Il dramma di una famiglia francese ha fatto eco in tutto il mondo, sollevando importanti questioni riguardo all’uso delle piattaforme sociali e dell’intelligenza artificiale. Due anni fa, una giovane di 15 anni di nome Marie si tolse la vita a Cassis, nel dipartimento delle Bocche del Rodano. Ora, i suoi genitori hanno presentato una denuncia contro la popolare piattaforma di video TikTok, sostenendo che l’algoritmo del social network abbia contribuito al tragico destino della loro figlia.
Marie era una vittima di bullismo a causa del suo sovrappeso, e il suo malessere psichico era evidente nel video che pubblicò poco prima del suicidio, in cui esprimeva la sua sofferenza. Gli avvocati della famiglia sostengono che l’algoritmo di TikTok abbia continuato a raccomandare contenuti correlati alla depressione e al bullismo a Marie, aggravando ulteriormente la sua situazione.
L’avvocata Laure Boutron-Marmion ha dichiarato che “attraverso l’algoritmo, l’adolescente ha ricevuto raffiche di video sullo stesso tema che possono soltanto portare qualcuno a stare ancora peggio.” La denuncia presentata dai genitori ipotizza i reati di “istigazione al suicidio,” “propaganda di strumenti per togliersi la vita,” e “omissione di soccorso.”
Questa non è la prima volta che una piattaforma di social media è stata accusata di avere un ruolo nella tragica fine di un adolescente. Nel Regno Unito nel 2022, Meta e Pinterest furono ritenuti responsabili per il suicidio di una ragazza di 14 anni esposta a “contenuti negativi.” La giustizia inglese ha riconosciuto la loro responsabilità in questa tragedia.
La denuncia dei genitori di Marie arriva in un momento in cui la legislazione europea ha inasprito le regole per le grandi piattaforme digitali, richiedendo una maggiore trasparenza e attenzione ai contenuti sensibili. Gli avvocati affermano che questa nuova legge richiede “una migliore moderazione dell’algoritmo sui contenuti sensibili, pena sanzioni finanziarie.”
Oltre a TikTok, i genitori di Marie hanno anche intentato un’azione legale contro l’istituto scolastico in cui la loro figlia frequentava. Un giudice istruttore è stato incaricato di esaminare questo drammatico caso, che solleva domande importanti sulla responsabilità delle piattaforme digitali e sulla necessità di proteggere i giovani utenti dai contenuti dannosi.