Non bastano i modelli predittivi di Cambridge Analytica (di cui abbiamo parlato qui), ci vuole ben altro per influenzare i processi che regolano le decisioni politiche.
Albert Einstein è stato uno dei più grandi fisici della storia. Le sue teorie sono state alla base di numerose sfide scientifiche. Nonostante tutto, pare più semplice convincere le persone che Einsten non sia stato un grande fisico piuttosto che fargli cambiare idea su argomenti quali l’immigrazione o la pena di morte.
L’intelligenza umana non c’entra. E’ solo effettivamente più facile persuadere qualcuno su un argomento che non riguarda la politica. Trovare il modo di “far cambiare idea” a una persona è da sempre una sfida intrigante per gli scienziati.
Gli psicologi hanno sempre girato intorno ad una spiegazione molto semplice che riguarda la testardaggine con cui le persone si legano a un partito politico e che riguarda il concetto di “identificazione”. Attaccare un’idea politica in cui si crede è un po’ come attaccare la persona stessa ed il cervello tende a proteggere la propria identità a tutti i costi.
“Uno dei principali compiti del cervello è prendersi cura del corpo” – afferma Jonas Kaplan, docente in psicologia dell’Università della Southern California – “l’identità della psiche è all’interno del cervello e quando viene attaccata, questi reagisce come se venisse attaccato tutto il corpo”.
Per provare la teoria Kaplan ha effettuato un interessante studio che ha coinvolto 40 liberali con convinzioni molto radicate e, utilizzando uno scanner MRI, ha iniziato ad attaccare il loro credo politico. Dall’osservazione delle parti del cervello che hanno iniziato ad illuminarsi è stata tratta una conclusione: quando i partecipanti sono stati sfidati su opinioni in cui credono fermamente, c’è più attività nelle parti del cervello che corrispondono alla gestione dell’identità e laddove si generano emozioni negative.
In sostanza, si tende a considerare degli attacchi ideologici al pari di un insulto. Per far cambiare idea bisogna quindi separare le opinioni dall’identità ed in politica questo è molto arduo.
L’esperimento
Che cosa succede al nostro cervello nel momento in cui veniamo sfidati con idee che vanno contro la nostra identità. Kaplan, assieme al neuro-scienziato Sam Harris, ha dato vita ad un esperimento per comprendere che cosa genera la resistenza al cambiamento di un’idea.
Sono state mostrate delle frasi significative con le quali, teoricamente, i partecipanti dovevano concordare. Ad esempio “si dovrebbe ridurre il budget da dedicare alle forze militari”. In seguito i ricercatori hanno mostrato frasi contradditorie e talvolta volutamente esagerate quali “la Russia ha una forza nucleare doppia rispetto agli Stati Uniti”.
Ai partecipanti sono state mostrate anche frasi non politiche quali “Thomas Edison ha inventato la lampadina” e “Albert Einsten è considerato il più grande fisico di tutti i tempi”. Anche i partecipanti hanno visualizzato frasi esageratamente in contraddizione con le precedenti alfine di comprendere se c’era una differenza nel modo di reagire dei loro cervelli.
Indubbiamente è stato provato che la differenza è risultata evidente. Quando si contraddice un credo politico il cervello inizia a pensare alla propria identità e c’è una maggiore attivazione della regione del cervello chiamata amygdala, che regola le dinamiche relative alle emozioni negative.
E’ un po’ come se un attacco alla propria opinione politica fosse percepita come una minaccia alla propria persona.
I risultati sono stati confermati da un questionario. I partecipanti all’esperimento erano molto più influenzabili su argomenti “non politici” rispetto ad argomenti politici. Molto arduo influenzare qualcuno su un argomento come l’aborto, l’immigrazione o il matrimonio gay; più facile convincerlo che Thomas Edison non era poi così geniale!
Che cosa comporta tutto ciò?
Il problema è che i neuroscienziati possono stabilire sulla base dei dati in loro possesso che determinate aree del cervello si accendono di fronte a certi tipi di attacchi ideologici ma non sanno esattamente perché ciò avviene.
Lo studio evidenzia che questo network denominato “modalità di default” viene coinvolto solo quando si parla di credenze molto forti e quando si leggono storie che riflettono i propri valori personali. Probabilmente il campione di 40 persone è un po’ ridotto ma sicuramente le conclusioni dello studio sono intriganti. Il cervello processa slogan politici in modo diverso da fatti mondani. Motivo per cui i tentativi di correggere le informazioni errate a volte sono controproducenti o perché anche le “fake news” possono risultare efficaci nel consolidare un credo politico.
Un fenomeno analogo avviene anche quando si confrontano le reazioni riguardanti idee religiose rispetto ad idee non religiose. Comprensibile dato che anche la religione è parte della propria identità.
Non esiste certo una formula magica per far cambiare idea a qualcuno ma, specie analizzando le grandi moli di dati che oggi è possibile estrarre, è possibile mettere in piedi una strategia di comunicazione politica volta a rammentare alle persone chi sono. Entrare in sintonia cercando di identificarsi e specchiarsi nelle persone per essere accettati può essere il modo di acquisire la fiducia necessaria a evitare le reazioni del cervello sopra citate.
Quel che è certo è che la profilazione delle persone e lo studio dell’identità è la base da cui partire per capire cosa proporre in un programma politico. Comprendere cosa determina l’identità è una questione che lasciamo agli algoritmi di intelligenza artificiale.