L’uso di droghe da parte di persone che sperano di migliorare le prestazioni mentali è in aumento in tutto il mondo. Il loro nome ufficiale è nootropi – da nous, cioè intelletto, e tropein, cambiare. Ma sono più conosciuti come smart drug, ovvero farmaci intelligenti. “Biopirateria”, “droghe intelligenti”, e nootropi, sono tutti correlati con il potenziamento delle prestazioni umane. Il loro scopo dovrebbe essere quello di aumentare (o, più genericamente, alterare) le capacità cognitive di chi li assume, potenziando il rilascio di agenti neurochimici, migliorando l’apporto di ossigeno al cervello e stimolando la crescita nervosa. Come avviene per le sostanze dopanti in ambito sportivo naturalmente, le smart drug fanno gola a moltissimi.
L’uso non medico di sostanze, spesso denominate droghe intelligenti, per aumentare la memoria o la concentrazione è noto come potenziamento cognitivo farmacologico. Le “smart drugs”, o droghe intelligenti, di origine vegetale, sono generalmente non soggette a restrizioni. Quelle sintetiche vengono di solito prescritte da un medico, o consumate al di fuori della sfera della medicina e della legalità. Dopo il boom negli Usa, anche nel Vecchio continente cresce l’uso non medico di farmaci per essere più smart, una sorta di “doping mentale”. In Europa il trend appare in netto aumento.
Un trend che preoccupa gli specialisti
In un’epoca di reale competizione globale, conquistare un margine di vantaggio, a scuola, sul lavoro, o nel gioco, può fare una grossa differenza. Le droghe intelligenti vengono consumate per numerose ragioni: incrementare l’attenzione e un acume speciale, migliorare la memoria a corto e a lungo termine, stimolare la creatività, e potenziare la concentrazione. Quello delle smart drugs è uno dei settori in più rapida crescita in tutto il mondo, ed il consumo negli ultimi anni è aumentato con un ritmo elevato.
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Cresce quindi l’uso di farmaci usati in modo improprio per potenziare l’attenzione, studiare o migliorare le prestazioni sul lavoro. Secondo uno studio, condotto in 15 Paesi del mondo su decine di migliaia di persone, il 14% ha riferito di aver preso degli stimolanti almeno una volta nei 12 mesi precedenti nel 2017, un +5% rispetto al 2015. E il ricorso alle smart drug è cresciuto in tutti i 15 Paesi esaminati nella ricerca. Lo studio, pubblicato su ‘International Journal of Drug Policy’, ha preso in esame farmaci come Adderall* e Ritalin* – prescriti per trattare il disordine da iperattività e deficit di attenzione (Adhd) – ma anche il modafinil per i disturbi del sonno e stimolanti illegali come la cocaina. Tali farmaci non sono approvati nell’Unione europea, dove il metilfenidato, venduto con vari nomi commerciali, incluso il Ritalin, è più comunemente usato.
La ricerca, ripresa online su Nature, si basa sulla Global Drug Survey, con dati su oltre 79 mila persone nel 2015 e circa 30 mila nel 2017. Ebbene, se l’uso di sostanze stimolanti appare molto elevato negli Usa (il 30% le aveva prese almeno una volta nel 2017, contro il 20% del 2015), il più grande aumento negli ultimi anni si è registrato in Europa. L’impiego di queste sostanze in Francia è passato dal 3% del 2015 al 16% del 2017, mentre in Gb nello stesso lasso di tempo si è impennato: dal 5% al 23%.
Un risultato impressionante, secondo Barbara Sahakian, neuroscienziata dell’Università di Cambridge (Gb), non coinvolta nell’indagine. Secondo l’esperta il lavoro mostra un aumento dell’uso di queste sostanze come potenziamento cognitivo, da parte di persone sane. A cambiare sembra essere lo stile di vita delle persone. Un trend che preoccupa gli specialisti, dal momento che le conseguenze (per la salute) sono tutte da scoprire.
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Nessun effetto benefico
Gli studi che indagano sull’efficacia delle droghe intelligenti sono pochi. I resoconti aneddotici sulle loro capacità di migliorare le prestazioni sono tuttavia largamente diffusi. La prova migliore è data dalla loro ascesa in popolarità attraverso referenze trasmesse tramite passaparola. Avere una conoscenza delle vostre smart drugs è il miglior punto di partenza. Un desiderio difficilmente biasimabile: l’idea che ingerendo una pillolina si possa superare più facilmente un esame, o diventare imbattibili a scacchi, o mandare a memoria in quattro e quattr’otto l’intero elenco telefonico è molto più attraente rispetto a quella di sgobbare per ore su libri e manuali.
Ma se per alcune di queste sostanze la scienza ha effettivamente certificato una certa efficacia – almeno limitatamente a particolari aspetti, come memoria e attenzione, e per periodi limitati di tempo –, per altre, invece, le evidenze finora raccolte dicono ben altro: nessun effetto benefico, o addirittura effetti collaterali gravi. E purtroppo la maggior parte di queste sostanze non è sottoposta allo stringente iter regolatorio che devono seguire i farmaci (proprio perché la maggior parte, tecnicamente, non sono farmaci): è sufficiente che i produttori dimostrino che questi non causano direttamente malattie o altri problemi, senza dover specificare alcunché sulla loro efficacia.
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