Risultare negativi al tampone, pur non essendo ancora del tutto guarite. Si tratta di tutte quelle persone che dopo aver contratto e superato il nuovo coronavirus, continuano a presentare sintomi debilitanti come la mancanza di respiro, stanchezza cronica e annebbiamento del cervello, mesi dopo essersi ammalate del virus. “Gli effetti a lungo termine del Covid-19 potrebbero rivelarsi un problema di salute pubblica più grande delle morti causate dal virus”. L’avvertimento è arrivato da un gruppo di accademici britannici, autori del report intitolato Long Covid: Reviewing The Science And Assessing The Risk. Nel rapporto, il professor Tim Spector ha affermato che nei primi mesi della pandemia, è stata prestata poca attenzione alla popolazione infetta che non era abbastanza malata per andare in ospedale, che rappresentava il 99% dei casi.
L’epidemiologo e il suo team sottolineano dunque che i sintomi a lungo termine “potrebbero rivelarsi un problema di salute pubblica più grande perfino rispetto alle morti per Covid-19, che colpiscono principalmente gli anziani deboli”. Il rapporto del King’s College indica che circa il 10% di coloro che hanno preso parte al sondaggio ha presentato sintomi a lungo termine per un mese, mentre una percentuale che oscilla tra l′1,5% e il 2% ha lamentato tali disturbi anche dopo tre mesi”. Queste persone si trovano ad affrontare carriere sospese, socialità messa in stand-by e vita familiare di difficile gestione.Secondo lo studio, inoltre, la “sindrome post-Covid” è evenienza rara sia tra gli under 18 e che tra gli over 65, mentre colpisce con maggiore frequenza la popolazione in età lavorativa. L’età media delle persone colpite è 45 anni. A soffrirne sono più le donne che gli uomini.
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