La chiamano, ancora oggi, “Questione meridionale”, termine usato e abusato tante di quelle volte da non poterne più tenere il conto. Ma quella che interessa il Sud Italia è, piuttosto, un’emergenza che dovrebbe farci riflettere tutti, dalla portata disastrosa per il nostro Paese. I numeri, impietosi, sono quelli che raccontano di due milioni di persone scappate dal 2000 a oggi da una macro area che si scopre anno dopo anno più povera. E che non sembra avere davanti prospettive incoraggianti.
Le previsioni, infatti, non parlano affatto di tendenze destinate a invertirsi. Piuttosto, entro il 2065 dovrebbero abbandonare il Meridione altri 5 milioni di abitanti, portandosi dietro il 40% della ricchezza, stando a quanto preventivato dall’istituto Svimez diretto da Luca Bianchi. Istituto del quale l’attuale ministro per il Mezzogiorno Giuseppe Provenzano è stato in passato vicedirettore e che proprio per questo dovrebbe ascoltare con maggiore attenzione un campanello d’allarme terribile.
Sì, deve far paura pensare che nel Sud dello Stivale la disoccupazione galoppa, quella femminile addirittura il doppio rispetto alle zone del Centro Nord, superiore persino a quella registrata in aree pur non certo ricchissime del mondo come la Macedonia. L’economia è in recessione, il prodotto interno lordo medio pro capite fa segnare divari col resto del Paese più marcati che nel 1953. L’emigrazione è tornata, tristemente, quella di quegli anni.
E però, di fronte a una situazione tanto drammatica, le soluzioni latitano. Lo sviluppo industriale forzato, senza infrastrutture all’altezza e priva di imprese a valle, non ha mai dato frutti. Il reddito di cittadinanza, che aveva spinto tante persone del Sud a votare in massa per i Cinque Stelle, si è dimostrato utile per una parte della popolazione ma totalmente inefficace nella lotta alla disoccupazione. Si mettono pezze invece di chiudere buchi che sono voragini. E di fronte ai quali tutti, ancora oggi, voltano il capo.
Ilva, parliamo di numeri: lavoratori, perdite, guadagni e rischi. Tutto quello che c’è da sapere