Polemica sul ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara per una frase contro i bulli. Il 21 novembre scorso, il ministro leghista ha partecipato a un evento a Milano chiamato ‘Italia, direzione nord’, promosso dall’associazione Amici delle Stelline e dall’istituto di ricerca Osservatorio Metropolitano di Milano. In quell’occasione Valditara si è soffermato sugli episodi di violenza e bullismo che accadono spesso nelle classi delle scuole italiane. Ma a far discutere sono due delle sue proposte per risolvere il problema: l’introduzione dei lavori socialmente utili, ma soprattutto di un metodo “educativo” basato sull’umiliazione.
Durante il convegno Valditara ha citato espressamente un episodio di bullismo avvenuto in un istituto tecnico di Gallarate, in provincia di Varese, “dove all’indomani di un atto di violenza compiuta da uno di questi ragazzotti, un bullo, il dirigente scolastico ha riunito 2mila ragazzi: li ha voluti responsabilizzare in un discorso molto duro, ma anche molto maturo. Ha parlato ai loro cuori, alle loro menti, e ha avuto un grande successo”.
“Non se ne lavano le mani, ma chiedono anche il coinvolgimento di quello che è essenziale nella repressione delle devianze, il controllo sociale, la stigmatizzazione pubblica. – ha poi proseguito il ministro dell’Istruzione – Questo ragazzo ha compiuto un atto assolutamente da condannare, questo ragazzo ha sbagliato e nessuno, nessuno, è legittimato a dire ‘no, ma questo ragazzo, in fondo, magari poteva avere le sue motivazioni’. Questo ragazzo ha sbagliato, quel preside è stato un grande educatore”.
“Ma se ci si limita a sospendere per un anno, il rischio è che quel ragazzo vada poi a fare fuori dalla scuola altri atti di teppismo, o magari addirittura si dia allo spaccio o magari si dia alla microcriminalità. – ha ammonito però Valditara – Quel ragazzo deve essere seguito, quel ragazzo deve imparare che cosa significa la responsabilità, il senso del dovere. Noi dobbiamo ripristinare non soltanto la scuola dei diritti, ma anche la scuola dei doveri. Quel ragazzo deve fare i lavori socialmente utili, perché soltanto lavorando per la collettività, per la comunità scolastica, umiliandosi anche, evviva l’umiliazione che è un fattore fondamentale nella crescita e nella costruzione della personalità. Di fronte ai suoi compagni è lui, lì, che si prende la responsabilità dei propri atti e fa lavori per la collettività. Da lì nasce il riscatto. Da lì nasce la maturazione. Da lì nasce la responsabilizzazione”, ha quindi concluso.
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