa”, ha esordito Giorgetti ricordando che 200 milioni sono stati raccolti “levando risorse al reddito di emergenza (90 milioni), all’accesso anticipato al pensionamento per lavori faticosi e pesanti (30 milioni), all’accesso al pensionamento dei lavoratori precoci (40 milioni) e ai congedi parentali (30 milioni)”.
Stessa linea per Brunetta e Bonetti, che si sono scontrati con i ministri Orlando (Pd) e Patuanelli (M5S). Quest’ultimo ha difeso l’impianto della riforma, sottolineando come durante la pandemia il reddito abbia aiutato centinaia di famiglie a serio rischio povertà, poi è toccato a Orlando ricordare il mancato funzionamento delle politiche attive che avrebbero dovuto permettere di collegare disoccupazione a nuove offerte di lavoro. Nelle prossime ore, il tema potrebbe essere affrontato anche dalla cabina di regia che precede il Consiglio dei ministri.
Ben definite le opposte fazioni: il M5S difende a spada tratta il reddito spalleggiato in parte dal Pd, che a suo tempo aveva invece contestato la riforma votata però dalla Lega. Sul fronte opposto FI, Iv e la stessa Lega, ora contraria allo strumento. Il premier Draghi ha gettato acqua sul fuoco spingendo sulla necessità di avviare una profonda riforma delle politiche attive sul lavoro anche alla luce del Pnrr e della trasformazione ecologica e digitale che solleciterà nuove figure professionali. Ma il clima, in vista della legge di Bilancio, resta rovente.
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