Ha preso ufficialmente il via domenica 1 ottobre la cosiddetta ‘spesa tricolore’. Si tratta di un’iniziativa del governo Meloni che dovrebbe garantire che i prezzi di molti prodotti di prima necessità non aumenteranno nei prossimi tre mesi, quindi fino al 31 dicembre. A questa intesa, firmata il 28 settembre a Palazzo Chigi con le imprese, hanno aderito finora oltre 23mila punti vendita in tutta Italia. Quasi tutti appartenenti alla grande distribuzione. Ma diversi altri dovrebbero unirsi nei prossimi giorni. Il quotidiano Repubblica decide però di fare le pulci alla ‘spesa tricolore’ facendo alcune prove. Ed ecco quanto si risparmia davvero.
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Tutti i dubbi sulla ‘spesa tricolore’ del governo Meloni
Il giudizio di Repubblica sulla ‘spesa tricolore’ lanciata dal governo Meloni è impietoso. “Abbiamo fatto una prova anche noi. – scrive Filippo Santelli – La stessa spesa di dieci prodotti sabato e oggi, giorno uno del trimestre anti-inflazione: spaghetti, passata, tonno in lattina, due etti di prosciutto cotto, pannolini, latte, biscotti, docciaschiuma, mele. Scoprendo che il risparmio netto su un conto di 34 euro, grazie al 10% sul tonno, è di 28 centesimi. Che nel nostro caso si riducono a un solo centesimo visto che, ‘signore, lascio?’, il salumiere abbonda con il cotto. Gustosa sintesi: il carrello anti-inflazione, anche dove è applicato più diffusamente, vale una fetta di prosciutto”.
Insomma, la ‘spesa tricolore’ del governo Meloni non convince. Eppure l’obiettivo di questa iniziativa, fanno sapere dal ministero delle Imprese e del made in Italy, sarebbe quello di “tutelare il potere d’acquisto dei cittadini e delle famiglie”. Secondo il ministero guidato da Adolfo Urso, si tratta di “un vero e proprio ‘paniere tricolore’ che verrà messo a disposizione dei consumatori, attraverso iniziative come prezzi fissi, promozioni, prodotti a marchio del distributore, carrelli a prezzo scontato o unico”.
Ad ogni modo, secondo Assoutenti “il paniere anti-inflazione potrebbe avere una potenzialità di risparmio per le famiglie italiane pari a circa quattro miliardi. Ma la totale libertà lasciata a negozianti e imprese sui prodotti da scontare e sui ribassi, insieme all’assenza di controlli, rappresentano un problema da “affrontare con il governo”.
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