Soldi, sesso, regali e gamberoni. Non è il titolo di un film, ma il triste resoconto del giro di corruzione che ha portato all’arresto per corruzione di un magistrato di Catanzaro. Nell’atto di accusa della procura di Salerno nei confronti di Marco Petrini, magistrato della Corte d’Appello di Catanzaro, c’è molto per sostanziare l’accusa di corruzione in atti giudiziari. Scrive oggi Il Fatto Quotidiano in un articolo a firma di Lucio Musolino che nel blitz sono state arrestate altre 8 persone tra cui due avvocati, Francesco Saraco e Maria Tassone detta “Marzia”. Quest’ultima è stata filmata e intercettata della Guardia di finanza mentre aveva rapporti sessuali con il magistrato.
E naturalmente nella vicenda non potevano mancare i cappuccetti: “Momenti di piacere alternati a altri più seri in cui la Tassone riceveva suggerimenti su istanze e ricorsi che poi venivano accolti. Tangenti sessuali e tangenti in denaro e altre utilità. Sullo sfondo c’è la massoneria. ‘Pino è fratello nostro?’, ‘Sì. È dell’Opus dei. Apposta, hai capito o no?’, ‘Mariù, non ti preoccupare, ce la caviamo’. Pino è Giuseppe Tursi Prato, l’ex consigliere regionale. Nel 2017 ha presentato ricorso per riottenere il vitalizio che gli era stato revocato dopo la con danna per concorso esterno con la ’ndrangheta”.
Il magistrato Petrini “ha fatto mercimonio delle sue funzioni giudiziarie”. Per il gip di Salerno non ci sono dubbi: il pericolo di inquinamento probatorio è alto e l’unico posto per il magistrato Petrini è il carcere per “la sua abituale inclinazione ad accedere a proposte corruttive”. Secondo l’accusa, Petrini avrebbe aiutato l’avvocata Tassone in diversi procedimenti, compreso uno dove la professionista assisteva un imputato di duplice omicidio, in cambio di “favori sessuali” documentati almeno due volte dalle videoriprese. E sono addirittura sedici i rapporti intrattenuti in ufficio con un’altra avvocata, a sua volta indagata per corruzione, dalla quale il giudice ottenne anche 4 mila euro in contanti, consegnati sempre in ufficio.
Racconta Repubblica nell’articolo a firma di Alessia Candito e Dario Del Porto: “Nei giorni scorsi al processo contro il clan Soriano di Filandari, a Vibo Valentia, il giudice Petrini aveva rigettato la richiesta della pubblica accusa di ascoltare un collaboratore di giustizia. Molti esponenti della cosca sono difesi in quel processo dall’avvocato Marzia Tassone, che gli inquirenti indicano come ‘l’amante stabile’ del giudice Petrini”.
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