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Settore idrico e la crescita del Pil: con un’accelerazione degli investimenti nell’ acqua, in quattro anni previsti ricavi per 5,8 miliardi di euro

Far tornare pubblico il settore idrico: la proposta di legge del M5S sulla “gestione pubblica e partecipata del ciclo integrale dell’ acqua ” è stato presentato esattamente un anno fa ma ha cominciato il suo iter in sede referente solo il 25 ottobre scorso. Al centro un tema molto sentito dal Movimento, che infatti lo ha voluto inserire anche nel contratto di governo. “La grande opera più utile – si legge nella parte che precede i 17 articoli – è restituire ai cittadini un sistema di gestione serio del servizio idrico integrato, che ripristini quanto prima una rete di infrastrutture idriche degne di questo nome rinnovando la rete idrica dove serve, bonificando le tubazioni dalla presenza di amianto e di piombo nonché portando le perdite al minimo, in modo da garantire acqua pulita e di buona qualità in tutti i comuni italiani: 365 giorni all’anno, 24 ore su 24”. Un decreto che se approvato, rischierebbe di far fare un salto all’indietro di almeno 20 anni. E non solo. Da un punto di vista industriale, sulla base della situazione attuale e senza cambiare le regole oggi in vigore, una semplice accelerazione degli investimenti nell’acqua potrebbe risolversi in una componente rilevante di una “manovra espansiva” che il governo sta evocando da tempo.

Secondo un studio del Ref Ricerche, società indipendente advisor di aziende e di istituzioni governative, l’occasione per attuare questa manovra potrebbe essere il nuovo periodo regolatorio che si apre nel 2020 e si concluderà nel 2023. Nell’acqua, come in altri settori regolati, vale il metodo che fa sì che le aziende che investono possano recuperare i costi sostenuti con le tariffe praticate. Sulla base degli investimenti già programmati le società industriali potrebbero mettere sul piatto nei quattro anni al 2023 circa 5,8 miliardi di euro. Una cifra notevole, soprattutto se si pensa che nel settore idrico il moltiplicatore degli investimenti sul Pil è pari a 2. Il che significa che ogni euro speso per il miglioramento delle infrastrutture si raddoppierebbe nel computo finale della ricchezza prodotta dal Paese. In definitiva, ogni anno solo grazie all’acqua, il Pil potrebbe crescere dello 0,16%. Il tutto aumentando le tariffe dell’1,6%, ovvero poco più di mezzo punto sopra l’inflazione.
E non è finita qui: se queste sono le cifre del “business as usual”, con uno sforzo maggiore i risultati potrebbero essere più rilevanti. Nel suo scenario di sviluppo, il Ref Ricerche mette in evidenza che con investimenti aggiuntivi di 3,7 miliardi (9,5 totali) l’impatto sul prodotto interno lordo potrebbe sfiorare lo 0,3% l’anno (0,27%) arrivando a quasi 19 miliardi nel quadriennio. Un risultato raggiungibile con un incremento delle tariffe dell’acqua del 3,6% l’anno, ovvero il 2-2,5% reale. Un incremento tutto sommato contenuto se si pensa che in Italia un metro cubo d’acqua costa in media 2,19 euro contro i 3,5 della Francia, i 4 dell’Austria e i 4,3 euro della Germania.

 

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