La nota regista e attrice italiana Sibilla Barbieri ha deciso di porre volontariamente fine alla sua vita in Svizzera. Accanto a lei negli ultimi istanti prima del suicidio assistito c’erano il figlio e Marco Perduca. La Barbieri ha deciso a 58 anni di porre fine alle sue sofferenze di malata oncologica. A renderlo noto è stata l’associazione Luca Coscioni, che l’ha assistita nell’organizzazione di questa sua ultima volontà. Il figlio e Marco Perduca, iscritto all’associazione Soccorso Civile, si auto denunceranno domani a Roma.
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Sibilla Barbieri morta con suicidio assistito
Questo il comunicato dell’Associazione Luca Coscioni: “La 58enne romana Sibilla Barbieri, malata oncologica, è stata accompagnata dal figlio e da Marco Perduca, già senatore, iscritto all’Associazione Soccorso Civile. Martedì 7 novembre l’autodenuncia a Roma presso la stazione dei Carabinieri in via Barberini 1 alle ore 10.30. Saranno presenti anche Marco Cappato, responsabile legale dell’Associazione Soccorso Civile, e Filomena Gallo, legale difensore e Segretaria dell’Associazione Luca Coscioni”.
La regista lo scorso agosto aveva chiesto assistenza alla sua Asl per vedere le sue volontà rispettate. Ma il consenso le era stato negato in quanto non sarebbero sussistiti i quattro requisiti ritenuti necessari dalla sentenza Cappato/Antoniani della Corte Costituzionale. Ovvero “1. che la persona sia capace di autodeterminarsi; 2. affetta da patologia irreversibile; 3. che tale malattia sia fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che la persona reputi intollerabili; 4. che sia dipendente da trattamenti di sostegno vitale”. Secondo le autorità sanitarie italiane per la donna non si verificava il requisito di dipendenza da trattamenti di sostegno vitale. Secondo quanto riferisce l’Associazione, al contrario, “era invece dipendente da ossigenoterapia e da farmaci per il dolore che, se interrotti, avrebbero portato velocemente a una morte dolorosa”.
Queste le parole di Filomena Gallo: “Con il team legale che coordino abbiamo seguito Sibilla Barbieri sollecitando l’ASL Roma 1 a effettuare le verifiche sullo stato di salute della nostra assistita e a procedere come indicato dalla sentenza di incostituzionalità della Corte costituzionale sul caso Cappato/Antoniani. I dirigenti dell’azienda sanitaria hanno predisposto le verifiche e inviato un diniego di accesso all’aiuto alla morte volontaria perché, secondo una Commissione Aziendale istituita ad hoc, la persona malata non dipendeva da trattamenti di sostegno vitale”.
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