A Irina, che ha bisogno di soldi, i compagni di corso hanno raccontato che si può sbarcare il lunario insegnando all’intelligenza artificiale a scrivere e ragionare meglio. Irina Teveleva è nata a Mosca ma è emigrata negli Stati Uniti, dove frequenta un Master universitario di scrittura creativa. Irina è incaricata di addestrare Annie, una chatbot che aiuta a confrontare i prezzi degli affitti e a gestire situazioni complesse, riducendo la necessità di intervento da parte degli agenti immobiliari reali. Nel corso del suo lavoro, Irina si accorge di diventare sempre più simile a una macchina, perdendo gradualmente la sua umanità mentre cerca di migliorare le capacità comunicative dell’intelligenza artificiale. Questo processo, per quanto remunerativo, ha avuto un impatto significativo sulla sua percezione di sé e sul suo benessere. La storia di Irina evidenzia le sfide e le implicazioni etiche dell’interazione tra umani e intelligenza artificiale, un tema sempre più rilevante nel contesto delle tecnologie emergenti e del loro impatto sulla società. A raccontare questa storia è lei stessa in un articolo pubblicato sul magazine 183 del The Economist.
Questo cambiamento influisce profondamente su Irina. Nota che il suo modo di organizzare i pensieri diventa sempre più meccanico e, nonostante abbia teoricamente del tempo libero per scrivere, le mancano le idee. Sta perdendo la sua vena creativa e fatica a concentrarsi, sentendosi sempre più simile a un automa. Questo lavoro, che inizialmente sembrava promettente, finisce per erodere la sua capacità di pensiero creativo e la sua identità. La storia di Irina mette in luce le difficoltà che possono emergere quando si lavora a stretto contatto con l’intelligenza artificiale, evidenziando i potenziali rischi di alienazione e perdita di creatività umana in un ambiente lavorativo sempre più automatizzato.
Irina Teveleva, trovandosi sempre più immersa nel suo lavoro di addestramento dell’intelligenza artificiale, finisce per perdere la sua vita personale e la sua creatività. Non solo deve lavorare più ore, ma l’azienda impone tempi di risposta rapidi, causando ulteriore stress. Questo intenso coinvolgimento con Annie, la chatbot, genera un effetto di transfert: Irina si accorge che anche fuori dal lavoro inizia a pensare e parlare come una macchina.
Interagire costantemente con Annie porta Irina a diventare arida e schematica, perdendo la sua vena creativa e capacità di concentrazione. Questo cambiamento influisce profondamente sulla sua vita quotidiana, tanto che inizia a usare risposte meccaniche anche nelle conversazioni con la famiglia e gli amici, ripetendo frasi come “fammi sapere se funziona”. Questa storia ci dice molto dell’intelligenza artificiale, del presente e del futuro che è già qui. Al di là e al di qua della macchina. Lo vogliamo veramente?