Come fanno i social network a sapere tutto di noi? Ce lo siamo chiesti più di una volta, quasi convinti che ci sia un occhio virtuale in grado di spiarci. Dimostrando una perfetta conoscenza dei nostri gusti, delle nostre passioni, delle nostre opinioni circa questo o quell’altro argomento: una sorta di lettura del pensiero esternata attraverso i contenuti che ci vengono proposti non appena appoggiamo il dito sullo schermo. Ma cosa si nasconde dietro quest’arte divinatoria? La nostra privacy è davvero tutelata come ci dicono i proprietari delle varie piattaforme? Domande alle quali ha tentato di rispondere Milena Gabanelli, con la supervisione della docente di Informatica Giuridica Andrea Rossetti e dell’avvocato Stefano Rossetti, con un piccolo esperimento: utilizzare due smartphone, uno nuovo e l’altro abitualmente utilizzato dal proprietario, e collegarli alla rete wi-fi. Per scoprire cosa succede davvero ai nostri dati sui social. (Continua a leggere dopo la foto)
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Tramite il telefono “vergine”, Gabanelli ha spiegato alle pagine del Corriere della Sera di aver creato un nuovo profilo TikTok, fornendo dati personali e creando una password. Poi ha accettato i termini d’uso e le policy sulla privacy, autorizzando quindi il social a raccogliere tutti i contenuti creati. “Ci sono poi informazioni raccolte in automatico – ha spiegato la giornalista dopo aver letto con attenzione ogni riga del contratto – modello del dispositivo, il sistema operativo, gli schemi o i ritmi di battitura, l’indirizzo IP e la lingua del sistema. Localizzazione. Contenuti visualizzati, durata e frequenza di utilizzo. Infine ci sono le informazioni dedotte: generalità dei soggetti con cui interagisco, nonché i nostri interessi”. (Continua a leggere dopo la foto)
“Noi non lo vediamo, ma ogni volta che utilizziamo TikTok, come qualsiasi altro social, si generano migliaia di file di testo con tutte le informazioni di cui sopra. A chi vanno questi dati? Dall’analisi del traffico degli esperti di Swascan si vede che i file confluiscono nei server di proprietà di TikTok e in un’immensa rete di computer (CDN) che ridistribuisce i contenuti” ha spiegato Gabanelli. Da qui le informazioni che ci riguardano, come spiegato dallo stesso social, vengono inviate ai cosiddetti data broker, ossia società specializzate nelle operazioni di profilazione che classificano ogni singolo utente e lo collocano in una o più categorie. (Continua a leggere dopo la foto)
A questo è difficile capire con esattezza cosa accada ai dati, visto che le piattaforme schermano i flussi. Ma grazie all’esperimento dei due telefoni, Gabanelli ha notato che i brand seguiti tramite lo smartphone “vergine” venivano poi pubblicizzati anche sul profilo Instagram dell’altro smartphone: la conferma del fatto che alcune informazioni essenziali sono state trasmesse tra social, come indirizzo IP, user agente e geolocalizzazione. Stessa cosa per le ricerche tramite Google: quelle fatte da un profilo influenzano le informazioni ricevute sull’altro. “Ogni click viene protocollato, così di fatto viene registrata un’intera vita”.
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