Si chiama ” Someone ” la nuova installazione dell’artista Usa Lauren McCarthy che consente ai passanti, o a chiunque lo voglia, di prendere il controllo di un appartamento, gestendo tutti i suoi gadget intelligenti. L’artista e professoressa al dipartimento di Design media art dell’università della California, da tempo indaga su gli aspetti più intriganti e inquietanti del rapporto fra esseri umani e tecnologia. Lampadine, speaker, bollitori, termostati: i visitatori della galleria d’arte al 205 di Hudson Street a New York, fino al 31 marzo potranno dunque infilarsi nelle vite connesse di quattro nuclei famigliari che, per due ore al giorno, si metteranno a disposizione di questa singolare operazione di controllo. Quasi uno scambio di ruolo tra uomo e tecnologia, dove i visitatori potranno essi stessi incarnare delle Alexa o degli assistenti di Google, cercando di stabilire un qualche grado di connessione con gli abitanti: possono far partire la musica, intervenire nel corso delle conversazioni delle persone tramite gli altoparlanti dotati di microfoni, come Amazon Echo e Google Home, ormai sempre più diffusi nelle nostre case.
Lo scorso anno McCarthy aveva lanciato qualcosa di simile. L’aveva battezzato “Lauren” e in sostanza si trattava dello stesso concept fra arte e tecnologia. Solo che a impersonare l’assistente virtuale era lei stessa, 24 ore al giorno sette giorni su sette, per un certo lasso di tempo. I suoi lavori, infatti, si piazzano al limite fra la sperimentazione sociale e il modo in cui recuperare e reintrodurre le interazioni umane negli ultimi sviluppi tecnologici. Considerando che il mercato degli assistenti virtuali e degli smart speaker viaggia a ritmi incredibili (in crescita lo scorso anno di quasi il 200%, con decine di milioni di pezzi finiti nei nostri salotti e nelle nostre cucine e l’impasse di Alexa durante le feste natalizie) e che quest’anno quelli con display, come l’Echo Show o il Facebook Portal, occuperanno il 12% del settore, è evidente che sia quello uno dei fronti più caldi della domotizzazione delle abitazioni.
Il confine fra privacy e sorveglianza
I risultati delle performance di Someone ci mostrano come le nostre dinamiche di socializzazione siano già fortemente condizionate dalla tecnologia, e che in un contesto in cui l’intelligenza artificiale sarà sempre più presente, e difendere gli spazi di reale umanità diventerà molto complicato. Lo scopo di Someone è quello di mettere in evidenza la preoccupazione per l’invadenza di microfoni, videocamere e assistenti nelle nostre abitazioni, ma anche cercare di sottolineare questa perdita di intimità attraverso la restituzione del controllo di questi dispositivi ai visitatori della mostra. “La propria abitazione è uno spazio così intimo e si sdogana la presenza di questi dispositivi dando loro il controllo di quel che si fa tramite le videocamere – spiega Lauren McCarthy, l’ideatrice del progetto – ma chi è questa Alexa? Riflettendo sul punto ho architettato questo piano per trasformarmi in Alexa”. Una riflessione su quanta privacy consegniamo ogni giorno a microfoni, camere e sensori che popolano le nostre case.
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