La legge sulle unioni civili andata in porto proprio poche settimane fa è stata privata di un aspetto molto importante (che originariamente aveva): la stepchild adoption. Su richiesta della parte cattolica del Partito Democratico e soprattutto cedendo alle pressioni del centrodestra a guida Alfano, la maggioranza parlamentare ha infatti approvato il ddl Cirinnà sulle unioni civili non prevedendo, però, tutta quella parte che permetteva ad uno dei membri della coppia omosessuale di poter adottare il figlio biologico dell’altro.
Ma laddove non arriva la legge, interviene la magistratura. E infatti la Corte di Cassazione, chiamata ad esprimersi su un particolare caso di coppia gay in cui uno dei due voleva adottare il figlio dell’altro, ha approvato di fatto l’istituto della stepchild adoption considerando come legittimo il diritto all’adozione gay interna alla coppia.
Respingendo il ricorso del procuratore generale e confermando la sentenza a sua volta positiva della Corte d’Appello di Roma, quindi, i giudici della Cassazione hanno sostanzialmente dato il via libera alla stepchild adoption anche in Italia.
Attenzione però, perché questo diritto, seppur sarà garantito, in assenza di una legge continuerà ad esserlo «solo in casi particolari» (cioè quelli previsti dalla legge 184/1983, la quale pone delle condizioni che vanno bene praticamente per quasi tutte le coppie gay intenzionate a far valere il diritto all’adozione).
E’ chiaro però che la situazione non potrà continuare ad essere trattata a suon di sentenze. E infatti il Partito Democratico già da un po’ ha dichiarato di essere al lavoro su una riforma complessiva del sistema delle adozioni che, tra le altre cose, tratti finalmente anche la questione della stepchild.
Viviana Bottalico