Dopo parecchio tempo di assenza, Gianni Alemanno torna alla ribalta delle cronache. Non certo però per ragioni politiche, ma di rispetto del codice della strada e delle restrizioni anti Covid. L’ex sindaco di Roma è stato immortalato giovedì scorso in un video, mentre parcheggia la sua auto su un marciapiede in pieno centro della Capitale. Alemanno non indossa nemmeno la mascherina che in questo periodo dovrebbe essere obbligatorio anche all’aperto. E i social network si scatenano, costringendolo ad una precisazione che, se possibile, finisce per peggiorare la sua situazione.
La scena si svolge giovedì 20 gennaio a via della Scrofa, pieno centro di Roma. Una Fiat 500 grigia parcheggia con le due ruote di destra sopra al marciapiede. Una consolidata abitudine degli automobilisti romani che però rappresenta un’infrazione al codice della strada. Da quell’automobile scende un uomo di mezza età con la barba. Si tratta di Gianni Alemanno. L’ex colonnello di Alleanza Nazionale ai tempi di Gianfranco Fini, è stato ministro delle Politiche agricole dal 2001 al 2006, durante i governi Berlusconi II e III. Poi, dal 2008 al 2013, ha ricoperto la carica di sindaco di Roma.
Insomma, non proprio un anonimo passante Alemanno, che viene notato mentre, rigorosamente senza mascherina, prende una borsa dal portabagagli e se ne va. Ma qualcuno si accorge della sua manovra azzardata a riprende tutto in un video che poi finisce sui social. Precisamente sulla pagina Instagram del gruppo ‘Welcome to favelas”.
Di fronte all’esplosione delle polemiche sui social, è lo stesso Alemanno ad essere costretto ad intervenire. “Chiedo scusa, ma ero sceso solo per prendere un caffè”, si giustifica l’ex inquilino del Campidoglio, la cui toppa però si dimostra peggiore del buco. Alemanno assicura anche di aver indossato immediatamente la mascherina. Poi risponde a “quelli che ancora parlano di mafia e altri reati nei miei confronti. Ai quali ricordo che sono stato prima prosciolto dalle accuse di mafia su richiesta della procura e poi assolto in Cassazione dalle accuse di corruzione. Il che mi è costato sette anni di gogna mediatica”.
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