Scontro totale tra Lega e Cinque Stelle sul caso Armando Siri, sottosegretario ai Trasporti della Lega indagato per corruzione insieme ad altre nove persone. L’indagine – condotta in parallelo dalla Procura di Palermo e da quella di Roma e con accertamenti svolti dalla Direzione investigativa antimafia di Trapani – ipotizza uno scambio di favori, utilità e denaro per agevolare aziende considerate vicine a un imprenditore dell’eolico ora in carcere, Vito Nicastri.
Siri, tramite Paolo Arata, ex deputato di Forza Italia responsabile del programma della Lega sull’Ambiente, secondo l’accusa avrebbe ricevuto denaro per modificare una norma da inserire nel Def 2018 che avrebbe favorito l’erogazione di contributi per le imprese che operano nelle energie rinnovabili. Norma mai approvata. “Sono tranquillo”, ha commentato Siri. Il ministro Toninelli, però, è intervenuto disponendo il ritiro delle deleghe al sottosegretario, in attesa che “a vicenda giudiziaria assuma contorni di maggiore chiarezza”.Una decisione che ha acuito lo scontro, già sotto gli occhi di tutti, tra le due anime del governo. Nelle ore precedenti, infatti, Matteo Salvini aveva difeso Siri, spiegando: “L’ho sentito oggi, l’ha letto dai giornali, è assurdo. Lo conosco, lo stimo, non ho dubbio alcuno, peraltro stiamo parlando di qualcosa che non è finito neanche nel Def”. A chi gli chiedeva se avesse ancora fiducia nel sottosegretario, il leader della Lega rispondeva: “Assolutamente.
Non si deve dimettere. C’è solo un’iscrizione nel registro degli indagati”.Una posizione in netto contrasto con quella espressa di lì a poco da Luigi Di Maio, di ben altro avviso: “
Sarebbe opportuno che il sottosegretario Siri si dimettesse. Gli auguro di risultare innocente e siamo pronti a riaccoglierlo nel governo quando la sua posizione sarà chiarita. Un sottosegretario indagato per fatti legati alla mafia è un fatto grave. Va bene rispettare i tre gradi di giudizio, ma qui la questione è morale”.
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