Una storiaccia tutta italiana che non vuole saperne di terminare, quella che ha avuto come protagonista sfortunata e involontaria Silvia Romano, tornata nel suo Paese dopo 18 mesi di prigionia e travolta da un’ondata di veleni, critiche e accuse che non sarebbero state riservate, forse, nemmeno a un criminale. Accusata di essersi convertita all’Islam, come fosse una colpa e non una semplice scelta di fede. Con il sospetto, avanzato da più parti, che potrebbe essere d’accordo con i suoi rapitori, quelli che hanno intascato nel frattempo i soldi del riscatto. Follie, ricostruzioni deliranti, ipotesi senza lo straccio di una prova.
La sequenza non riprende affatto la Romano, in realtà, ma una fanciulla valdostana che nel 2017 a Bologna aveva dato luogo ad una performance esibizionista, per la quale era stata tra l’altro anche multata. Eppure in molti continuano a ignorarlo e attaccano: “Ecco per chi abbiamo speso i nostri soldi”. Tutto falso, sempre che importi a qualcuno. E che lo sport non sia diventato semplicemente inventare pur di iniettare altro veleno.
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