Non c’è pace per Liliana Segre, la senatrice a vita sopravvissuta all’Olocausto che da anni si batte girando l’Italia per raccontare la sua drammatica testimonianza, per spiegare ai giovani delle scuole dello Stivale l’orrore vissuto sulla sua pelle. E che oggi, incredibilmente, si trova a girare sotto scorta dopo la decisione del prefetto di Milano, una scelta arrivata per dare un segnale dopo la vergognosa escalation di minacce ricevute sui social che avevano allarmato lei e la famiglia.
Intorno a lei c’è preoccupazione unanime. La Segre si dice stanca, affranta, mentre parenti, amici e politici italiani cercando di convincerla a non mollare, a portare avanti con l’impegno di sempre il suo viaggio, fondamentale per quei giovani che un giorno saranno il futuro del Paese. Una vergogna tutta italiana, un episodio che fa male e che andrebbe cancellato il prima possibile. Con il centrodestra, quello che si è astenuto al momento del voto sulla Commissione contro le discriminazioni e l’odio, che ha la coscienza chiaramente sporca.
Salvini, non a caso, ha iniziato a capire di aver commesso un clamoroso autogol. Grave, gravissimo, considerando l’importanza della figura chiamata in ballo. Inizialmente con la sua solita aveva tentato di minimizzare la notizia della scorta: “Anche io ricevo tante minacce”. Poi ha fatto un passo indietro, manifestando tutta la sua solidarietà alla Segre.
Il suo partito, però, continua pericolosamente ad ammiccare a quel mondo dell’estrema destra dal quale sono piovuti proprio i vergognosi insulti di queste ore. Il metro lo dà il sindaco di Pescara Carlo Masci, leghista, che in un momento tanto delicato ha scelto di non concedere la cittadinanza onoraria alla senatrice: “Mancano legami con la città”. Manca anche, ci sentiamo di aggiungere, il buonsenso. E non è la prima volta, a certe latitudini politiche.
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