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Scuola, nella Legge di bilancio tagli per 150 milioni di euro

Il governo del “cambiamento” continua a stupire sempre più. Dopo aver previsto una manovra tesa a finanziare assistenzialismo invece di creare lavoro, ora sta cercando di capire da dove pescare i fondi per finanziare tutto questo. Un’altra idea “geniale” prevede 150 milioni di tagli alla scuola. Una scelta in linea con le loro politiche, del resto. Oltre a non creare lavoro, ammazzare la formazione e l’istruzione è un vero tocco di classe, da strateghi della politica illuminati. La mancata promessa è così evidente che ora anche i sindacati, dopo avere apposto la firma per disdire il rinnovo automatico del CCNL firmato lo scorso aprile, concordano sulla necessità di reperire le risorse per ottemperare a quell’errore di considerare gli aumenti del 2018 perequativi, solo un bonus a termine, piuttosto che strutturali nelle buste paga di 1,3 milioni di docenti e Ata.

Per il comparto dell’Istruzione siamo alle solite: dopo un’intensa campagna di buoni intenti e di promesse di investimenti per gli insegnanti, i cui stipendi si sarebbero dovuti collocare in linea con quelli europei, la nota di aggiornamento del Def, pubblicata in queste ore, ci dice che sono in arrivo tagli per 150 milioni al comparto e nemmeno un centesimo per il rinnovo contrattuale.

Nel Documento di Economia e Finanza, per la Scuola si parla solo di buoni intenti riguardanti la cittadinanza, l’alternanza scuola-lavoro, il sostegno agli alunni disabili, la formazione e trasferimenti del personale. Nulla di più. Il primo settore ad essere colpito sarebbe quello delle università, poi la scure del risparmio cadrebbe quindi sul fondo di finanziamento della scuola. Una voce importante quest’ultima che comprende il rifornimento di tutto il materiale che serve per la didattica e la gestione, dai fogli e pennarelli fino alla carta igienica.

Nuovi colpi anche all’alternanza scuola lavoro, già ridimensionata dagli annunci del ministro Bussetti. Si è guardato anche alla formazione degli insegnanti per trovare risorse: si ipotizza un taglio alla Carta Docente che passerebbe da 500 a 400 euro. Nel DEF è scritto chiaramente che i redditi da lavoro dipendente della pubblica amministrazione si ridurranno dello 0,4% in media nel biennio 2020-2021” e che bisognerebbe quindi trovare circa sei miliardi per il triennio 2019-2021, a cui aggiungerne altri per le nuove assunzioni e per fare investimenti nella digitalizzazione e nell’innovazione.

Senza dimenticare il mancato conferimento dell’indennità di vacanza contrattuale, per la quale servirebbero altri quasi 2 miliardi, in modo da garantire aumenti di 105 euro in media mensili se si considera il 50% del tasso IPCA all’1,4 previsto per il 2019 dall’attuale esecutivo. Ora l’Italia si accinge ad approvare una manovra che non si cura nemmeno di assicurare aumenti ridicoli, dopo che il nuovo governo aveva promesso di impegnarsi sino allo stremo per assicurare ai lavoratori della scuola stipendi allineati all’Unione Europea.

L’Alternanza scuola lavoro fa cadere il numero delle ore previste obbligatoriamente dalla “Buona scuola” per il triennio superiore e chiede una “quota minima” decisamente più abbordabile: 90 ore per gli studenti liceali, 150 per quelli degli istituti tecnici e 180 per i professionali. Il risparmio che ne deriva dal provvedimento è di 50 milioni di euro. La riduzione oraria partirà dall’anno scolastico 2019-2020.

 

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