La barbarie della guerra nel conflitto tra Russia e Ucraina è stata evidenziata da un video shock diffuso dai combattenti russi sui loro canali social. Il filmato mostra la decapitazione di un prigioniero di guerra e presenta somiglianze con i video propagandistici dello Stato Islamico.
Il prigioniero potrebbe essere un volontario proveniente da un paese ex-sovietico, come indicato dalle frasi in russo pronunciate dai soldati nel video: “Lavori per altri, ora mandiamo la tua testa a Kiev”, dice uno dei soldati. L’altro soldato incoraggia il primo a tagliare la spina dorsale del prigioniero. Dai commenti che accompagnano il video si può intuire che ci potrebbero essere altri video simili, registrati dai combattenti russi come trofei e condivisi sui canali social.
Questa brutalità è finalizzata a demoralizzare le forze ucraine, che resistono da otto mesi all’attacco delle truppe russe nella città di Bakhmut, nel Donbass. Il gruppo di mercenari russi noto come “Wagner” è noto per girare numerosi video di esecuzioni, alcuni dei quali mostrano l’uccisione di combattenti della Wagner che hanno cercato di disertare.
Nonostante queste evidenze di crimini di guerra, la Russia ha assunto la presidenza del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, come previsto dalla normale rotazione tra i membri, senza mai commentare o prendere posizione su questi video. Inoltre, il gruppo Wagner approva e incoraggia la diffusione di tali video sui propri canali.
La situazione è particolarmente preoccupante per i soldati ucraini impegnati nella difesa di Bakhmut. Uno di loro ha dichiarato a Repubblica: “Porto sempre una granata con me nel caso le cose vadano male, la userò per farmi saltare prima di essere catturato sulla linea del fronte, perché non sai chi ti prenderà”.
Nonostante l’esistenza di un programma di scambio di prigionieri tra Russia e Ucraina, mediato dalla Croce Rossa internazionale, che prevede lo scambio regolare di soldati catturati lungo un tratto di autostrada abbandonato vicino a Zaporizhzhia, nel sud del Paese, la brutalità e la violenza persistono in queste zone di conflitto. La comunità internazionale è chiamata a prendere posizione contro questi atti orribili e a cercare soluzioni pacifiche per porre fine a questa tragedia umanitaria.