Armando Siri, sottosegretario di Stato per le Infrastrutture e senatore della Lega, è indagato dalla procura di Roma per corruzione. La notizia la anticipa Repubblica. Avrebbe intrattenuto frequenti rapporti, tutti da chiarire, con un faccendiere impegnato nel settore dell’energia – Paolo Arata, docente universitario, genovese come Siri, ex deputato nazionale di Forza Italia – su cui indagano da tempo i magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Palermo e gli investigatori della Dia.
Proprio i pubblici ministeri siciliani hanno trasmesso ai colleghi della Capitale il filone dell’inchiesta riguardante le frequentazioni romane di Arata, che era sempre alla ricerca di sostegni politici – e sembra anche legislativi – per la galassia delle sue attività. A documentarlo, ci sono intercettazioni e pedinamenti, che aprono uno scenario inquietante di infiltrazioni nei palazzi delle istituzioni.
“Sarebbe opportuno che il sottosegretario Armando Siri si dimetta”. È laconico il commento di Luigi Di Maio, leader del Movimento Cinque Stelle e vicepremier, alla notizia dell’indagine per corruzione a carico del sottosegretario leghista ai Trasporti. “Gli auguro di risultare innocente e siamo pronti a riaccoglierlo nel governo quando la sua posizione sarà chiarita. Non so se Salvini sia d’accordo, ma è mio dovere tutelare il governo e l’integrità delle istituzioni. Un sottosegretario indagato per fatti legati alla mafia è un fatto grave”.
Poco dopo è arrivata la secca replica del segretario della Lega, Matteo Salvini, che ha sottolineato la sua “piena fiducia” nei confronti di Siri. Siri è il consigliere economico del ministro dell’Interno Matteo Salvini e l’ideologo della Flat Tax, quattro anni fa patteggiò una condanna per bancarotta. Negli anni scorsi, anche Arata era stato convocato da Salvini, con altri sette professori, per la stesura del programma di governo della Lega. Questa mattina, i procuratori aggiunti di Palermo e Roma, Paolo Guido e Paolo Ielo, hanno disposto una serie di perquisizioni.
Per acquisire atti e documenti riguardanti appalti, e soprattutto autorizzazioni in materia di impianti energetici, che solo in Sicilia rappresentano un giro d’affari che vale 10 miliardi di euro. A condurre l’inchiesta, il pm romano Mario Palazzi e il collega palermitano Gianluca De Leo.
In provincia di Trapani, il faccendiere era in affari con un condannato per concorso esterno in associazione mafiosa, Vito Nicastri, il “re” dell’eolico ritenuto vicino all’entourage del superlatitante Matteo Messina Denaro, oggi è stato arrestato dalla Dia, per violazione degli arresti domiciliari.
Non poteva incontrare nessuno, ma avrebbe continuato a curare i suoi affari, frequentando il faccendiere e alcuni prestanome. Così è emersa l’intera vicenda. Un’indagine che prosegue da sei mesi nel massimo riserbo, per la presenza di Siri, che è sottosegretario dal 13 giugno dell’anno scorso.
Di recente, Siri si è detto pronto a spazzare via l’Anac, l’autorità anticorruzione: “Siamo l’unico Paese – ha dichiarato – che ha un ente ulteriore contro la corruzione, diamo per scontato che siamo tutti corrotti e dobbiamo curarci, io penso che sia il contrario: siamo tutti persone corrette fino a prova contraria”.
Adesso, è lui che deve difendersi dall’accusa di corruzione. E la nuova indagine fra Palermo e Roma apre scenari imprevedibili. Al momento, l’unico documento reso noto dalle procure è il decreto di perquisizione di alcuni uffici e aziende, in cui è contenuta una sintetica illustrazione delle risultanze dei due filoni di indagine: per mafia, corruzione e intestazione fittizia di beni a Palermo: per corruzione a Roma.
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