Interviste Archivi - Business.it https://www.business.it/tag/interviste/ I segreti del potere - Notizie e retroscena Thu, 06 Jun 2024 06:38:24 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.6.2 https://www.business.it/wp-content/uploads/2023/01/cropped-Favicon_Business.it_-32x32.jpg Interviste Archivi - Business.it https://www.business.it/tag/interviste/ 32 32 Il Covid? “Mai esistito”. Interviste choc agli italiani in spiaggia: da vergognarsi https://www.business.it/il-covid-mai-esistito-interviste-choc-agli-italiani-in-spiaggia-da-vergognarsi/ Sat, 01 Aug 2020 07:59:51 +0000 https://www.business.it/?p=68041 Domande di attualità dalle risposte sconcertanti, che hanno fotografato appieno ignoranza e superficialità che circondano tematiche importanti come il coronavirus, il modo di proteggersi dal patogeno ma anche l’Europa, il Mes, la politica. A realizzare il video, subito diventato virale, è stato il Milanese Imbruttito, che girando per Gallipoli ha intervistato i turisti presenti per… Leggi tutto »Il Covid? “Mai esistito”. Interviste choc agli italiani in spiaggia: da vergognarsi

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Domande di attualità dalle risposte sconcertanti, che hanno fotografato appieno ignoranza e superficialità che circondano tematiche importanti come il coronavirus, il modo di proteggersi dal patogeno ma anche l’Europa, il Mes, la politica. A realizzare il video, subito diventato virale, è stato il Milanese Imbruttito, che girando per Gallipoli ha intervistato i turisti presenti per godersi qualche giorno di sole. Ecco, allora, un ragazzo che inventa la nuova parola “le multinagionali” e che poi ripete insistentemente come il coronavirus, in realtà, non esista: “Tutta una truffa, dobbiamo svegliarci. C’è gente che si fa il bagno con la mascherina”. Qualcuno ha persino dubbi sul fatto che il famoso Covid-19 sia una malattia. Per altri, esiste da anni ed è arrivato soltanto adesso perché i corrieri ci hanno messo un po’ a consegnarlo e attuare così il piano. Qualcuno accusa Bill Gates di averlo creato, altri associano inspiegabilmente il magnate americano al gruppo rock i Queen. Mah!E ancora: il Mes per qualcuno è meglio di Ronaldo, anche se magari segna qualche gol in meno nel corso dell’anno. L’Inps diventa Impresa Nazionale Socialista Popolare, uno strano retaggio che evoca passati lontani, dalla Cina di Mao all’Urss. Insomma, di male in peggio.L’app Immuni, che si è rivelata un clamoroso flop, per molti non è mai esistita: 9 su 10 tra gli intervistati non ne hanno mai sentito parlare, figurarsi scaricarla. A tirare sono ben altri argomenti: Temptation Island, il Grande Fratello e via dicendo. I reality, insomma, sono argomento caldissimo. Il virus, invece, chissà se esiste davvero.

Gli americani invidiano l’Italia: “Loro hanno saputo gestire il coronavirus”

 

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Intervista ad Enzo Altobelli: “Siamo al servizio dei nostri clienti e li assistiamo per sviluppare al meglio i loro punti di forza” https://www.business.it/intervista-enzo-altobelli-profima/ Fri, 12 Oct 2018 09:45:12 +0000 https://www.business.it/?p=33134 Enzo Altobelli, Founder e CEO di Profima s.r.l., racconta il percorso che l'ha portato a creare una tra le prime quattro realtà più importanti sulla scena nazionale nel settore della finanza agevolata.

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Enzo Altobelli, Founder e CEO di Profima s.r.l., racconta il percorso che l’ha portato a creare una tra le prime quattro realtà più importanti sulla scena nazionale nel settore della finanza agevolata:”Profima è cresciuta non solo come numero di collaboratori, ma anche come credibilità.  Fortificare le aziende che si affidano a noi vuol dire contribuire allo sviluppo dell’intero Sistema Paese”. 

Carriera accademica e professionale: qual è il suo know how? Ci descriva il percorso che ha intrapreso fino alla fondazione di Profima.

Sono laureato in ingegneria con un master in management delle imprese. Ho avuto la fortuna di inserirmi, ancor prima della laurea, in un concreto percorso di crescita portando avanti quelli che sono sempre stati i miei interessi professionali. Nel 1998 infatti, mentre ancora frequentavo l’università, ho iniziato a collaborare con un consorzio di 15 aziende e un Ente di Ricerca: ho così avuto modo di conoscere in maniera più approfondita il mondo delle imprese, dalle certificazioni di qualità, dei finanziamenti pubblici, della Ricerca, dell’Innovazione fino alle opportunità dell’ internazionalizzazione. Mi sono avvicinato a questa realtà lentamente, osservandola con gli occhi di chi già ne faceva parte. Un’esperienza preziosa ed un percorso  affascinante che è proseguito fino al 2002, anno in cui ho fatto nascere, insieme a due soci, una società che si è inizialmente occupata di finanziamenti agli enti pubblici, ma che poi ho saputo trasformare in un’impresa specializzata nella ricerca di finanziamenti a fondo perduto e agevolato per le imprese, per la PA e per i professionisti. Attivando anche partnership con Consorzi di Imprese e Enti di Ricerca.

Profima Srl: com’è nata l’idea di fondare una società di consulenza per lo sviluppo

Lo stretto contatto con il mondo delle aziende, mi ha portato a conoscere bene la loro difficoltà nel trovare  risorse  per crescere e sviluppare le attività.

Mi ero reso conto che i fondi disponibili erano molti, ma esigue le domande presentate. Mi riferisco all’Agenda 1997/1999 e poi 2000/2006.
Le capacità di chi voleva fare impresa si scontravano continuamente con l’impossibilità di orientarsi nel mondo dei finanziamenti pubblici, settore che si evolve continuamente. Progettare, seguire le attività dell’impresa, sviluppare un prodotto, renderlo utile, saperlo vendere, migliorare, colmare lacune, sperimentare e nel contempo resistere agli attacchi dei competitor cinesi, asiatici o dell’Est, non lascia obiettivamente  alle aziende margini sufficienti per occuparsi di aiuti, convenzioni, contratti, che però, in alcuni casi potrebbero fare la differenza.
Per fare impresa occorre quindi concentrarsi anche
sulle diverse forme di sostegno ad un progetto, sugli strumenti comunitari, con lo scopo di supportare le attività. Profima è nata proprio per rispondere a questa esigenza imprenditoriale. Oggi posso affermare con orgoglio che siamo una realtà consolidata: siamo tra le quattro aziende in Italia che si occupano di reperimento di contributi a fondo perduto e finanziamenti agevolati europei, nazionali, regionali e camerali, a sostegno degli investimenti aziendali. 

 

 Da “Founder e CEO”, quali sono le responsabilità che caratterizzano il suo ruolo di leadership?

Innanzitutto quella di pianificare le attività della società, stabilendo programmi operativi giorno per giorno, seguendo le tendenze di mercato, partecipando a convention, aggiornando continuamente competenze e conoscenze, stando al passo con le tecnologie e con le normative che cambiano. Gestire bene una società significa avere intuizione, coraggio, essere flessibili, rischiare, mettersi in gioco in prima persona, ma anche seguire le regole ed avere un forte senso di responsabilità. Sono diventato un punto di riferimento per i miei collaboratori, ma credo fermamente nel lavoro di squadra. Essere leader significa anche saper delegare. Ho la fortuna di poterlo fare perché ho accanto a me professionisti formati, seri e capaci sui quali posso contare. Certamente, la mia responsabilità più grande resta comunque quella rivolta ai clienti che si affidano alla nostra società.
Deluderli sarebbe la peggiore delle sconfitte. Non è mai accaduto, per questo Profima è cresciuta non solo come numero di collaboratori, ma anche come credibilità. Inoltre, fortificare le aziende che si affidano a noi vuol dire contribuire allo sviluppo dell’intero Sistema Paese.    

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L’azienda: quali sono i valori sui quali si fonda Profima e qual è la mission?

Correttezza, professionalità e competenza sono i valori che fanno di Profima un’azienda seria ed affidabile. Non siamo solo noi a dirlo, sono i nostri clienti. I risultati economici che otteniamo sono strettamente collegati a quelli delle imprese che seguiamo, che sono soprattutto manifatturiere, di servizio, commerciali ed agricole. Forse siamo dei visionari, ma ci spinge anche la volontà di lasciare un segno in quello che facciamo. Non ci sentiamo un mero strumento per raggiungere traguardi prettamente economici, ma pretendiamo di essere parte di una società che è bene ricordare: è fatta di persone che lavorano e delle loro famiglie. La nostra mission è quella di supportare il conseguimento degli obiettivi prefissati per tutti coloro che si affidano alla nostra realtà. Siamo al   servizio dei nostri clienti e li assistiamo per  sviluppare al meglio i loro punti di forza.

I servizi al cliente di Profima: cosa offre l’azienda e come è riuscita a diventare una società leader nel settore della consulenza aziendale?

Profima lavora secondo uno schema ormai consolidato e che, personalmente, ritengo vincente.
Come lavoriamo? Il nostro metodo è chiaro: innanzitutto si individuano le esigenze del cliente attraverso una preanalisi di fattibilità delle sue opportunità di sviluppo. Abbiamo bisogno, soprattutto inizialmente, di capire bene quali sono gli investimenti che il cliente vuole e può fare. Viene stilato uno
“Studio delle Opportunità” per mettere in piena e chiara luce tutte le soluzioni idonee e funzionali all’ottenimento dei contributi pubblici per la tipologia di investimento più utile. Insomma forniamo una consulenza a tutto campo per accompagnare l’impresa sulla strada dello sviluppo e della finanza agevolata, dalla progettazione, al coordinamento fino alla rendicontazione dei progetti a valere sui bandi di  interesse.
La soddisfazione più grande è quella di veder realizzato quello che all’inizio, per il cliente, rappresentava solo un sogno. Da tener presente che il nostro metodo è ormai
consolidato e applicato dai nostri consulenti tecnici commerciali in tutte le Regioni Italiane dove affiancano ed assistono le migliori aziende sul mercato.

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L’azienda è strutturata in differenti divisioni operative?

Profima è divisa in 3 Macro-aree: un’Area Commerciale, una Tecnica ed una Amministrativa. I nostri collaboratori sono una sessantina. Nell’Ufficio tecnico, che si occupa di redigere, coordinare e rendicontare i progetti sono infatti presenti, economisti, giuristi, ingegneri, progettisti europei ed internazionalisti.  L’area commerciale è invece formata da consulenti tecnici, esperti nell’assistere i clienti sia durante tutto l’iter contrattuale sia nel loro percorso di crescita. L’Ufficio amministrativo, si occupa, come è naturale, della gestione amministrativa. Le sedi principali si trovano a Frosinone e a Roma, oltre ad una sede di rappresentanza nella città di Bruxelles.
Abbiamo un piano formativo che prevede  incontri con cadenza settimanale e mensile. Una curiosità di genere? Nell’area tecnica lavorano piu’ donne, mentre ci sono più uomini in quella commerciale.

Il futuro di Profima: anticipazioni e prospettive

Profima ha sempre il compito di anticipare le tendenze di mercato. In questa direzione, stiamo già lavorando a nuovi progetti funzionali ed utili alla crescita della nostra azienda e dei suoi clienti, mediante la costituzione di una community definita “Profima Innovation Hub”: un nuovissimo progetto che ha l’obiettivo di aiutare le imprese italiane ad innovarsi nel modo più utile per il loro sviluppo e il loro loro business. Stiamo, infine, lavorando anche ad progetto più ampio di internazionalizzazione, guardando ai mercati più affini al nostro Paese come quelli dell’Albania e della Spagna.

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“Pagatemi per le interviste”. Grillo, guerra aperta alla stampa: l’ultima trovata del comico, polemiche a non finire https://www.business.it/grillo-contro-la-stampa-volete-intervistami-ecco-il-mio-tariffario/ Wed, 19 Sep 2018 15:28:16 +0000 https://www.business.it/?p=31618 Nemici-amici come Red e Toby, come la volpe e il cane da caccia protagonisti di un celebre cartone animato Disney. Solo, in sala molto più trash. Che i rapporti tra il Movimento Cinque Stelle e la stampa siano sempre stati conflittuali non lo si scopre certo oggi, in un’altalena di aperture e chiusure che si… Leggi tutto »“Pagatemi per le interviste”. Grillo, guerra aperta alla stampa: l’ultima trovata del comico, polemiche a non finire

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Nemici-amici come Red e Toby, come la volpe e il cane da caccia protagonisti di un celebre cartone animato Disney. Solo, in sala molto più trash. Che i rapporti tra il Movimento Cinque Stelle e la stampa siano sempre stati conflittuali non lo si scopre certo oggi, in un’altalena di aperture e chiusure che si susseguono come sulle montagne russe. Tra gli esponenti sempre in lite con testate e giornalisti c’è sempre stato soprattutto lui, sua maestà Beppe Grillo, autore di frasi già finite nei manuali di bon ton come la celebre “Vi mangerei per il solo gusto di vomitarvi”. Un lungo elenco di precedenti che ora si arricchisce dell’ultima, ennesima trovata dell’ex comico genovese.La scorsa settimana, uscendo dall’hotel Forum, Grillo aveva detto a un cronista appostato sotto l’albergo: “Dovreste pagarmi per le interviste”. Detto fatto, col solito tono tra il serio e il faceto Beppe ha pubblicato un “listino interviste”, con tanto di prezzi: per quelle scritte, ad esempio, il costo è mille euro a domanda (per un minimo di cinque, precisato esplicitamente). Mille euro che sono anche il prezzo necessario per un’intervista non scritta, con un minimo di otto minuti garantiti. Portare Grillo in tv, invece, prevede un esborso doppio, sempre per una durata di otto minuti.Il bizzarro elenco è comparso sul blog personale, ormai celeberrimo, di Grillo, accompagnato dalla precisazione”per non far perdere tempo a voi, e soprattutto a me”. Il comico ha poi fatto un’aggiunta, chiara frecciata alla galassia Pd e all’invito a cena fatto e poi disatteso da Calenda ai vertici dem: “Cene: 20mila euro”. Un’iniziativa che al solito ha diviso i social, dove non sono mancate prese di posizione fortemente contrarie a quella che è stata definita “una provocazione volgare e per nulla divertente”. Qualcuno ha anche lanciato nell’etere una proposta: “Perché non fare il contrario? I giornalisti stabiliscono di volta in volta quanto vogliono per starti a sentire e tu metti mano al portafogli”.

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Roma Web Fest 2018: l’intervista ad Andrea Materia, CEO di Greater Fool Media https://www.business.it/roma-web-fest-2018-intervista-andrea-materia/ Mon, 23 Jul 2018 07:25:06 +0000 https://www.business.it/?p=29755 L’edizione 2018 del Roma Web Fest, come sempre ricca di ospiti e partnership internazionali, inaugurerà uno spazio interamente dedicato all’innovazione e al settore dell’audiovisivo webnativo. Per l’occasione business.it ha intervistato Andrea Materia, fondatore e CEO di Greater Fool Media, tra i primi network YouTube europei a superare la soglia di 1 miliardo di views l’anno… Leggi tutto »Roma Web Fest 2018: l’intervista ad Andrea Materia, CEO di Greater Fool Media

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L’edizione 2018 del Roma Web Fest, come sempre ricca di ospiti e partnership internazionali, inaugurerà uno spazio interamente dedicato all’innovazione e al settore dell’audiovisivo webnativo.

Per l’occasione business.it ha intervistato Andrea Materia, fondatore e CEO di Greater Fool Media, tra i primi network YouTube europei a superare la soglia di 1 miliardo di views l’anno (nel 2018 è già proiettato sopra quota 2 miliardi).

Materia racconta a business.it com’è nata la sua idea imprenditoriale, come sta cambiando il modo di fruire i contenuti, come si trasformano le esigenze del pubblico e quali sono i vantaggi di partecipare a un evento così unico come il Roma Web Fest 2018.

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1) La sua carriera professionale: com’è arrivato a creare Greater Fool Media?

La mia azienda nasce nel 2012. Venivo da circa 15 anni di esperienze televisive, quasi sempre in RAI, tanto davanti quanto dietro le telecamere, intervallati da parentesi e sperimentazioni sia nel cinema che in radio. Nel 2011 avevo ottenuto un successo a sorpresa con un format per RAI 2 che metteva per la prima volta in gara tra loro giovani YouTuber e Influencer italiani, votati in diretta tramite i social. La risposta del pubblico mi aprì gli occhi sulle potenzialità di questo nuovo star system digitale, ma al tempo stesso sulla diffusa difficoltà che le giovani star del web avevano a convertire la propria celebrità online in monetizzazione. Mancava una realtà professionale che facesse da ponte (e da management) rispetto al mondo della pubblicità e rispetto alle grandi piattaforme come Google. Così è nata Greater Fool e il suo network YouTube.

Via via ci siamo evoluti e strutturati. Negli ultimi 12 mesi abbiamo distribuito 1 milione di euro di ricavi pubblicitari ai talent e agli editori nostri partner su YouTube, e per i prossimi 12 mesi puntiamo a un incremento del 100%. I nostri canali raggiungono oggi quasi 20 milioni tra iscritti YouTube e follower su Facebook, Instagram e la nuova emergente piattaforma Musical.ly (una felicissima intuizione del mio socio Lorenzo Barbantini Scanni, ci ha aperto le porte del target ragazze 9/15 anni).

La cosa interessante è che su YouTube il 30% dei nostri iscritti è internazionale, in testa Stati Uniti e Unione Europea, a cui proponiamo contenuti in inglese ma prodotti in Italia, da Milano a Napoli, da Roma a Rimini. Per dirla con un’espressione molto in voga ultimamente, da start up siamo diventati una scale up, con EBITDA sempre positivo e occhio rivolto all’intero mercato europeo.

2) Com’è cambiata la televisione grazie al web?

Come tutti gli addetti ai lavori che hanno vissuto il primo boom delle dot com a fine anni ’90, posso dire che le previsioni di catastrofi e apocalissi improvvise per la TV non si sono realizzate. Si è invece verificato un processo di graduale affiancamento tra i due mezzi. Come la televisione ai suoi albori si affiancò alla radio, marginalizzandola nel tempo ma senza farla sparire, allo stesso modo le nuove piattaforme in streaming – sia quelle free finanziate dalla pubblicità come YouTube, sia quelle pay come Netflix, Amazon e i tanti competitor locali – si stanno sovrapponendo al consumo di TV lineare senza annullarlo dal giorno alla notte.

Certo, a lungo andare alle emittenti TV classiche toccherà lo stesso destino delle stazioni radio: saranno marginalizzate. In diversi generi è già così, guardate le serie TV d’autore. I Premi Emmy li vincono tutti Netflix, Amazon e Hulu, lasciando quello che avanza a HBO per difendere gli onori della vecchia guardia. La verità è che i broadcaster hanno abdicato a osare. Ripetono a oltranza gli stessi moduli linguistici consolidati per lo stesso pubblico annoiato, che premia perlopiù i reality, non a caso quelli più naturalmente social (li seguiamo dividendo lo sguardo tra il 55 pollici sulla parete e i 5 pollici in mano per commentare live su Facebook l’ultima trashata).

Dove il cambiamento si avverte in misura più marcata è tra gli under 14. I Millennials sono ancora combattuti. Per i bambini, gli autentici nativi digitali, il mobile è invece oggi, inequivocabilmente, il “primo schermo”. La TV è battuta, seconda, incapace di attirarli quanto YouTube.

In Greater Fool abbiamo vissuto un’esplosione dei nostri canali dedicati ai bambini, che è andata di pari passo con il diffondersi di piani tariffari per il mobile con GB in ampia quantità. Ci vanno fortissimo le animazioni 3D musicali. Anche l’educational sorprende, abbiamo raggiunto 200.000 iscritti in Italia con canali per imparare su YouTube la scienza e la storia. Ma soprattutto sta rapidamente imponendosi una sbarazzina generazione di baby YouTuber prodigio, super esperti di nuovi giochi e giocattoli.

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Roma Web Fest 2017: il cinema ai tempi del web

4) Quali sono i loro prossimi progetti?

Vogliamo sempre più fornire contenuti web per le famiglie e i loro giovani spettatori “streaming first” che siano garanzia di qualità e sicurezza per gli inserzionisti pubblicitari. Sui contenuti kids puntiamo a investire in maniera significativa, sia finanziando nuove produzioni multilingua che attraverso l’acquisizione di canali YouTube con un appeal forte nei principali territori europei.

Sono convinto che per proseguire e consolidare la traiettoria di crescita di Greater Fool nel mercato dello streaming i driver siano proprio questi: dare priorità all’internazionalizzazione, lavorare a fusioni e acquisizioni per creare un player competitivo a livello continentale, e tanta tanta tecnologia. Come insegna Netflix, l’analisi dei big data è infatti essenziale oggi per individuare le nuove idee a più alto potenziale di crescita. Il fiuto e l’intuito editoriale non possono mai mancare, saranno indispensabili anche nel 3018, ma dobbiamo integrarli e sposarli con il lato tech del nostro mestiere.

Per accelerare questi progetti stiamo esaminando con fondi italiani ed esteri l’ipotesi di un funding mirato all’espansione internazionale di Greater Fool. Con l’obiettivo più avanti, se la scommessa dovesse essere vinta, di diventare la prima new media nazionale a quotarsi all’AIM.

5) Roma Web Fest: quanto è importante per i giovani un evento come il Roma Web Fest, dove Greater Fool Media è partner da anni…

Il Roma Web Fest 2018 rappresentata un evento centrale per il settore audiovisivo che guarda al digital. Rispetto a Milano, Roma è una piazza secondaria per l’innovazione in Italia, ma sull’audiovisivo rimane il cuore del sistema. E a mio parere, proprio spingendo sull’audiovisivo online potrebbe recuperare un ruolo da vera Capitale anche nell’economia digitale.

Proprio per questo il Roma Web Fest è un evento unico. Uno dei primi al mondo, e tuttora uno dei pochissimi, a offrire un punto di incontro di alto livello tra appassionati, operatori dei media tradizionali e interpreti della nascente filiera dello streaming. Al Roma Web Fest i geek si mescolano a produttori, registi e attori del cinema e della TV, e tutti insieme vanno a conoscere le punte di diamante di chi realizza video per il web.

Scopriamo così che il pubblico che guarda gli YouTuber non ha nessuna ostilità ideologica verso la televisione. Non sceglie o l’uno o l’altro media. Li combina, li alterna. Ma tra i due inizia a preferire web e app di streaming ogni settimana un minuto in più al giorno perché ci trova programmi e personaggi più freschi, capaci di modificare di continuo il proprio format (anche a rischio di perdere tutto il traffico accumulato, nel giro di una manciata di clip). Quello che la TV ha ormai abdicato a fare.

Il Roma Web Fest è quindi un’occasione imperdibile di incontro e di condivisione, dove YouTuber ed esperti, appassionati e curiosi possono interagire e perché no, anche attivare nuove idee di business.

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Beach&Love 2018, intervista a Walter Bartolomei, CEO dell’Azienda Agricola Ciù Ciù https://www.business.it/beachandlove-2018-intervista-ciuciu/ Wed, 18 Jul 2018 10:55:18 +0000 https://www.business.it/?p=29640 L’azienda agricola Ciù Ciù dei fratelli Bartolomei affonda le sue radici nell’epoca della mezzadria, ben lontana dal metodo e dalle tecnologie moderne. Ma con l’esperienza di famiglia e la lungimiranza degli innovatori, il marchio ha superato le aspettative, esportando i suoi prodotti nel mondo. A business.it Walter Bartolomei parla di come tutto è iniziato, come… Leggi tutto »Beach&Love 2018, intervista a Walter Bartolomei, CEO dell’Azienda Agricola Ciù Ciù

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L’azienda agricola Ciù Ciù dei fratelli Bartolomei affonda le sue radici nell’epoca della mezzadria, ben lontana dal metodo e dalle tecnologie moderne. Ma con l’esperienza di famiglia e la lungimiranza degli innovatori, il marchio ha superato le aspettative, esportando i suoi prodotti nel mondo. A business.it Walter Bartolomei parla di come tutto è iniziato, come si è evoluta l’azienda  e cosa significa essere partner del Beach&Love 2018, che si terrà il prossimo 19 luglio a Civitanova Marche.

1) Ci racconti del suo percorso accademico e professionale: come è diventato imprenditore?

Nel cuore di Offida, paesino del Piceno che si espande a metà tra la costa e la montagna, nasce un vino autentico, fatto di sapori pregiati e da un olio di qualità. Il territorio è ciò che rappresenta il vero punto di riferimento dell’intera produzione, che è parte della storia della nostra azienda. Insieme a mio fratello Massimiliano, sono cresciuto con il nome Ciù Ciù riferito ai nostri nonni, che hanno saputo accrescere in noi quell’appartenenza alla campagna, utilissima per comprendere il settore, ma anche per andare avanti, credendo nelle nuove tecnologie e nell’innovazione applicate alla tradizione. Così ci siamo internazionalizzati, esportando il nostro vino in numerosi paesi europei, oltre che Usa, Canada, Giappone e Cina.

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2) Quali sono le tre parole che definiscono il suo lavoro?

Qualità, prezzo e certificazione biologica. Possediamo circa 180 ettari che regalano vini rossi e bianchi con la certificazione bio, che possediamo fin dal 1996. Siamo stati, infatti, tra i primi in Italia a ricevere questa ambita certificazione, pur riuscendo a mantenere un costo accessibile per il cliente. Il nostro è un vino di qualità, biologico alla portata di tutti.

3) Darebbe qualche suggerimento a chi desidera intraprendere la sua professione? Quali sono i consigli più importanti per fare business nella sua attività?

L’unico consiglio davvero importante che mi sento di offrire a che vuole intraprendere un business nel settore agricolo è quello di avere pazienza. Si possono avere soldi per fare cospicui investimenti, comprare terreni e macchinari altamente tecnologici. Ma per chi non è cresciuto in campagna il tempo, l’attesa, la pazienza sono le vere risorse che fanno la differenza. Il vero successo si ottiene solo grazie a continuità e costanza, così si impara a conoscere la stagionalità e ad agire di conseguenza.

4) Può darci qualche anticipazione sui progetti futuri della sua azienda?

I nostri progetti futuri sono volti a ricreare nel nostro territorio la vera campagna agricola storica, ancor prima dell’avvento della mezzadria. Questo progetto intende infatti sfruttare il territorio, dove la campagna era collegata al centro storico del paese poiché le varie fasi della produzione avvenivano prima nei locali della campagna, poi nei palazzi storici in grotte e cantine allestite sotto le abitazioni. Per promuovere il territorio e sfruttare il turismo, abbiamo quindi deciso di mostrare al pubblico come avveniva il percorso della vinificazione prima del boom degli anni ’60. Si tratta quindi di un percorso volto a promuovere sia il territorio (attraverso la ristrutturazione di cantine storiche e grotte antiche nel centro storico) sia il brand della nostra azienda. Tutto questo con uno sguardo teso all’innovazione e a strumenti che possano intervenire in contesti nuovi e innovativi.

Leggi anche: Beach&Love 2018: dove, quando e come iscriversi all’evento

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5) Oggigiorno siamo sempre collegati online: diventa quindi fondamentale avere momenti di networking offline!
Quanto è importante la partecipazione ad eventi come il Beach&Love?

Come si inserisce la realtà di Ciù Ciù all’interno dell’evento?

Partecipiamo con piacere ed entusiasmo ad eventi come il Beach&Love. Siamo Partner di supporto al settore di riferimento del Festival, e speriamo di poter collaborare presentando strumenti tecnologici come ad esempio il progetto #CiùCiùDigital, un’App di Ciù Ciù, che, tra l’altro,  può interagire con i clienti e indicare, in ogni parte del mondo, dove si trova un rivenditore di vini del nostro marchio. La nostra attività può quindi trarne beneficio, così come i nostri clienti. Infine, eventi come il Beach&Love offrono la possibilità di restare aggiornati e poter conoscere chi sta dietro le idee più innovative.

 

 

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Beach&Love 2018: intervista a Stefano Parcaroli, direttore generale Gruppo Med Store https://www.business.it/beachandlove-2018-intervista-med-store/ Thu, 12 Jul 2018 10:02:42 +0000 https://www.business.it/?p=29478 Il Gruppo Med Store nasce nel 1982, dal genio imprenditoriale di Sandro Parcaroli che, come rivenditore ufficiale, fu uno dei primi a portare Apple in Italia. Nel 1985 vola a Cupertino, nel cuore della Silicon Valley, per conoscere Steve Jobs in persona, cofondatore di Apple. Seguendo l’ascesa della tecnologia e le esigenze di mercato, nel… Leggi tutto »Beach&Love 2018: intervista a Stefano Parcaroli, direttore generale Gruppo Med Store

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Il Gruppo Med Store nasce nel 1982, dal genio imprenditoriale di Sandro Parcaroli che, come rivenditore ufficiale, fu uno dei primi a portare Apple in Italia.
Nel 1985 vola a Cupertino, nel cuore della Silicon Valley, per conoscere Steve Jobs in persona, cofondatore di Apple. Seguendo l’ascesa della tecnologia e le esigenze di mercato, nel 2007 apre il primo Med Store a Macerata, un vero e proprio negozio rivolto agli appassionati dei prodotti Apple e dell’alta tecnologia. Con 17 punti vendita in tutto il centro-nord Italia, 9 point affiliati nel resto della penisola e nuove aperture in programma entro la fine del 2018, il Gruppo Med Store conta uffici anche in Repubblica Ceca, Etiopia e Hong Kong. I suoi negozi sono vere e proprie boutique dell’informatica, dove l’elemento centrale è il cliente. Ogni store è studiato e progettato per garantire la migliore esperienza d’acquisto e il massimo dei servizi post vendita grazie all’assistenza tecnica certificata Apple, la fitta programmazione di eventi formativi gratuiti oltre ai corsi professionali personalizzati. L’attenzione per il singolo cliente si estende anche alle aziende e alle scuole del territorio che necessitano di soluzioni innovative.

business.it ha intervistato Stefano Parcaroli, direttore generale Med Store: racconta del legame con il paese d’origine, dei progetti futuri dell’azienda e della partecipazione al Beach&Love 2018.

Leggi anche: Beach&Love 2018: intervista a Salvatore Russo, direttore creativo dell’evento

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Quali sono le tre parole che definiscono l’azienda?

Territorio. Nel 1984 la famiglia Parcaroli, originaria di Camerino, paese dell’entroterra maceratese, apre il primo negozio in centro a Macerata. Nel 2007 vede la luce il primo Med Store sempre nel capoluogo marchigiano, ancora oggi sede del Gruppo e dello storico punto vendita.
Da sempre legati alla propria terra di origine, il Gruppo Med Store e l’intera famiglia Parcaroli sono da anni Mecenati del Macerata Opera Festival. Con il cuore nella sua terra natale, Camerino, Parcaroli partecipa e organizza diverse iniziative di beneficenza a sostegno di questo meraviglioso paese duramente colpito dai terremoti del 2016. In occasione del Festival del Cinema di Venezia, fa autografare dieci iPad da star del cinema nazionale e internazionale, che verranno poi messi all’asta per raccogliere fondi al fine di realizzare una nuova struttura ludico-ricreativa per i bambini di Camerino, per i quali dona anche una somma che servirà a costruire un parco giochi all’aperto.

Innovazione è una parola che Med Store ha nel proprio DNA dal lontano 1982 fino ad oggi quale più grande catena di negozi Apple Premium Reseller in tutta Italia che, nel 2019, inaugurerà la futuristica sede del Gruppo, simbolo di rigenerazione urbana e di un edificio unico nel suo genere nel panorama architettonico per tecnologia e innovazione.

Qualità è la parola d’ordine che da 36 anni guida il Gruppo in ogni ramo della propria attività, a partire dalla particolare attenzione rivolta a ogni singolo cliente, ai tanti servizi post-vendita, dalla formazione professionale all’assistenza certificata Apple, fino alle aziende e scuole del territorio, che vengono guidate passo passo nel processo di innovazione.

Darebbe tre suggerimenti per chi desidera intraprendere la sua professione? Quali sono i consigli più importanti per fare business nella sua attività?

Talento, passione e freschezza. Circondarsi di persone giovani, di talento e con grande passione per il proprio lavoro. Non concentrarsi soltanto sul presente, è importante essere costantemente proiettati nel futuro, con una grande attenzione per le esigenze e le necessità dei propri clienti oltre alla capacità di saper anticipare i loro bisogni. Senza aver paura di ragionare fuori dagli schemi, con un pizzico di follia.

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Può darci qualche anticipazione sui progetti futuri?

É prevista l’apertura di nuovi store a Pesaro e Forlì entro il 2018.
L’attaccamento alle proprie origini e la voglia di guardare sempre al futuro, spinge la famiglia Parcaroli ad investire nella terra dove è nato il primo Med Store e dove, ad oggi, è presente la sede del Gruppo, Macerata, con un’importante progetto di rigenerazione urbana che porterà nel 2019 all’inaugurazione della nuova futuristica sede Med Store di oltre 5mila metri quadri, con all’interno un’importante auditorium dedicato a conference e congressi, oltre al più grande museo Apple di tutto il centro-nord Italia.
Un album di famiglia capace di farsi architettura.

Oggigiorno siamo sempre collegati online: diventa quindi fondamentale avere momenti di networking offline! Quanto è importante la partecipazione ad eventi come il Beach&Love?

Siamo molto felici di sostenere un evento come quello di Beach & Love, che si sposa perfettamente con la nostra filosofia e che punta alla riqualificazione delle competenze nel mondo del digitale, guardando al futuro per affrontare nuove sfide e sfruttare le opportunità offerte dalle tante innovazioni presenti sul mercato. Una giornata importante che vede protagonista un territorio ricco di esperienza da condividere.

Leggi anche: Beach&Love 2018: dove, quando e come iscriversi all’evento

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Beach&Love 2018: intervista a Gaetano Coppola, CEO di Romaoggetto https://www.business.it/beachandlove-2018-intervista-romaoggetto/ Thu, 12 Jul 2018 07:37:00 +0000 https://www.business.it/?p=29380 Gaetano Coppola ha fondato l’impresa Romaoggetto – Serigrafia e Stampa Digitale insieme a suo fratello Salvatore quando ancora frequentava il liceo. La loro è una storia condita di passione, intraprendenza e costanza, unite alla volontà di innovarsi, sempre. Da Termoli a Civitanova Marche, l’azienda vanta oggi ben 42 anni di attività, ed è ben lieta… Leggi tutto »Beach&Love 2018: intervista a Gaetano Coppola, CEO di Romaoggetto

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Gaetano Coppola ha fondato l’impresa Romaoggetto – Serigrafia e Stampa Digitale insieme a suo fratello Salvatore quando ancora frequentava il liceo. La loro è una storia condita di passione, intraprendenza e costanza, unite alla volontà di innovarsi, sempre. Da Termoli a Civitanova Marche, l’azienda vanta oggi ben 42 anni di attività, ed è ben lieta di condividere il proprio know how partecipando per la prima volta al Beach&Love 2018.

business.it ha intervistato Gaetano Coppola, sostenitore dell’innovazione che sposa la tradizione.

Ci racconti del suo percorso accademico e professionale: come è diventato imprenditore?

Ho trascorso l’ultimo anno di liceo aiutando mio fratello che, insieme ad altri amici, aveva creato una serigrafia professionale. Da passatempo, quel progetto è diventato il mio lavoro a tempo pieno, tanto da impedirmi di terminare l’università intrapresa. Era il periodo e il tempo giusto, il territorio delle basse marche pullulava di microaziende che crescevano di numero, alimentandosi grazie ad artigianato diffuso e a tanta voglia di sperimentare. Da allora sono passati 42 anni, e la nostra azienda gode ancora di ottima salute.

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Quali sono le tre parole che definiscono il suo lavoro?

Direi che le più importanti sono: qualità del progetto, servizio, innovazione. Oggi, secondo la mia esperienza, tutte e tre possiedono la stessa importanza. Se negli anni passati puntare anche solo su un aspetto poteva offrire un notevole contributo all’azienda, oggi i tempi sono cambiati ed esiste la forte necessità di essere competitivi non tralasciando nessun di questi ambiti.

Leggi anche: Beach&Love 2018: intervista a Salvatore Russo, direttore creativo dell’evento

Darebbe qualche suggerimento a chi desidera intraprendere la sua professione? Quali sono i consigli più importanti per fare business nella sua attività?

Il mio consiglio più importante è quello di guardarsi intorno e di non fare quello che fanno gli altri. Questo vale per qualsiasi settore di riferimento: l’originalità è fondamentale, altrimenti si rischia di copiare cose che altri già propongono, facendole peggio. Non bisogna trascurare i processi produttivi, innovativi e promozionali che sono il cuore dell’attività, ma seguire invece la propria vocazione e portare avanti qualcosa di unico.

Può darci qualche anticipazione sui progetti futuri della sua azienda?

Posso dirvi che 40 anni fa ci siamo imposti sul mercato grazie ad un’idea originale e innovativa, nessuno proponeva i servizi che eravamo in grado di offrire ai clienti. Ma non abbiamo mai abbandonato la tradizione. La nostra strada futura prosegue infatti su un percorso che riesce a combinare la parte serigrafica insieme a quella digitale, senza privilegiare l’una a discapito dell’altra. Il connubio tra le due è fondamentale. Inoltre, credo fortemente in investimenti che riguardano nuovi prodotti e nuove tecniche innovative, il futuro sta tutto in startup e innovazione, ma l’applicazione di questi progetti richiede progetti a lungo termine.

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Oggigiorno siamo sempre collegati online: diventa quindi fondamentale avere momenti di networking offline! Quanto è importante la partecipazione ad eventi come il Beach&Love?

Come si inserisce la realtà di Romaoggetto – Serigrafia e Stampa Digitale all’interno dell’evento?

É la prima volta per noi di Romaoggetto, ed è un vero onore. Partecipare ad eventi come il Beach&Love arricchisce la nostra esperienza e regala momenti importanti, che stando chiusi in azienda, non potremmo certo vivere e condividere.

Avremo l’opportunità di incontrare persone, stabilire una rete di contatti, scambiarsi idee che possono rivelarsi illuminanti. Non vediamo l’ora di partecipare!

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Beach&Love 2018: intervista a Manlia Ruffini, style e product manager di Autum per Ferruccio Vecchi https://www.business.it/beachandlove-2018-intervista-ferruccio-vecchi/ Thu, 12 Jul 2018 07:21:33 +0000 https://www.business.it/?p=29426 Manlia Ruffini è style e product manager di Atum srl per Ferruccio Vecchi, azienda fermana che crea e realizza cappelli di alta qualità. Con un sguardo rivolto all’innovazione, l’azienda ha saputo interpretare nel tempo le tendenze della moda, sempre e comunque legata ai richiami della tradizione dei suoi prodotti più esclusivi. Ferruccio Vecchi è Sponsor del… Leggi tutto »Beach&Love 2018: intervista a Manlia Ruffini, style e product manager di Autum per Ferruccio Vecchi

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Manlia Ruffini è style e product manager di Atum srl per Ferruccio Vecchi, azienda fermana che crea e realizza cappelli di alta qualità. Con un sguardo rivolto all’innovazione, l’azienda ha saputo interpretare nel tempo le tendenze della moda, sempre e comunque legata ai richiami della tradizione dei suoi prodotti più esclusivi.
Ferruccio Vecchi è Sponsor del Beach&Love 2018, e Manlia Ruffini racconta a business.it i segreti della sua professione e i vantaggi della partecipazione all’evento.

Ci racconti del suo percorso accademico e professionale

Ho ereditato la passione per i cappelli da mio nonno, anche lui imprenditore del cappello, dal quale ho ereditato anche il nome. Ma è nell’azienda di mio marito che ho mosso i primi passi, perfezionando i miei gusti e dove ho appreso le diverse tecniche di lavorazione manuale. Oggi creo cappelli con un forte valore legato al territorio, fatto di materiali semplici come paglia, raffia e carta tessile, ma anche feltro e filati fantasia in varie mischie.

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Quali sono le tre parole che definiscono il suo lavoro?

Passione, umiltà, sacrificio. Passione perché è quella che fa la differenza, che ti dà la spinta per arrivare all’obiettivo con entusiasmo. La creatività si nutre di passione e l’umiltà serve come modo di porsi e di riconoscere i propri limiti, senza orgoglio o superbia, perché la mente sia sempre aperta ad accogliere e sperimentare nuove sfide, praticamente “non si finisce mai di imparare”.

Infine credo di essere dotata di un grande senso del dovere legato ad una predisposizione al sacrificio per il bene comune, che mi ha sempre aiutato a superare gli ostacoli sia nel lavoro che nella vita privata. Per me  imprescindibili visto che lavoro con mio marito: quindi lavoro e famiglia, in un unico piatto!

Darebbe qualche suggerimento per chi desidera intraprendere la sua professione? Quali sono i consigli più importanti per fare business nella sua attività?

Avere innanzitutto un idea, un progetto ben chiaro, essere in grado di realizzarlo ossia di concretizzarlo, ma senza costi eccessivi. Sapere a chi venderlo e soprattutto attraverso quali canali arrivare al consumatore finale. 

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Può darci qualche anticipazione sui suoi progetti futuri?

I miei progetti sono legati alla mia professione, ossia cercare sempre nuovi stimoli, essere propositivi e offrire un prodotto  “made in Italy” al top. A livello aziendale stiamo attivando la procedura di vendita on line dei nostri prodotti attraverso la pubblicazione del nuovo sito web aziendale.

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Oggigiorno siamo sempre collegati online: diventa quindi fondamentale avere momenti di networking offline! Quanto è importante la partecipazione ad eventi come il Beach&Love?

Abbiamo aderito con piacere al Beach&Love 2018 perché crediamo fermamente che creare una rete di contatti sul territorio sia fondamentale al fine di valorizzare l’esigenza di localizzare sempre più le opportunità.
Un modo per portare imprenditori e professionisti di tutt’Italia ad incontrare le nostre realtà. E soprattutto si tratta di un tipo di incontro produttivo perché è una attività di networking tra persone che si selezionano per l’attenzione alla crescita culturale.

Leggi anche: Beach&Love 2018: dove, quando e come iscriversi all’evento

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Beach&Love 2018: intervista a Salvatore Russo, direttore creativo dell’evento https://www.business.it/beachandlove-2018-intervista-salvatore-russo/ Tue, 10 Jul 2018 07:00:30 +0000 https://www.business.it/?p=29327 É difficile descrivere Salvatore Russo attraverso una sola definizione: imprenditore, brand builder, marketer, growth hacker e tanto altro. Russo è il padre di Seo&Love e Beach&Love, e crede fermamente nel potere della comunicazione, soprattutto di quella capace di dare emozioni. “Ho imparato che la gente si dimentica quello che hai detto, la gente si dimentica quello che hai fatto, ma la gente non potrà mai dimenticare come li… Leggi tutto »Beach&Love 2018: intervista a Salvatore Russo, direttore creativo dell’evento

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É difficile descrivere Salvatore Russo attraverso una sola definizione: imprenditore, brand builder, marketer, growth hacker e tanto altro. Russo è il padre di Seo&Love e Beach&Love, e crede fermamente nel potere della comunicazione, soprattutto di quella capace di dare emozioni.

Ho imparato che la gente si dimentica quello che hai detto, la gente si dimentica quello che hai fatto, ma la gente non potrà mai dimenticare come li hai fatti sentire. Dalla celebre frase di Maya Angelou, il credo di Salvatore che con ironia, un pizzico di spettacolo e competenze trasversali ha saputo creare una vera e propria community dedicata al marketing.

A Business.it, Salvatore Russo parla del prossimo evento di cui è direttore creativo, il Beach&Love, che si terrà giovedì 19 luglio a Civitanova Marche.

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Cos’è il Beach&Love?

Il Beach&Love è un evento con i piedi nella sabbia e la testa nel futuro prossimo del digital e local marketing.

Abbiamo inteso la spiaggia come emblema del digital local marketing italiano. L’idea è rendere la struttura che ci ospita un caso studio da analizzare e da cui trarre riflessioni utili per il proprio business. Anziché raccontare cosa dovresti fare e lasciartelo immaginare, lo mettiamo direttamente in pratica. Attività online per portare clienti offline che poi trasferiranno le loro emozioni online. Così, all’infinito, come il moto perpetuo delle onde del mare.

In questa edizione ci spingiamo oltre la riviera romagnola e approdiamo allo Shada Beach Club Food, una location bellissima in una città meravigliosa, Civitanova Marche che per l’occasione sarà ribattezzata Civitanova Marketing.

Cosa hanno gli eventi &Love più degli altri?

Il progetto &Love ha come obiettivo lo sviluppo momenti di riflessione, networking e confronto offline e fruizione di contenuti informativi online. Collaboriamo con brand e aziende per l’ideazione, gestione e realizzazione di piani editoriali, campagne marketing, eventi, workshop e academy.

Gli eventi &Love hanno format molto differenti tra loro con in comune la forte empatia con il pubblico, location e contenuti che offrono una esperienza coinvolgente. Lo scopo è creare finestre da cui osservare il futuro prossimo del marketing, instaurare connessioni proficue e attivare una riqualificazione continua del pensiero e delle competenze.

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Come ha risposto il pubblico ad un evento che ha saputo unire divertimento e contenuti?

Ovviamente molto bene. La comunicazione è una cosa seria, ma nessuno ci vieta di comunicare con il sorriso. La sfida è trovare il giusto equilibrio tra atmosfera rilassata e argomenti importanti, che necessitano di profonde riflessioni.

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Si tratta della quinta edizione: qual è il bilancio di quelle precedenti? E cosa ti aspetti da quella del 19 luglio?

Il Beach&Love è sempre stato un laboratorio in cui sperimentare format, argomenti, creatività e partnership. Il bilancio è estremamente positivo: grande partecipazione di pubblico e ottimi contenuti. La prossima edizione rappresenta la versione più completa: relatori di altissimo livello, collaborazione con il territorio, location meravigliosa, rappresentazione coinvolgente e tanto networking.

Quali saranno gli argomenti e i punti chiave del Beach&Love 2018?


Le keyword dell’intera giornata saranno comunicazione ed esperienza. Parleremo di Brand Territoriale, Brand Reputation, Content Marketing, Social Media Marketing, Visual Storytelling e SEO per le strutture turistiche.

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Il Beach&Love è un evento più informale rispetto a quelli di settore a cui siamo abituati: vantaggi e svantaggi?

Gli svantaggi sono tutti organizzativi. Partendo dalla location, trovare una struttura capace di accogliere 300 persone nel pieno della stagione, garantire riparo dal sole e pioggia, sistema audio e video all’altezza, pranzo di ottima qualità e gestione dei tempi. Una vera impresa. Il vantaggio è che quando tutte queste problematiche trovano la giusta soluzione riesci ad offrire una esperienza unica. Il Beach&Love è il Beach&Love, non c’è nulla di simile.

 

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Intervista a Digitall srl, partner Beach&Love https://www.business.it/intervista-digitall-beachandlove/ Mon, 09 Jul 2018 09:41:17 +0000 https://www.business.it/?p=29331 Digitall s.r.l. è una realtà industriale che ha sede a Monsano, in provincia di Ancona. L’entroterra marchigiano fa da sfondo all’intraprendenza di due fratelli, Luca e Martino Lombardi, che hanno creato l’azienda con l’obiettivo di individuare le migliori soluzioni visive per una efficace comunicazione di brand. Digitall parteciperà al Beach&Love 2018, che si terrà a… Leggi tutto »Intervista a Digitall srl, partner Beach&Love

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Digitall s.r.l. è una realtà industriale che ha sede a Monsano, in provincia di Ancona. L’entroterra marchigiano fa da sfondo all’intraprendenza di due fratelli, Luca e Martino Lombardi, che hanno creato l’azienda con l’obiettivo di individuare le migliori soluzioni visive per una efficace comunicazione di brand.

Digitall parteciperà al Beach&Love 2018, che si terrà a Civitanova Marche il 19 luglio. Per l’occasione abbiamo intervistato il Ceo e Co-founder Luca Lombardi.

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Com’è diventato imprenditore?

Nel 2003 dopo un’attenta analisi di mercato, e dopo aver constatato che nella zona nessuno si occupasse di stampe digitali in maniera professionale, io e mio fratello Martino abbiamo deciso di aprirne una nostra. Così nasce la Digitall srl, con passione, determinazione e voglia di fare.

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Quali sono le tre parole che definiscono il suo lavoro?

Sviluppo di impresa, marketing e professionalità. Queste sono le tre parole che potrebbero in qualche modo racchiudere quello che svolgo quotidianamente, sempre insieme a mio fratello, nonché socio.

Negli ultimi anni ho approfondito ulteriormente le mie conoscenze studiando marketing per essere ancora più performante, lavorando sempre con professionalità e puntando continuamente per lo sviluppo di impresa.

Darebbe tre suggerimenti per chi desidera intraprendere la sua professione?

Darei senz’altro gli stessi consigli a cui io stesso ho dato seguito e che mi hanno portato fino a qui: formazione, senso di imprenditorialità e cultura professionale.

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Può darci qualche anticipazione sui suoi progetti futuri?

Lavoriamo sempre con lo sguardo rivolto verso il futuro e il nostro punto fermo rimane lo sviluppo dell’azienda. Nello specifico non posso dire altro se non consigliarvi di seguire la Digitall, abbiamo in serbo tante novità!

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Quanto è importante la partecipazione ad eventi come il Beach&Love? E come si inserisce la realtà di Digitall all’interno dell’evento?

Abbiamo risposto subito all’invito del Beach&Love con entusiasmo e curiosità. Allestire eventi per noi è la prassi: abbiamo uno staff competente e creativo, sempre pronto a creare le migliori soluzioni e innovazioni visive, abbattendo i limiti della “vecchia comunicazione”.

Partecipare a un evento come questo, in cui ci saranno momenti di networking offline, è molto positivo: ci darà modo di incontrare e conoscere tanti altri professionisti come noi, scambiare due chiacchiere, e assaporare contemporaneamente il profumo del mare e dell’estate.

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ABA English: la startup di successo che insegna adeguandosi ai cambiamenti tecnologici https://www.business.it/aba-english-la-startup-di-successo-che-insegna-adeguandosi-ai-cambiamenti-tecnologici/ Fri, 29 Jun 2018 10:30:54 +0000 https://www.business.it/?p=29055 ABA English è una delle startup di più successo a livello internazionale, sia nel settore digitale che in quello dell’educazione. Ciò che propone è un percorso per l’apprendimento dell’inglese, sviluppato mediante mezzi innovativi e seguendo tutte le ultime novità tecnologiche. Quest’oggi abbiamo deciso di farci raccontare qualcosa in più, sia sulla startup sia sull’utilizzo del… Leggi tutto »ABA English: la startup di successo che insegna adeguandosi ai cambiamenti tecnologici

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ABA English è una delle startup di più successo a livello internazionale, sia nel settore digitale che in quello dell’educazione. Ciò che propone è un percorso per l’apprendimento dell’inglese, sviluppato mediante mezzi innovativi e seguendo tutte le ultime novità tecnologiche. Quest’oggi abbiamo deciso di farci raccontare qualcosa in più, sia sulla startup sia sull’utilizzo del digitale per azioni più “tradizionali” come l’apprendimento di una lingua, intervistando Marc Vicente, nuovo CEO dell’azienda.

Buongiorno Marc, iniziamo parlando di ABA English: ci racconta in breve cos’è e come funziona la piattaforma?

“ABA English è l’accademia d’inglese online leader nell’Europa del sud e in America Latina. La nostra leadership si basa sul fatto che offriamo un metodo comprovato per imparare l’inglese in modo digitale. Con l’uso di cortometraggi dalla qualità cinematografica che raccontano storie di vita reale, riproduciamo il processo che avviene spontaneamente quando si vive all’estero. I film e i materiali audiovisivi sono l’asse della nostra metodologia che è supportata in ogni momento da un insegnante disponibile a risolvere dubbi e motivare gli studenti a continuare nel processo di apprendimento. ABA English è l’unica accademia online che offre un’attenzione personalizzata da parte di un insegnante.

ABA English offre 6 livelli di apprendimento, da principianti a business, che corrispondono a tutti i livelli del QCER (Quadro Comune Europeo di riferimento per le lingue), dall’ A1 al C1. Il corso può essere svolto da computer o tramite app, disponibile per dispositivi iOS e Andriod. L’app consente allo studente continuità nello studio indipendentemente dal dispositivo utilizzato: è possibile iniziare al mattino da tablet, continuare da smartphone e terminare da PC. Inoltre, offriamo la modalità offline per poter continuare a utilizzare il corso anche senza connessione a Internet. Esiste una versione gratuita che permette di seguire parte del corso senza costi, anche se con contenuti limitati. La versione a pagamento Premium consente di accedere a tutti i contenuti e ai servizi offerti.”

ABA English rappresenta una delle startup più innovative del settore. Qual è stata e qual è attualmente la chiave che ha portato la Vostra impresa al successo?

“ABA English è una startup atipica che ha raggiunto il successo attuale grazie all’efficacia del suo metodo d’insegnamento. Con il nostro corso lo studente impara davvero perché uniamo una tecnologia all’avanguardia alla pedagogia più efficace. Di fatto, il nostro metodo è riconosciuto a livello internazionale così come l’app che è stata premiata come migliore app educativa ai Reimagine Education, i premi noti come gli ‘oscar dell’educazione’. Il nostro solido background ci ha anche permesso di collaborare con istituzioni del calibro di Cambridge English Language Assessment. Con loro abbiamo firmato un accordo che ci ha reso la prima scuola completamente digitale autorizzata a rilasciare le loro certificazioni ufficiali.

Dalla necessità di rimanere all’avanguardia nel settore e di integrare tecnologie di ultima generazione con l’apprendimento dell’inglese, è nato il nostro Language Lab: un laboratorio di ricerca e sviluppo che promuove la creazione di nuove innovazioni nel settore EdTech, formato da professori (linguisti e esperti di tecnologia) di prestigiose università di tutto il mondo. Nell’ambito di questo progetto, ad aprile di quest’anno, abbiamo lanciato insieme al MIT la skill (o app) in versione beta di English Test per il dispositivo Alexa Echo Show di Amazon, che simula, attraverso l’intelligenza artificiale, una “conversazione” in inglese tra insegnante e studente, al termine del quale Alexa comunica il livello d’inglese in base ai livelli del QCER”.

aba english startup inglese

L’educazione e l’insegnamento attraverso le opportunità offerte dal digitale: qual è attualmente la risposta?

“Il settore dell’educazione non è cambiato molto nel tempo, non ha vissuto una rivoluzione, e adesso inizia a trasformarsi grazie alle nuove tecnologie. Ci sono nuove offerte da parte delle università con i MOOC e una moltitudine di proposte per imparare qualsiasi cosa online. Ma anche così, è un settore che deve ancora vivere un profondo stravolgimento, come si capisce quando si guarda alla differenza di qualità nei corsi online. Questo è il motivo per cui ABA si sforza di assicurare un insegnamento di qualità, con il quale si possa imparare davvero e che si adatti ai rapidi cambiamenti tecnologici in modo che l’esperienza degli studenti non ne risenta.

Viviamo in un mondo in continua evoluzione, in gran parte guidato dalla tecnologia. Una società così non smette di istruirsi all’università come succedeva in passato, ma è necessario un apprendimento constante per adattarsi ai cambiamenti e alle esigenze del mondo del lavoro. L’apprendimento digitale è la risposta a questa nuova idiosincrasia socio-economica. L’apprendimento digitale offre molti vantaggi rispetto all’apprendimento presenziale. Prima di tutto, consente l’accesso all’educazione a molte persone, è una democratizzazione della conoscenza. Inoltre, l’insegnamento online è flessibile e si adatta alle esigenze orarie di ogni studente, fattore che influisce direttamente sulla sua efficacia.”

Qual è il target di pubblico a cui si rivolge ABA? Quali Paesi pongono più attenzione all’apprendimento dell’inglese?

“Nel caso di ABA English i nostri studenti imparano l’inglese principalmente per motivi di lavoro, seguiti da motivi personali, una tendenza crescente. Sono divisi egualmente tra uomini e donne, con piccole differenze secondo il paese. Ad esempio, in Italia c’è una leggera predominanza di donne (52%). In generale, lo studente tipo ha tra i 25 e i 45 anni, questo è il gruppo più numeroso, seguito dalla fascia di età over 45. Questo vale per l’Europa, ma meno per l’America Latina, dove lo studente tipo tende a essere un po’ più giovane. Per quanto riguarda le nazionalità, siamo presenti principalmente nell’Europa meridionale e in America Latina. L’Italia è uno dei mercati più importanti per ABA English, con quasi 2,5 milioni d’italiani iscritti al nostro corso. Per le sue dimensioni, il Brasile è il primo mercato, ma l’Italia lo segue e, di fatto, abbiamo più studenti in Italia che in Spagna.”

Quali sono i progetti e quali le strategie per il futuro?

“Cerchiamo di dar potere alle persone offrendo loro l’insegnamento dell’inglese online più efficace. Ecco perché la nostra filosofia è di continuare a migliorare l’esperienza digitale dei nostri studenti, per offrire loro sempre l’eccellenza didattica e tecnologica. Per noi è fondamentale continuare a scommettere sul fattore umano nell’ambiente digitale. Il ruolo dell’insegnante è di massima importanza e sappiamo che l’attenzione personalizzata è uno degli attributi del corso che i nostri studenti più apprezzano. Per questo, stiamo iniziando a offrire lezioni private con insegnanti madrelingua. Questa proposta è stata accolta molto bene in Italia e continueremo a incoraggiare l’interazione insegnante-studente per offrire un corso adeguato alle esigenze degli studenti.

Vogliamo diventare l’accademia digitale d’insegnamento dell’inglese numero uno al mondo, la scelta principale per tutti coloro che vogliono imparare l’inglese e questo ovviamente comporta offrire il nostro corso, la nostra metodologia di apprendimento, in nuovi mercati come Cina o Giappone, dove la domanda di apprendimento dell’inglese è molto alta. Questo è uno dei progetti su cui stiamo lavorando duramente e speriamo che in breve tempo potremo comunicare l’ingresso di ABA English in questi paesi.”

Leggi anche: “Startup Agrifood, My Cooking Box: intervista a Chiara Rota”

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Startup Foodtech Italia, Chiara Rota di My Cooking Box: “Il digitale e la tecnologia come opportunità di crescita per l’agrifood” https://www.business.it/startup-foodtech-italia-chiara-rota-my-cooking-box/ Fri, 15 Jun 2018 14:15:37 +0000 https://www.business.it/?p=28572 Quest’oggi torniamo a parlare di startup del foodtech ovvero quelle imprese innovative italiane che hanno fatto del settore dell’agrifood il loro punto di partenza per un progetto di business altamente innovativo. Una delle realtà di maggior successo in questo ambito è My Cooking Box, startup fondata da Chiara Rota nel 2015 con lo scopo di… Leggi tutto »Startup Foodtech Italia, Chiara Rota di My Cooking Box: “Il digitale e la tecnologia come opportunità di crescita per l’agrifood”

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Quest’oggi torniamo a parlare di startup del foodtech ovvero quelle imprese innovative italiane che hanno fatto del settore dell’agrifood il loro punto di partenza per un progetto di business altamente innovativo. Una delle realtà di maggior successo in questo ambito è My Cooking Box, startup fondata da Chiara Rota nel 2015 con lo scopo di permettere anche a persone straniere amanti della buona tavola di ricreare ricette italiane a regola d’arte. Ciò che offre la startup, infatti, sono delle box a tema culinario, al cui interno è presente tutto il necessario per ricreare la ricetta di un celebre chef italiano… Per conoscere meglio My Cooking Box ma anche il mondo del foodtech, però, abbiamo intervistato Chiara Rota…

Chiara Rota: il successo dei “meal kit” per riprodurre piatti da chef

Buongiorno Chiara. Raccontaci dell’idea che ha portato alla nascita di My Cooking Box

“L’idea è nata anni fa quando, in ambito lavorativo, incontravo spesso rappresentati stranieri con cui capitava di pranzare. In quel contesto, mi sono resa conto che il piatto italiano era in assoluto quello più desiderato: non era raro che, una volta tornati a casa, mi chiamassero per chiedere la ricetta del piatto che avevano assaggiato. Una volta che avevano la ricetta in lingua, però, il vero problema era reperire il giusto ingrediente: da qui l’idea di preparare dei kit che contenessero tutti gli ingredienti italiani e la relativa ricetta. Inizialmente, un po’ per passione e un po’ per assecondare le ricette, mi sono trovata a preparare questi sacchetti ma, in poco tempo, ho capito che dietro questa cosa poteva esserci un business”.

Chiara Rota, fondatrice della startup MyCooking Box, ci racconta quindi come abbia subito presentato il progetto alla sua Camera di Commercio che, capito il potenziale, l’ha accompagnata verso i tavoli tematici di Expo. Il business plan ha iniziato quindi a prendere forma sino ad arrivare in SpeedMeUp, l’incubatore dell’Università Bocconi: lì, oltre ad un periodo di formazione, la startupper ha avuto modo di creare il primo team ma anche di occuparsi della logistica e del creare le prime ricette per le box. Nel 2017, dopo un 2016 di test e feedback, c’è stato il primo ed effettivo anno di commercializzazione con un riscontro molto positivo.

startup foodtech italiane my cooking box

Ad oggi dove troviamo le box? Possono essere acquistate solo online o anche in negozi fisici?

“Le My Cooking Box sono nate principalmente per il canale B2B quindi le box possono essere acquistate presso store Mondadori, enoteche, gastronomie, aeroporti. L’online è arrivato solo a metà dell’anno scorso, soprattutto grazie ad Amazon che, dopo aver apprezzato il nostro prodotto, ci ha creato la categoria “Divento uno chef” all’interno della vetrina Made in Italy Gourmet: siamo quindi all’interno di cinque marketplace europei e, nel mentre, abbiamo anche creato il nostro e-commerce”.

A questo punto non rimane che scoprire il segreto del successo di My Cooking Box…

“Il segreto è sicuramente quello di aver creato un format unico che permette a chiunque di cucinare italiano ma non solo: il nostro prodotto “a lunga conservazione” ci permette di spedire i prodotti in tutto il mondo senza alcun problema logistico”.

Il mercato di My Cooking Box: avete molti clienti che acquistano da Paesi esteri?

“In un anno abbiamo consegnato le box in più di 22 nazioni: l’export non rappresenta ancora una percentuale altissima ma, nei poco più dei quattro mesi durante i quali abbiamo iniziato questo approccio, siamo arrivati al 15% del fatturato. I principali Paesi che acquistano le box sono Canada, Hong Kong ma anche l’Europa. Anche i tassi di riordino sono molto alti: sull’online la percentuale si aggira intorno al 19% mentre sulla parte B2B è circa al 29%”.

Avete aperto di recente il crowdfunding su Mamacrowd: come procede e cosa andrà a finanziare questa iniziativa?

“Il progetto sta andando benissimo. Nelle sole prime due settimane abbiamo raggiunto i 340mila euro. L’obiettivo è quello di potenziare l’internazionalizzazione, andando anche a selezionare una figura commerciale interna. Abbiamo anche un progetto retail, di cui è partner la società Enrst&Young, dell’apertura di un primo store a Milano al cui interno vi saranno tre concept: quello della vendita e dello storytellig delle box, la parte di assaggio e degustazione ed infine quello dedicato al marketing (show cooking, corsi, eventi, ecc…). L’obiettivo è quello di fare il primo progetto in Italia ma, in breve tempo, esportarlo all’estero partendo da Monaco per poi approdare a Francoforte e Londra. Infine, ma non per importanza, l’obiettivo di aprire negozi in franchising grazie al supporto dei nostri distributori che si sono rivelati interessati al progetto”.

Il foodtech in Italia

Il foodtech in Italia: a che punto siamo? Questo settore può rappresentare una delle chiavi per la ripresa del nostro Paese?

“Sono stata da poco a parlare ai Tavoli Giovani a Milano ed è uscito proprio il tema del foodtech. Il mio pensiero, anche alla luce di quanto affermato dai rappresentanti di aziende agricole e realtà dell’agrifood, è che le startup che legano il food al digitale e alla tecnologia portano sicuramente ad una ripresa dell’agricoltura o di tutto quel settore legato alla trasformazione della materia prima. D’altro canto, però, c’è tutto un mondo legato all’agricoltura che è rimasto indietro: il foodtech può essere una leva e un volano solo se gli agricoltori stessi iniziano a vedere la tecnologia e il digitale come un’opportunità”.

In conclusione dell’intervista, Chiara Rota di My Cooking Box ha fatto notare come, spesso, gli agricoltori vedano nel digitale e nella tecnologia qualcosa di troppo distante dalle proprie realtà. “Il digital e la globalizzazione danno infatti accesso a canali di vendita ancora poco esplorati ma dalle mille potenzialità. Noi stessi andiamo nelle diverse aziende per selezionare i prodotti, facendo storia e sponsorizzando le aziende stesse sul blog e attraverso le nostre box: se però le realtà non creano nemmeno un proprio sito web si va a perdere tutto il potere che deriva dalla sinergia tra digitale e settore agricolo”.

Leggi anche: “Il FoodTech in Italia: gli startupper innovativi dell’agrifood”

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Come sarà la Seo nel futuro? Parla Leonardo Saroni di Booking.com https://www.business.it/seo-futuro-affiliate-marketing-leonardo-saroni-booking-com/ Thu, 14 Jun 2018 08:30:09 +0000 https://www.business.it/?p=28501 Leonardo Saroni è partito dalla Toscana spinto da una forte passione per il Digital Marketing. Dopo due università, un master e numerose esperienze accademiche e professionale, svolge oggi il ruolo di Senior Product Owner presso la sede centrale di booking.com ad Amsterdam. Crede nell’innovazione tecnologica, ma soprattutto nella condivisione del know-how e dà un consiglio… Leggi tutto »Come sarà la Seo nel futuro? Parla Leonardo Saroni di Booking.com

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Leonardo Saroni è partito dalla Toscana spinto da una forte passione per il Digital Marketing. Dopo due università, un master e numerose esperienze accademiche e professionale, svolge oggi il ruolo di Senior Product Owner presso la sede centrale di booking.com ad Amsterdam. Crede nell’innovazione tecnologica, ma soprattutto nella condivisione del know-how e dà un consiglio ai giovani: “Seguite la vostra strada finché siete in tempo, non avete niente da perdere”.

  1. Ci racconti del suo percorso accademico e professionale. Ne è soddisfatto? O c’è qualcosa che cambierebbe?

Provengo da una famiglia dove mio padre era direttore d’albergo e mia madre una insegnante di inglese. Ho quindi sempre respirato un’aria poliglotta, che mi ha permesso di ricevere quell’impronta determinante per la mia futura vita accademica e professionale.
Dapprima ho frequentato l’istituto tecnico turistico di Viareggio. Dopo il diploma, mi sono prima laureato alla triennale in Economia Aziendale presso l’Università di Pisa, poi ho conseguito la laurea Specialistica alla Bocconi di Milano in Management, un corso completamente sviluppato in inglese. Mentre la prima è stata un’università più teorica, è la seconda, privata, che mi ha offerto le basi pratiche attraverso stage, laboratori di gruppo e formazione fuori dall’aula. Insomma, una vera e propria Business School, che mi ha permesso di mettere in pratica il mio know how ed imparare direttamente sul campo. In realtà, già lavoravo all’epoca: mi occupavo di distribuzione all’estero per la vendita di prodotti per un’azienda di belle arti. É stata un’esperienza senza dubbio formativa, dove potevo parlare e perfezionare il mio inglese, ma la passione mi ha portato verso il mondo del Marketing. Ho sviluppato infatti la mia tesi sull’Affiliate Marketing quando nessuno sapeva ancora bene di cosa trattasse, tant’è che il mio lavoro ha rappresentato e rappresenta tuttora uno dei pochi materiali accademici sull’argomento. Dopo la Specialistica e il conseguimento di un Master in Innovation Management, ho svolto uno stage come investment banker a New York, dopodiché ho lavorato un anno in Piaggio.

Ma la passione per i motori di ricerca e per un sito come Booking, che conosco fin dalla sua nascita, mi ha permesso di trasformare la mia passione in opportunità lavorativa. Ho creato la mia startup nel 2001, un sito di turismo che all’inizio non godeva di eccezionali risultati: perché?

Allora gli albergatori non avevano un sito che presentava la loro struttura, così compravano visibilità con le “inserzioni”. Ma le rete, la conoscenza della SEO e il pay per click mi hanno dato modo di approfondire un intero settore, a me sconosciuto. Mi sono appassionato, e da semplice partner di booking sono diventato un esperto di affiliazioni. Curiosare nel mondo digital mi ha spalancato le porte della conoscenza sul marketing digitale.

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2) Com’è arrivato a Booking.com, fino a ricoprire il ruolo di Senior Product owner?

É stato un percorso lungo anni. Dapprima lo sviluppo della mia tesi in Affiliate Marketing nel settore “travel” mi ha dato la possibilità di approfondire la mia conoscenza su booking.com, del quale ero già partner grazie alla mia startup. Così, dopo l’esperienza in Piaggio, sono partito alla volta di Roma, per occuparmi di affiliate e partnership per il mercato italiano di Booking. Un ruolo più commerciale rispetto quello che ricopro adesso, ma che mi ha dato l’opportunità di esplorare anche il mondo delle app e quello dei social, in costante crescita ed espansione, provando quali strategie funzionavano e quali no, per esportare successivamente  i modelli vincenti in tutti i paesi.

Nel 2011 ho quindi avuto la possibilità di recarmi nella sede centrale di Amsterdam per ricoprire il ruolo di Area Manager Distribution, e poi quello di Business Development Manager Distribution.

Booking.com ha investito nel traffico fin dalla sua nascita. Lo scopo, nel momento in cui Booking continuava ad espandersi mentre Google, seppur crescendo, non era un canale altrettanto interessato da una crescita esponenziale, era quello di trovare dei canali alternativi più adeguati. L’anno successivo mi sono quindi occupato del team SEO a livello globale, ricoprendo il ruolo di SEO e Social Media Product Owner. Da un primo ruolo, di natura più commerciale, sono passato negli anni a specializzarmi in mansioni progettuali, fino al ruolo strategico di cui sono oggi il responsabile.

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3) Qual è il valore di mercato dell’online booking attualmente? E cosa ci riserva il futuro del booking in piena rivoluzione digitale?

Esistono due grandi trend, che a mio parere, interesseranno la crescita e l’evoluzione del settore: quello tecnologico e quello dei servizi offerti dalle OTA (Online Travel Agencies). Il boom delle prenotazione online è ciò che è avvenuto negli anni 2000, rivoluzionando l’intero settore. Se prima infatti si prenotava una camera chiamando direttamente la struttura, adesso basta un click. Di conseguenza, la prima ondata ha coinvolto l’online booking, mentre la seconda, avvenuta intorno agli anni 2010 – 2012, ha interessato le OTA. Il consolidamento di queste agenzie e la leadership  nel contesto sarà vinta da chi per primo sarà in grado di sbaragliare la concorrenza in ambito tecnologico e da chi, allo stesso tempo, offrirà esperienze originali. Ormai prenotare un volo o una stanza è diventato qualcosa di consueto, il prossimo passo riguarderà prenotare cosa si fa una volta giunti a destinazione. Descrivere quindi l’esperienza offerta, raccontare cosa si può fare in vacanza rappresenterà la prossima svolta del marketing digitale.

4) La vita fuori dall’Italia: si trova bene in Olanda? É un’esperienza che consiglierebbe?

Non si è mai del tutto pronti per una vita fuori dall’Italia, lontano da casa. Io per primo credo di essermene andato tardi perché vivevo in luogo meraviglioso: la Versilia offre tutto, dal mare alla montagna, fino alla vicinanza con le più suggestive città d’arte toscane. Probabilmente se fossi vissuto in un’altra realtà come la pianura padana sarei stato colto prima dalla frenesia di muovermi e vivere in posti diversi. Il mio percorso è stato lento e graduale. Ho studiato a Copenaghen, ho svolto una stage a New York, ma già prima la mia mente era rivolta all’estero, occupandomi di distribuzione fuori dall’Italia. Quando poi mi sono trasferito in Olanda, più precisamente ad Amsterdam, ho avuto modo di apprezzare questo popolo, molto diverso da noi. Gli olandesi sono pratici e concreti. Per loro non esiste restare a lavoro fino alle 10 di sera, come ad esempio accade a Milano, perché significa che non non ci si riesce ad organizzare bene. Qui c’è la mentalità opposta, contano i risultati, non chi si fa vedere o chi fa il furbo. Anche per i neogenitori esistono delle convenzioni importanti come un giorno a testa, alla settimana, in cui si può stare col figlio. Di conseguenza, se i genitori si alternano, il piccolo frequenta il nido solo 3 giorni a settimana.

La qualità della vita è alta, non posso dire lo stesso del nostro paese.

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5) Quali consigli si sente di dare ai giovani che vorrebbero intraprendere una carriera come la sua?

Il mio consiglio più importante sembrerà quello più scontato e banale: seguire la propria passione paga sempre. Quando ho conseguito la Specialistica in Bocconi, tutti i miei colleghi studenti facevano a gara per accaparrarsi un posto come consulente strategico o investment banker.

Io ci ho provato, ma ero più interessato al mondo SEO ed è quello che mi ha portato a conquistare esperienza e conoscenza, fino ad arrivare al ruolo che ricopro oggi in booking.com.

Un secondo consiglio altrettanto importante che mi sento di offrire ai giovani è proprio quello di sperimentare, di buttarsi nel settore di cui si è più attratti appena laureati. Da neolaureati non si ha niente da perdere. Oggi, a 36 anni, avrei molto difficoltà a cambiare ambito e mestiere, perché sono effettivamente entrato in una zona di comfort dalla quale mi costa molto uscire. Appena si è laureati bisogna invece cambiare, fare esperienza, e comprendere pian piano qual è il posto giusto, quello più adatto. Io ci ho provato, e l’ho fatto anni fa investendo in un sito che poi non si posizionava per via del traffico! Perchè? Mi sono chiesto. E da lì è partita la mia avventura.

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6) Cosa pensa delle opportunità professionali oggi, in Italia, a confronto con quelle estere?

Nel mio settore, il marketing digitale, ci sono sicuramente più corsi di formazione oggi di quanti ce ne fossero quando ho iniziato io. Ma questo significa anche maggior concorrenza, che non deve necessariamente spaventare, anzi spingere ad essere più competenti e innovativi possibile. L’Italia offre un panorama professionale che soprattuto nel digitale pecca ancora di scarsità di investimenti, soprattutto statali.  Sono troppo pochi gli incubatori che supportano l’innovazione imprenditoriale e i fondi e gli incentivi messi a disposizione dallo stato, mentre bisognerebbe puntare sul digitale, la vera economia del millennio. Investire sul know how, sui talenti: questo aiuterebbe il nostro paese a mettersi in linea con il resto d’Europa.

7) Booking.com è nata come una startup, mentre adesso è una delle più grandi aziende di e-commerce del mondo: dal suo punto di vista, quali sono le startup che nel prossimo futuro saranno capaci di imporsi sulla scena internazionale?

Non sapevo che Booking sarebbe diventato quello che è attualmente, ovvero una società quotata in borsa dal valore di oltre 100 miliardi di dollari. Lo scenario che vedo intorno a me segue fondamentalmente 2 trend: il primo andrà a svilupparsi all’interno dell’ambito “travel”, nel quale emergeranno startup capaci di imporsi su mercati di nicchia come coloro che proporranno prenotazioni di spostamenti dall’aeroporto all’albergo, o quelli che saranno in grado di offrire esperienze alternative durante il soggiorno. Il secondo trend riguarderà invece l’espansione di realtà in ambito fintech, e tutte le venture capital che saranno capaci di offrire competenze ed esperienza oltre al mero investimento. Non basta il denaro per finanziare un buon progetto, ci vuole la capacità di condividere la conoscenza.

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8) L’intelligenza artificiale: strumento o condanna nel mondo del lavoro?

Mi esprimo in maniera positiva riguardo l’intelligenza artificiale, il timore e la paura derivano probabilmente da un uso distorto che ne può derivare. In realtà sono anni che l’A.I. viene impiegata nel mondo digitale, come in altri ambiti: pensiamo ad Amazon e al machine learning che viene utilizzato da tempo ormai. I Big Data hanno un potenziale incredibile. Che senso avrebbe mandare la stessa email a milioni e milioni di utenti? La personalizzazione per la finale soddisfazione dell’utente sta alla base di un processo senza dubbio positivo, che migliora l’esperienza. Vedo quindi l’intelligenza artificiale come uno strumento di supporto, più che una condanna nel mondo del lavoro. Se utilizzata in modo opportuno può dare il via ad una grande rivoluzione, come in parte ha già iniziato a fare.

Grazie Leonardo. Vuole aggiungere qualcosa?

Sì, nel mio tempo libero mi occupo di investimenti e consulenza per altri progetti imprenditoriali, sempre nel digitale, oltre alla formazione. Mi piace condividere quello che so e che ho imparato negli anni, per questo tengo corsi anche in Italia, come quello al Sole24ore, e sono speaker a diversi eventi internazionali. Tra i prossimi eventi potrete trovarmi al Web Marketing Festival, al Baltic Digital Days e al Marketing Business Summit.

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Intelligenza Artificiale, iGenius: il fondatore, "L'Italia, un ecosistema ideale" [Intervista] https://www.business.it/intelligenza-artificiale-igenius-fondatore-litalia-un-ecosistema-ideale-intervista/ Fri, 18 May 2018 14:00:58 +0000 https://www.business.it/?p=25387 In tema di Intelligenza Artificiale e Machine Learning, abbiamo deciso di intervistare Uljan Sharka, CEO e fondatore di iGenius. Classe 1992, Sharka è a capo di una delle realtà più innovative nonché di successo all’interno del panorama imprenditoriale italiano. La startup si presenta come un’Artificial Intelligence Company italiana che sviluppa soluzioni software per semplificare la relazione… Leggi tutto »Intelligenza Artificiale, iGenius: il fondatore, "L'Italia, un ecosistema ideale" [Intervista]

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In tema di Intelligenza Artificiale e Machine Learning, abbiamo deciso di intervistare Uljan Sharka, CEO e fondatore di iGenius. Classe 1992, Sharka è a capo di una delle realtà più innovative nonché di successo all’interno del panorama imprenditoriale italiano. La startup si presenta come un’Artificial Intelligence Company italiana che sviluppa soluzioni software per semplificare la relazione fra persone e dati.
Di recente, iGenius ha chiuso un ultimo aumento di capitale che porta ad un totale di 7 milioni di dollari i fondi provenienti da business angel italiani per investimenti in R&S finalizzati a sviluppare tecnologie proprietarie e a far crescere la giovane azienda.

L’Intelligenza Artificiale in Italia

Prima di scoprire cosa ci ha raccontato il fondatore di iGenius, facciamo una breve panoramica sul settore dell’AI in Italia. Stando ai dati raccolti dall’Osservatorio Artifical Intelligence del Politecnico di Milano, il settore dell’Intelligenza Artificiale riscuote molto interesse nel nostro Paese nonostante siano ancora relativamente poche le aziende pronte a sperimentare.
intelligenza artificiale igenius“L’Artificial Intelligence potenzialmente non conosce confini applicativi e inciderà progressivamente sul tessuto economico e sociale di ogni paese. La velocità di diffusione nei diversi ambiti non sarà omogenea, ma dipenderà da fattori tecnologici e di conoscenza. Le imprese italiane stanno ponendo a questo tema grande attenzione per non perdere occasioni di miglioramento della competitività” – hanno affermato Nicola Gatti, Giovanni Miragliotta e Alessandro Piva, Direttori dell’Osservatorio Artificial Intelligence. “Per coglierne a pieno i potenziali benefici, però, devono innanzitutto conoscere a fondo l’offerta di soluzioni disponibili e poi intervenire sui processi organizzativi e sul rafforzamento delle competenze, perché le persone siano effettivamente in grado di valorizzare le abilità delle macchine” – hanno concluso.

iGenius: intervista al fondatore

Lasciamo a questo punto la parola a Uljan Sharka, fondatore di iGenius, che ci ha raccontato la nascita e lo sviluppo della sua startup ma soprattutto di come l’Italia sia per l’azienda un terreno molto fertile per la crescita e lo sviluppo.
Buongiorno Uljian. Raccontaci di iGenius: cos’è e com’è nata?
“iGenius è un’Artificial Intelligence Company che ricerca e sviluppa soluzioni software con l’obiettivo di semplificare la relazione fra persone e dati. Con un team di oltre 50 persone e 4 sedi in Italia , USA, Regno Unito e Svizzera, ha creato crystal, il primo advisor virtuale di data intelligence in collaborazione con Facebook, Google e Twitter. Nata nel 2015 iGenius ha iniziato a operare nel gennaio 2016 con un primo round di finanziamento da 1,5 milioni di dollari, al quale si è aggiunto nel 2017 quello da 3,5 milioni e nel 2018 quello da 2 milioni – il capitale era legato a risultati molto specifici, già raggiunti con molto successo. In meno di un anno iGenius è stata selezionata come top startup a livello internazionale da Facebook, Google, Web Summit, Startup Grind e TechCrunch. Inoltre è stata tra le prime otto startup nell’ambito dell’intelligenza artificiale al Websummit di Lisbona.”
Cosa offre iGenius? 
“Si chiama crystal ed è il primo advisor virtuale per le aziende, disponibile direttamente online in una versione di base gratuita e una Premium per chiunque si occupi di marketing digitale. Ci sono poi versioni personalizzate con le integrazioni per le grandi organizzazioni. Noi oggi lavoriamo su due strade: tecnologia proprietaria e applicazione della tecnologia ai prodotti. crystal è il primo advisor virtuale di data intelligence in collaborazione con Facebook, Google e Twitter: è personalizzabile con qualsiasi fonte di dati, ad esempio Marketing, CRM, Sales e IOT, per analizzare, interpretare e rendere disponibili questi ultimi tramite linguaggio naturale, come avverrebbe in una conversazione con un collega, semplificando al massimo la fruibilità di informazioni aggregate di un struttura complessa, riducendo i tempi di accessibilità dei dati a pochi secondi.Tra i clienti ci sono oltre 20.000 brand in 20 paesi – in particolare nei settori Media and Advertising, Healthcare, Energy, Sport, Finance e ICT. Nei prossimi mesi rilasceremo altri prodotti per altri settori sia trasversali come, dati di vendita, crm, sia specifici come health care e naturalmente siamo già in più lingue: inglese, italiano, spagnolo, francese, tedesco, portoghese e presto anche cinese.”

L’Italia e il settore dell’Intelligenza Artificiale: com’è la risposta delle aziende e del mercato?
“Per noi l’Italia si è rivelato un ecosistema ideale, soprattutto per il capitale umano: la qualità del lavoro è talmente elevata che ci ha permesso di attrarre numerosi talenti anche dall’estero. Ogni membro del nostro team è un imprenditore grazie a un programma di Stock On Milestone che si eroga in modo proporzionale alla crescita della società, valorizzando l’eccellenza. Sembra paradossale ma, anche se non crediamo che ci siano più confini nel settore digitale, l’Italia si è rivelato un paese ideale dal punto di vista fiscale, di talenti e qualità di vita per fare impresa.”

iGenius ha appena ricevuto un importante finanziamento: quali sono i progetti per il futuro?
“Una buona cultura aziendale è fondamentale per iGenius. Sviluppiamo tutto internamente e abbiamo 13 team dedicati a ciascun aspetto della nostra tecnologia. I fondi serviranno per investimenti in R&S finalizzati a sviluppare tecnologie proprietarie, far crescere il team, strutturare la startup e ampliare il perimento di business.”
Leggi anche: “Friendz App, dall’app al mondo delle criptovalute: intervista ai fondatori”

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Friendz app: come funziona e com’è nata la startup che trasforma tutti in ambassador https://www.business.it/friendz-app-come-funziona/ Thu, 26 Apr 2018 08:30:19 +0000 https://www.business.it/?p=22290 Vi abbiamo già parlato di Friendz e della sua ICO da poco lanciata. Ma come e da chi è nata l’idea alla base della startup Friendz? Abbiamo intervistato i suoi fondatori per conoscerla meglio e per scoprire i segreti dietro ad un business model di successo. A risponderci è Melissa Tarenzi, Account Manager di Friendz,… Leggi tutto »Friendz app: come funziona e com’è nata la startup che trasforma tutti in ambassador

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Vi abbiamo già parlato di Friendz e della sua ICO da poco lanciata. Ma come e da chi è nata l’idea alla base della startup Friendz? Abbiamo intervistato i suoi fondatori per conoscerla meglio e per scoprire i segreti dietro ad un business model di successo. A risponderci è Melissa Tarenzi, Account Manager di Friendz, che ci racconta come da una fetta di torta della nonna è nata in Cecilia, Alessandro e Daniele l’idea di dare vita ad un’applicazione mobile che permettesse alle aziende di comunicare in modo “social” con i propri utenti.

Permettere alle persone comuni di diventare ambassador per i propri marchi preferiti: come nasce Friendz e chi sono i fondatori?

“Friendz è nata tra un caffè e una fetta di torta nell’appartamento di Nonna Imelda nella primavera del 2015, in un paesino in provincia di Varese. Lì Alessandro, il suo storico compagno di liceo Daniele e una ragazza di nome Cecilia hanno ideato un’applicazione con l’intento di rivoluzionare il modo di comunicare delle aziende sui social. La startup è nata con la volontà di creare qualcosa di nuovo e di rispondere alle esigenze di un mercato, quello della pubblicità online, sempre più saturo e poco innovativo. L’intuizione è semplice: i banner pubblicitari online sono sempre più fastidiosi e meno utili, mentre milioni di persone ogni giorno postano sui social network fotografie che involontariamente raccontano le aziende in modo creativo e coinvolgente. All’inizio i co-fondatori hanno partecipato a competizioni di start up, ottenendo così le prime
attenzioni mediatiche e i primi successi. Grazie a questi sforzi hanno vinto il Web Marketing Festival 2015, dove davanti a più di 2500 marketer e una giuria di potenziali investitori hanno portato a casa due primi premi per un totale di 20mila euro. La vittoria ha attirato altri investitori, tra cui quello che ad agosto ha finanziato la nostra idea con i primi 60mila euro, permettendo lo sviluppo e il miglioramento dell’applicazione”

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Il team insieme ai fondatori

Una breve panoramica sull’app: come funziona il sistema proposto?

“Le persone visualizzano le diverse campagne fun (senza scopo advertising) e brand (commissionate dai nostri clienti) all’interno dell’app (linee guida e regole da rispettare per lo scatto
della foto e del copy). Nel caso di campagne brand, sono visualizzate solo dagli utenti in target e con un certo “training” alle spalle, fatto proprio attraverso le campagne fun. Gli utenti scattano la foto, la pubblicano attraverso la nostra app e se viene validata positivamente dai nostri approvatori, allora la foto viene pubblicata automaticamente sui profili Facebook o Instagram degli utenti. Una foto infatti viene approvata solo se rispetta le linee guida che sono concordate preventivamente con il cliente. Abbiamo uno staff di 120 approvatori che valida ogni contenuto al
la meglio dei 10. Questo è fondamentale perché ci permette di garantire la brand safety”.

A quali mercati si rivolge Friendz?

“Abbiamo lavorato con più di 200 aziende, per la maggior parte multinazionali, di cui però non possiamo citare il nome. Le grandi aziende ci hanno contattato personalmente o tramite centri media, mentre i clienti più piccoli spesso sono contattati direttamente da noi tramite i nostri sales oppure ci contattano a loro volta tramite la nostra piattaforma online. La spesa media di un’azienda può variare molto in base a quelli che sono i loro obiettivi. Solitamente una nostra campagna base si attesta su un budget di circa 20mila euro”.

È stata di recente lanciata un’ICO: com’è andata? Qual è stato lo scopo principale?

“Il 21 marzo si è conclusa la nostra ICO (Initial Coin Offering), così viene chiamata nel mondo delle criptovalute la fase iniziale di crowdfunding di progetti legati al mondo della blockchain che inseriscono un token o coin per abilitarne il funzionamento. In meno di 48 ore, abbiamo registrato più di 13mila contribuenti corrispondenti a 350 milioni di Friendz Coin (la loro sigla è FDZ). Il ricavato dell’ICO verrà interamente utilizzato per scalare e ampliare il business a livello globale. Friendz non potrà più essere definita startup, bensì vera e propria azienda che si impegnerà a
raggiungere nel più breve periodo possibile diversi paesi esteri. Il team sarà ampliato per permettere un esponenziale sviluppo del prodotto ed un miglioramento continuo dei servizi offerti”.
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dareste un breve commento sul mondo delle criptovalute?

“Il mondo della criptovalute è veramente interessante, soprattutto per i giovani imprenditori che, come noi, sono alla ricerca di un modo per far crescere in maniera esponenzialmente più veloce la loro realtà aziendale. A differenza della maggior parte delle altre ICO, quella di Friendz arrivava a support di un business già esistente e profittevole, gestito da un team di 35 giovanissimi con uffici in Italia, Spagna e Svizzera. Forse questo, fra gli altri, è uno dei maggiori motivi del successo ottenuto dalla ICO di Friendz”.

Progetti per il futuro?

“Abbiamo grandi progetti: conquistare il mondo! L’idea è quella di partire dai mercati europei più rilevanti per poi raggiungere, entro il 2020 tutti quei Paesi extraeuropei che stanno investendo sempre più attivamente nel settore del Digital Marketing. Ovviamente il tutto avrà il suo punto di partenza dall’ampliamento della community in modo da poter deliverare tutti i nuovi servizi che proporremo. Non solo digital advertising quindi, ma anche una grande varietà di nuovi prodotti grazie a tutte le implementazioni tecnologiche che si renderanno necessarie”.

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Digital Agency, strategie e servizi di Keyformat spiegati dal Managing Director Viviana Bottalico https://www.business.it/digital-agency-web-marketing-managing-director-keyformat/ Tue, 24 Apr 2018 07:30:49 +0000 https://www.business.it/?p=23621 Viviana Bottalico ha un carattere determinato. È ben consapevole di ciò che può offrire ai suoi clienti per questo non ha paura di trasmettere quell’entusiasmo che serve per gestire e ampliare le esigenze di un’azienda, spianando la strada verso il successo. Dopo diversi anni nel settore del marketing, della produzione e dell’organizzazione, oggi Viviana è… Leggi tutto »Digital Agency, strategie e servizi di Keyformat spiegati dal Managing Director Viviana Bottalico

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Viviana Bottalico ha un carattere determinato. È ben consapevole di ciò che può offrire ai suoi clienti per questo non ha paura di trasmettere quell’entusiasmo che serve per gestire e ampliare le esigenze di un’azienda, spianando la strada verso il successo.

Dopo diversi anni nel settore del marketing, della produzione e dell’organizzazione, oggi Viviana è Managing Director presso Keyformat S.R.L.

Parlaci della tua carriera professionale: come sei arrivata a ricoprire il ruolo al vertice in Keyformat?

Ho diversi anni di esperienza in questo settore e in particolare nella coordinazione di clienti di grosse dimensioni. Ritengo di possedere il carattere giusto per cogliere le esigenze delle aziende e trasformarle in risultati.

In questi anni di strada ne ho fatta parecchia, sono sempre partita dal presupposto però che  “la scuola migliore è quella sul campo, imparando day by day, poiché sperimentando e talvolta sbagliando, s’impara”. Ma il primo step è la formazione, quella non può mancare.

La creatività, l’attitudine e le idee, spesso guidate dall’emozione e non dalla razionalità, sono quelle capaci di rimanere nel tempo e di fare ancora la differenza.

Infatti ai miei clienti voglio trasmettere emozioni, idee, obiettivi ed entusiasmo: voglio spronarli tanto quanto faccio con le persone che lavorano con me.

Quando ami il tuo lavoro è tutto più semplice!

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Keyformat si occupa di ADV, SEO e SOCIAL MEDIA. Cos’è che la differenzia dalle altre startup?

In realtà ho ereditato una società fondata nel 2014 con solo DNA SEO e web Analitycs, non posso considerarla una vera e propria start-up, ma ora sto cercando di stravolgere l’agenzia, portando freschezza, dinamicità, allargando il mio team e puntando particolarmente alla parte social che è uno dei fiori all’occhiello di Keyformat.

Il Business Model è quello di voler essere un’agenzia Data Driven Strategy, ecco la vera differenza.

Vogliamo proporre percorsi comunicativi, che hanno dimostrato di funzionare, per raggiungere gli obiettivi. Il business model di Keyformat si racchiude in tre macro aree: Intelligence&Strategy, Performance e Communication.

Credo che siamo in grado di definire strategie di Social Media Marketing su misura per aziende di ogni settore, mediante campagne mirate di social media advertising o classiche attività di community management.

Lavorare in un settore prettamente maschile come quello tecnologico: hai avuto problemi durante il tuo percorso lavorativo? Ti sei mai sentita discriminata?

É una realtà che questo settore sia percentualmente composto in maggioranza da uomini. Il nostro non è un contesto semplice per le giovani donne: spesso far arrivare anche solo le proprie idee non è complicato, ma non ne farei un discorso di maschilismo anche perchè a memoria, le lotte lavorative piu’ dure le ho combattute con donne.

Quindi alla domanda “Ti sei mai sentita discriminata”, rispondo sì: lo affermo oggi con un sorriso, ovvio, ma più forse da donne che dagli uomini.

A pensarci bene, alla fine, sono state proprio quelle donne da cui ho preso spunto: la loro tenacia, la loro determinazione nel credere fortemente nelle proprie idee (spesso vincenti) mi sono servite da incoraggiamento per riuscire ad affrontare questo mondo con una grinta che cresce giorno dopo giorno.

Le donne: quale valore possono dare in ambito tech?

Esistono ancora oggi dei pregiudizi difficili da abbattere. Basti solo pensare che nel fattore scelta, ad esempio, gli uomini sono molto più “sognatori” delle donne, mentre le donne sono più concrete, impiegando anche il 10% del tempo in meno rispetto agli uomini.

Uomini e donne in questo settore sono il giusto compromesso tra idee scelte, strategie e azione. Non si tratta di valore “aggiunto” ma solo di valore direi.

Partecipare ad eventi come Female Founders Dinner può contribuire ad incrementare l’uguaglianza di genere?

Non mi piace fare discorsi sessisti in genere, ma un evento come Female Founders Dinner trovo sia qualcosa di innovativo,  entusiasmante e coinvolgente.

L’evento ha saputo entusiasmarmi per la delicatezza, la capacità di ascolto e la massima attenzione (per non sbagliare neanche una parola) che uomini o donne hanno prestato nell’ascoltare la realtà sconosciuta che si sono ritrovati accanto.

É stata concretamente offerta l’opportunità di conoscere dal vivo ogni realtà, piccola o grande startup, di vedere gli occhi di chi racconta il proprio lavoro o racconta la propria idea. Tutto ciò è sano: è quello di cui abbiamo bisogno per ritrovare quell’entusiasmo che a volte perdiamo volutamente per strada perchè troppo concentrati a correre dietro ad un mercato che va più veloce di noi.

Leggi anche: Intelligenza Artificiale, a Napoli il primo centro di tecnologie A.I. per la medicina di precisione

viviana-bottalico-intervistaLa tua opinione sull’intelligenza artificiale nel lavoro: creerà nuovi ruoli o sostituirà definitivamente l’uomo?

Il panorama attuale rileva una crescente importanza dell’intelligenza artificiale.

Le aziende forse non hanno ancora acquisito la piena consapevolezza di quanto la tecnologia e le intelligenze artificiali possano aiutare il lavoro in azienda, in modo particolare nella gestione dei dati.

Detto ciò, mi piacerebbe se si riuscisse a trovare un giusto compromesso tra automazione e produzione, così da fare in modo che l’intelligenza artificiale non perda per strada la bravura e l’esperienza delle persone che lavorano nel settore da anni.

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Direttoo, intervista a Chiara Mastromonaco: "L'obiettivo è verticalizzare la filiera agroalimentare" https://www.business.it/direttoo-chiara-mastromonaco-2/ Fri, 20 Apr 2018 10:30:01 +0000 https://www.business.it/?p=21908 Continuiamo il nostro viaggio nel mondo dell’imprenditoria “in rosa” con Chiara Mastromonaco, COO di Direttoo, startup che propone la prima piattaforma digitale dove i ristoratori possono acquistare tutto quello di cui hanno bisogno per il proprio locale con un solo click e, finalmente, analizzare on time l’andamento del proprio business. Ciò che propone la startup… Leggi tutto »Direttoo, intervista a Chiara Mastromonaco: "L'obiettivo è verticalizzare la filiera agroalimentare"

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Continuiamo il nostro viaggio nel mondo dell’imprenditoria “in rosa” con Chiara Mastromonaco, COO di Direttoo, startup che propone la prima piattaforma digitale dove i ristoratori possono acquistare tutto quello di cui hanno bisogno per il proprio locale con un solo click e, finalmente, analizzare on time l’andamento del proprio business. Ciò che propone la startup – nata dall’idea della Mastromonaco e Diego Pelle – è un luogo digitale d’incontro diretto tra i fornitori e i ristoratori. Ma vediamo cosa ci ha raccontato a proposito della sua startup…
Ciao Chiara, raccontaci di Direttoo. Com’è nata la startup che hai fondato insieme a Diego Pelle?
“Io e Diego ci siamo conosciuti in ambito lavorativo, quando vendevo a lui il vino dell’azienda per cui lavoravo. Siamo entrati in sintonia sin da subito e un giorno mi ha chiesto: ‘Com’è possibile che, salvo rari casi, io debba sempre passare dai distributori per rifornire il mio ristorante?’. La risposta era semplice: siamo tutti piccoli produttori agroalimentari e non sempre abbiamo la forza commerciale per arrivare ai ristoratori. Lì è nata l’idea di Direttoo, una piattaforma che mettesse in relazione diretta i fornitori e i piccoli produttori agroalimentari con i ristoratori. Questo è ovviamente un progetto ambizioso in quanto il mondo della ristorazione è piuttosto obsoleto: i ristoratori italiani sono spesso abituati a fare ordini via Fax, alcuni non utilizzano nemmeno le e-mail.”
Chiara Mastromonaco – COO e Co-Founder di Direttoo

Parlaci quindi di Direttoo: cos’è e quali servizi fornisce?
“Oggi Direttoo si presenta come una piattaforma d’incontro tra due realtà che, finalmente, possono entrare in relazione diretta. Il nostro cliente, comunque, rimane il ristoratore: a quest’ultimo cerchiamo di fornire tutti i servizi di cui ha bisogno, mettendogli a disposizione una piattaforma al cui interno scegliere i propri fornitori preferiti o, alternativamente, scoprirne di nuovi. L’obiettivo primario è quello di dare al ristoratore la possibilità di scegliere tra tutti i produttori presenti sul mercato e non solamente da una cerchia ristretta selezionata dai tradizionali distributori. Vogliamo insomma verticalizzare la filiera alimentare, rendendola corta, diretta e anche più trasparente. Oltre a fornire un servizio smart, al ristoratore forniamo anche la funzionalità di analisi dei dati (andamento dei prezzi, analisi dei propri acquisti, ecc…). Un altro servizio non da poco è la possibilità di conoscere al 100% le caratteristiche e i processi dietro ad ogni prodotto. Ultimo ma non per importanza è la possibilità per i produttori agroalimentari di appoggiarsi ai nostri partner di logistica: su Roma, ad esempio, abbiamo cargo bike elettriche utili per le consegne ai ristoratori. Attualmente lavoriamo su Roma e Lazio ma in un prossimo futuro ci accingiamo a espandere il nostro business su tutto il territorio nazionale.”
Diamo i numeri: come sta andando il vostro progetto di business?
“Abbiamo numeri molto importanti. Il celebre ARPU – uno degli indicatori di performance più importanti nel panorama delle startup, ndr – nel nostro caso è molto alto, a differenza ad esempio di una comune app per smartphone. In media, mensilmente, il nostro ARPU è di 1300/1500 euro per utente: ovviamente il numero cresce con il crescere dei produttori presenti in piattaforma. Questo significa quindi di arrivare a 150mila euro al mese con circa un centinaio di clienti.”
Quanti fornitori e quanti ristoratori si appoggiano a Direttoo?
“Attualmente abbiamo una 70ina di fornitori che propongono tutti i loro prodotti all’interno di Direttoo. Per quanto riguarda i ristoranti, invece, attualmente sono circa 200.”
Diego Pelle – CEO di Direttoo

Il vostro punto di forza?
“Oltre ad eliminare completamente gli intermediari, uno dei nostri punti di forza è sicuramente quello di eliminare il magazzino e quindi i relativi costi. Non da meno è la possibilità di acquistare in pochi click, dai propri produttori preferiti ma anche da nuovi, qualsiasi tipo di prodotto utile nel ristorante: dal caseario ai prodotti da dispensa sino agli accessori.”
Obiettivi futuri?
“Nel prossimo futuro ipotizziamo di aprire un round A di finanziamento per scalare a livello nazionale e ovviamente migliorare sempre di più la nostra piattaforma.”

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Direttoo, intervista a Chiara Mastromonaco: "L’obiettivo è verticalizzare la filiera agroalimentare" https://www.business.it/direttoo-chiara-mastromonaco/ Fri, 20 Apr 2018 10:06:01 +0000 https://www.business.it/?p=21908 Continuiamo il nostro viaggio nel mondo dell’imprenditoria “in rosa” con Chiara Mastromonaco, COO di Direttoo, startup che propone la prima piattaforma digitale dove i ristoratori possono acquistare tutto quello di cui hanno bisogno per il proprio locale con un solo click e, finalmente, analizzare on time l’andamento del proprio business. Ciò che propone la startup… Leggi tutto »Direttoo, intervista a Chiara Mastromonaco: "L’obiettivo è verticalizzare la filiera agroalimentare"

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Continuiamo il nostro viaggio nel mondo dell’imprenditoria “in rosa” con Chiara Mastromonaco, COO di Direttoo, startup che propone la prima piattaforma digitale dove i ristoratori possono acquistare tutto quello di cui hanno bisogno per il proprio locale con un solo click e, finalmente, analizzare on time l’andamento del proprio business. Ciò che propone la startup – nata dall’idea della Mastromonaco e Diego Pelle – è un luogo digitale d’incontro diretto tra i fornitori e i ristoratori. Ma vediamo cosa ci ha raccontato a proposito della sua startup…
Ciao Chiara, raccontaci di Direttoo. Com’è nata la startup che hai fondato insieme a Diego Pelle?
“Io e Diego ci siamo conosciuti in ambito lavorativo, quando vendevo a lui il vino dell’azienda per cui lavoravo. Siamo entrati in sintonia sin da subito e un giorno mi ha chiesto: ‘Com’è possibile che, salvo rari casi, io debba sempre passare dai distributori per rifornire il mio ristorante?’. La risposta era semplice: siamo tutti piccoli produttori agroalimentari e non sempre abbiamo la forza commerciale per arrivare ai ristoratori. Lì è nata l’idea di Direttoo, una piattaforma che mettesse in relazione diretta i fornitori e i piccoli produttori agroalimentari con i ristoratori. Questo è ovviamente un progetto ambizioso in quanto il mondo della ristorazione è piuttosto obsoleto: i ristoratori italiani sono spesso abituati a fare ordini via Fax, alcuni non utilizzano nemmeno le e-mail.”
Chiara Mastromonaco – COO e Co-Founder di Direttoo

Parlaci quindi di Direttoo: cos’è e quali servizi fornisce?
“Oggi Direttoo si presenta come una piattaforma d’incontro tra due realtà che, finalmente, possono entrare in relazione diretta. Il nostro cliente, comunque, rimane il ristoratore: a quest’ultimo cerchiamo di fornire tutti i servizi di cui ha bisogno, mettendogli a disposizione una piattaforma al cui interno scegliere i propri fornitori preferiti o, alternativamente, scoprirne di nuovi. L’obiettivo primario è quello di dare al ristoratore la possibilità di scegliere tra tutti i produttori presenti sul mercato e non solamente da una cerchia ristretta selezionata dai tradizionali distributori. Vogliamo insomma verticalizzare la filiera alimentare, rendendola corta, diretta e anche più trasparente. Oltre a fornire un servizio smart, al ristoratore forniamo anche la funzionalità di analisi dei dati (andamento dei prezzi, analisi dei propri acquisti, ecc…). Un altro servizio non da poco è la possibilità di conoscere al 100% le caratteristiche e i processi dietro ad ogni prodotto. Ultimo ma non per importanza è la possibilità per i produttori agroalimentari di appoggiarsi ai nostri partner di logistica: su Roma, ad esempio, abbiamo cargo bike elettriche utili per le consegne ai ristoratori. Attualmente lavoriamo su Roma e Lazio ma in un prossimo futuro ci accingiamo a espandere il nostro business su tutto il territorio nazionale.”
Diamo i numeri: come sta andando il vostro progetto di business?
“Abbiamo numeri molto importanti. Il celebre ARPU – uno degli indicatori di performance più importanti nel panorama delle startup, ndr – nel nostro caso è molto alto, a differenza ad esempio di una comune app per smartphone. In media, mensilmente, il nostro ARPU è di 1300/1500 euro per utente: ovviamente il numero cresce con il crescere dei produttori presenti in piattaforma. Questo significa quindi di arrivare a 150mila euro al mese con circa un centinaio di clienti.”
Quanti fornitori e quanti ristoratori si appoggiano a Direttoo?
“Attualmente abbiamo una 70ina di fornitori che propongono tutti i loro prodotti all’interno di Direttoo. Per quanto riguarda i ristoranti, invece, attualmente sono circa 200.”
Diego Pelle – CEO di Direttoo

Il vostro punto di forza?
“Oltre ad eliminare completamente gli intermediari, uno dei nostri punti di forza è sicuramente quello di eliminare il magazzino e quindi i relativi costi. Non da meno è la possibilità di acquistare in pochi click, dai propri produttori preferiti ma anche da nuovi, qualsiasi tipo di prodotto utile nel ristorante: dal caseario ai prodotti da dispensa sino agli accessori.”
Obiettivi futuri?
“Nel prossimo futuro ipotizziamo di aprire un round A di finanziamento per scalare a livello nazionale e ovviamente migliorare sempre di più la nostra piattaforma.”

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Mondo Tech: la parola a Valentina Bacchettini, Ceo di Wisepower https://www.business.it/mondo-tech-valentina-bacchettini-wisepower/ Wed, 18 Apr 2018 08:48:41 +0000 https://www.business.it/?p=23238 Abbiamo incontrato Valentina Bacchettini, CEO di Wisepower srl. Dopo un lungo percorso accademico e professionale in campo economico, la startup Wisepower è stata la sua prima esperienza nel settore tecnologico. Ha accettato la sfida grazie ai soci fondatori, che l’hanno voluta con determinazione. Dal canto suo ha messo passione, impegno e studio per affrontare il… Leggi tutto »Mondo Tech: la parola a Valentina Bacchettini, Ceo di Wisepower

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Abbiamo incontrato Valentina Bacchettini, CEO di Wisepower srl. Dopo un lungo percorso accademico e professionale in campo economico, la startup Wisepower è stata la sua prima esperienza nel settore tecnologico. Ha accettato la sfida grazie ai soci fondatori, che l’hanno voluta con determinazione. Dal canto suo ha messo passione, impegno e studio per affrontare il progetto con competenza.

WISEPOWER srl è una startup che si rivolge alla progettazione e alla prototipazione di una nuova classe di generatori di energia, indirizzata verso dispositivi mobili. Wisepower nasce infatti come spin-off del dipartimento di fisica dell’Università degli studi di Perugia all’interno del laboratorio NIPSlab. 

A BUSINESS.IT Valentina ci parla del suon lavoro e di cosa significa essere donna in un settore come quello tecnologico, a maggior percentuale maschile.

Leggi anche: Donne e tecnologia: SheTech e la community tutta al femminile

Come nasce Wisepower e come sei diventata CEO di questa startup?

La startup è nata dalla lungimiranza di Luca Gammaitoni e Helios Vocca, entrabi professori all’Università di Perugia. Si trattava di una sorta di spin-off dell’attività di laboratorio che ha visto la luce nel 2007 ma senza alcuna attività fino al 2013. É stato proprio cinque anni fa che mi hanno nominato Amministratrice unica e da lì è partita la mia esperienza come Ceo di Wisepower.

É stata dura?

Sì, ma anche molto gratificante. Ho dovuto riprendere in mano i libri e formarmi sulla fisica di cui sapevo molto poco, avendo un background di economia. Mi è servito molto però, ho imparato  tante cose, anche a destreggiarmi su più fronti visto che all’inizio ero completamente sola. Ma Wisepower mi ha attirato subito per l’innovazione che mostrava: un nuovo approccio per risolvere i bisogni energetici dei dispositivi elettronici mobili, che va dall’estrazione di energia dall’ambiente solo quando e dove è necessario. É stata una sfida vinta su tutta la linea, ho imparato molto e sono cresciuta mettendo a disposizione dell’azienda tutte le mie competenze. Infatti, avendo un dottorato sulla internazionalizzazione delle PMI e un’esperienza maturata all’interno di Angelantoni Industrie (energie rinnovabili), ho messo al servizio di Wisepower ciò che potevo, imparando ogni giorno qualcosa in più. Inizialmente eravamo infatti più orientati sulla consulenza e ci proponevano per trovare soluzioni innovative alla richieste della aziende più grandi. Non avendo nessun  finanziamento abbiamo dovuto inventare prodotti che generassero almeno qualche introito.

L’esempio di un prodotto di successo?

Si tratta di un badge elettronico senza batteria e completamente autonomo,  che ha portato alla costituzione di una società con base a Miami che si occupa della sua commercializzazione negli States.

Ma Wisepower è molto di più: continua a sviluppare tecnologie innovative legate alla conversione dell’energia. Grazie ai nostri studi, le energie vibrazionali vengono raccolte e poi convertite in energia elettrica al fine di alimentare dispositivi elettronici utilizzati nel settore del monitoraggio strutturale e dell’automazione industriale. Con questa innovazione abbiamo vinto numerosi premi a livello nazionale e internazionale, affermandoci come un punto di riferimento del settore insieme al laboratorio di ricerca dell’Università di Perugia da cui siamo nati.

Leggi anche: Sviluppo professionale femminile, Inspiring Girls e la gender diversity

É stato difficile farsi largo in questo settore? Ci sono state discriminazioni in quanto donna?

Non direi. Fin dall’inizio ho percepito totale fiducia nei soci che mi hanno nominata CEO, fiducia che mi ha portato ad impegnarmi ancor più. Mi sono sentita supportata e coinvolta nello sviluppo di una realtà tanto innovativa, non posso dire di aver trovato difficoltà perché sono una donna.

Secondo la sua esperienza perché il settore tecnologico è ancora prettamente maschile?

Probabilmente per una questione di formazione e di competenze pregresse. Oggi la percentuale femminile che sceglie materie scientifiche all’Università come Fisica è ridotta rispetto a quella maschile, per questo tende anche a trovare meno occupazione successivamente. Ammetto che  occorre grande passione oltre ad una forte predisposizione.

Eventi come la Female Founders Dinner di SheTech Italy possono contribuire a cambiare il trend?

Certo, rappresentano occasioni di confronto professionale oltre che personale. Uno scambio con quelle che definisco le “mie colleghe” è utile e fruttuoso sotto molti punti di vista: possono essere complementari per me, perché è possibile stabilire anche rapporti collaborativi. Serate come Female Founders Dinner rappresentano dei facilitatori sociali, sottolineando che sono presenti anche uomini dove appunto si parla di competenze e qualità della persona, al di là del genere.

WISEPOWER-INTERVISTACome possiamo imparare ad includere la parte femminile nel settore tecnologico?

Penso che tutto parta dalla formazione, scolastica e culturale. Dobbiamo essere noi le prime ad ostacolare certi tipi di comportamenti che limitano le bambine e le ragazze anziché avvallarli. Io non vedo questa difficoltà di inserimento nel settore tecnologico, piuttosto si tratta di una scelta da fare a priori e di assecondare una predisposizione. Competenza e qualità faranno il resto.

L’Intelligenza Artificiale soppianterà il lavoro dell’uomo? Le nuove tecnologie creeranno lavoro o lo sostituiranno?

Non nutro timori a riguardo, anzi credo che aumenteranno le nuove professioni in ambito I.A. I programmi vengono effettuati da esseri umani, non esiste l’intelligenza artificiale senza il lavoro dell’uomo, quindi ho totale fiducia.

Leggi anche: Fare impresa: 9 idee di business legate alla tecnologia

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Waterview, intervista a Paola Allamano: il monitoraggio meteorologico tra rischi e risorse https://www.business.it/waterview-monitoraggio-meteorologico-2/ Fri, 13 Apr 2018 15:00:36 +0000 https://www.business.it/?p=21897 Quest’oggi vi proponiamo l’intervista a Paola Allamano, CEO di WaterView. Quest’ultima è una startup spinoff del Politecnico di Torino che sviluppa servizi per la raccolta e l’analisi di Big Data in ambito meteorologico ed è specializzata nell’ideazione di sistemi intelligenti per il monitoraggio, la previsione e il controllo dei fenomeni atmosferici e parametri ambientali. WaterView… Leggi tutto »Waterview, intervista a Paola Allamano: il monitoraggio meteorologico tra rischi e risorse

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Quest’oggi vi proponiamo l’intervista a Paola Allamano, CEO di WaterView. Quest’ultima è una startup spinoff del Politecnico di Torino che sviluppa servizi per la raccolta e l’analisi di Big Data in ambito meteorologico ed è specializzata nell’ideazione di sistemi intelligenti per il monitoraggio, la previsione e il controllo dei fenomeni atmosferici e parametri ambientali. WaterView rivoluziona l’industria della raccolta dati in ambito meteorologico grazie a WeatherCAM, software che applica tecniche innovative di image processing per misurare in tempo reale l’intensità della precipitazione atmosferica a partire da immagini fotografiche provenienti da telecamere di videosorveglianza, webcam e smartphones.
Buongiorno Paola. Raccontaci di Waterview. Come e da chi è nata l’idea?
“Waterview nasce da un gruppo di ingegnere di estrazione accademica con un background legato all’ambito del monitoraggio ambientale. La tecnologia di Waterview nasce quindi per colmare un gap di natura tecnologica: la nostra tecnologia vuole infatti aumentare le possibilità di monitoraggio ambientale, senza andare a pesare troppo sui costi di infrastruttura. Da qui l’idea di trasformare telecamere pre-esistenti in strumenti capaci di misurare le precipitazioni.”
Oltre a te, da chi è formato il founder team?
“I fondatori sono Paolo Cavagnero e Alberto Croci, attualmente CMO e CTO. Entrambi sono ora miei colleghi in waterview ma, in passato, sono stati anche colleghi ricercatori al Politecnico di Torino.”


Dall’idea alla “messa in opera”: Waterview ha ricevuto finanziamenti o ha ricevuto il supporto di qualche incubatore?
“Attualmente siamo incubati dall’Incubatore di Imprese Innovative del Politecnico di Torino, i3P. Potremmo dire virtualmente incubati in quanto, pur non essendo fisicamente lì, ci supporta da tre anni. Abbiamo anche ricevuto finanziamenti e un seed d’investimento, oramai un anno e mezzo fa. Si tratta di un seed in due tranche, la prima da 500mila euro da parte del Club degli Investitori: la tranche aggiuntiva si sta invece concretizzando adesso.”


Entriamo ora nello specifico di Waterview: cosa propone la vostra startup?
“Noi di fatto proponiamo un software che può essere ospitato a bordo delle normali telecamere di videosorveglianza, ma anche di uno smartphone o di qualsiasi dispositivo che sia dotato di una telecamera. Il software analizza le immagini acquisite dai dispositivi, riconosce la presenza di precipitazioni e misura la severità del fenomeno osservato. Quello che il software analizza sono le tracce luminose lasciate sulle immagini dall’acqua, che sia pioggia o neve. Conoscendo le caratteristiche dei dispositivi d’acquisizione, riusciamo quindi a quantificare i fenomeni atmosferici. Al momento c’è un prodotto pronto per telecamere di videosorveglianza: per la parte mobile c’è sicuramente una fattibilità ma ancora non c’è un prodotto.”
Come funziona l’analisi dei dati?
“I dati vengono pre-elaborati sulla telecamera: questa fase ha tra le principali funzionalità quella di superare le questioni relative alla privacy. Waterview non trasferisce infatti sul proprio cloud le immagini originali così da non accedere a dati sensibili. Solo dopo questa prima fase, quindi, i dati vengono trasferiti sul cloud e trasformati in misure di monitoraggio.”
Le telecamere utilizzate devono avere caratteristiche particolari?
“In linea di massima, i dispositivi devono essere solamente digitali e una risoluzione minima, tipica delle telecamere di media gamma.”
Quali sono, quindi, le applicazioni del vostro software?
“Iniziamo col dire che gli interessati al monitoraggio ambientale si dividono in due grandi categorie: chi vede le precipitazioni come una risorsa e chi come un rischio. Tra i primi gli agricoltori per organizzare le attività agricole, categoria ovviamente raggiunta in maniera indiretta. I mercati più raggiungibili per noi al momento sono quelli del mondo delle assicurazioni, della viabilità ma anche del turismo o delle garanzie assicurative legate al turismo sino al mondo dell’energia. Solo alla fine si arriva al nostro obiettivo iniziale, ovvero quello della protezione civile. Giustamente, però, una soluzione tecnologica deve aver dimostrato a pieno le sue potenzialità prima di arrivare ad essere utilizzata in quest’ultimo ambito.”
Le tecnologie applicate al mondo dell’ambiente: a che punto siamo con il Greentech?
“Sono tante (e sempre di più) le tecnologie che sfruttano il paradigma di sensorizzazione dell’ambiente in cui viviamo ma anche dello sfruttamento delle infrastrutture per diversi usi. Inutile nascondere che c’è un livello molto differente di sensibilità dipendentemente dalle aree geografiche in cui si va ad agire: noi siamo per tradizione legati all’Italia ma non è forse il posto con più attenzione verso questo tema e, di conseguenza, tendono a mancare gli investimenti. Il trend, in Italia, sembra comunque essere positivo. Nella Silicon Valley o nei luoghi dove l’innovazione è oramai diventata una commodity la cosa è ovviamente passata prima…”
Progetti per il futuro?
“In un futuro prossimo speriamo di instaurare un rapporto con un partner importante, così da far diventare l’Italia il Paese europeo più monitorato dal punto di vista meteorologico. Su questa base potrebbe innescarsi un meccanismo importante di internazionalizzazione ma anche la possibilità di integrare in software nei dispositivi mobili.”

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Waterview, intervista a Paola Allamano: il monitoraggio meteorologico tra rischi e risorse https://www.business.it/waterview-monitoraggio-meteorologico/ Fri, 13 Apr 2018 10:00:36 +0000 https://www.business.it/?p=21897 Quest’oggi vi proponiamo l’intervista a Paola Allamano, CEO di WaterView. Quest’ultima è una startup spinoff del Politecnico di Torino che sviluppa servizi per la raccolta e l’analisi di Big Data in ambito meteorologico ed è specializzata nell’ideazione di sistemi intelligenti per il monitoraggio, la previsione e il controllo dei fenomeni atmosferici e parametri ambientali. WaterView… Leggi tutto »Waterview, intervista a Paola Allamano: il monitoraggio meteorologico tra rischi e risorse

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Quest’oggi vi proponiamo l’intervista a Paola Allamano, CEO di WaterView. Quest’ultima è una startup spinoff del Politecnico di Torino che sviluppa servizi per la raccolta e l’analisi di Big Data in ambito meteorologico ed è specializzata nell’ideazione di sistemi intelligenti per il monitoraggio, la previsione e il controllo dei fenomeni atmosferici e parametri ambientali. WaterView rivoluziona l’industria della raccolta dati in ambito meteorologico grazie a WeatherCAM, software che applica tecniche innovative di image processing per misurare in tempo reale l’intensità della precipitazione atmosferica a partire da immagini fotografiche provenienti da telecamere di videosorveglianza, webcam e smartphones.
Buongiorno Paola. Raccontaci di Waterview. Come e da chi è nata l’idea?
“Waterview nasce da un gruppo di ingegnere di estrazione accademica con un background legato all’ambito del monitoraggio ambientale. La tecnologia di Waterview nasce quindi per colmare un gap di natura tecnologica: la nostra tecnologia vuole infatti aumentare le possibilità di monitoraggio ambientale, senza andare a pesare troppo sui costi di infrastruttura. Da qui l’idea di trasformare telecamere pre-esistenti in strumenti capaci di misurare le precipitazioni.”
Oltre a te, da chi è formato il founder team?
“I fondatori sono Paolo Cavagnero e Alberto Croci, attualmente CMO e CTO. Entrambi sono ora miei colleghi in waterview ma, in passato, sono stati anche colleghi ricercatori al Politecnico di Torino.”


Dall’idea alla “messa in opera”: Waterview ha ricevuto finanziamenti o ha ricevuto il supporto di qualche incubatore?
“Attualmente siamo incubati dall’Incubatore di Imprese Innovative del Politecnico di Torino, i3P. Potremmo dire virtualmente incubati in quanto, pur non essendo fisicamente lì, ci supporta da tre anni. Abbiamo anche ricevuto finanziamenti e un seed d’investimento, oramai un anno e mezzo fa. Si tratta di un seed in due tranche, la prima da 500mila euro da parte del Club degli Investitori: la tranche aggiuntiva si sta invece concretizzando adesso.”


Entriamo ora nello specifico di Waterview: cosa propone la vostra startup?
“Noi di fatto proponiamo un software che può essere ospitato a bordo delle normali telecamere di videosorveglianza, ma anche di uno smartphone o di qualsiasi dispositivo che sia dotato di una telecamera. Il software analizza le immagini acquisite dai dispositivi, riconosce la presenza di precipitazioni e misura la severità del fenomeno osservato. Quello che il software analizza sono le tracce luminose lasciate sulle immagini dall’acqua, che sia pioggia o neve. Conoscendo le caratteristiche dei dispositivi d’acquisizione, riusciamo quindi a quantificare i fenomeni atmosferici. Al momento c’è un prodotto pronto per telecamere di videosorveglianza: per la parte mobile c’è sicuramente una fattibilità ma ancora non c’è un prodotto.”
Come funziona l’analisi dei dati?
“I dati vengono pre-elaborati sulla telecamera: questa fase ha tra le principali funzionalità quella di superare le questioni relative alla privacy. Waterview non trasferisce infatti sul proprio cloud le immagini originali così da non accedere a dati sensibili. Solo dopo questa prima fase, quindi, i dati vengono trasferiti sul cloud e trasformati in misure di monitoraggio.”
Le telecamere utilizzate devono avere caratteristiche particolari?
“In linea di massima, i dispositivi devono essere solamente digitali e una risoluzione minima, tipica delle telecamere di media gamma.”
Quali sono, quindi, le applicazioni del vostro software?
“Iniziamo col dire che gli interessati al monitoraggio ambientale si dividono in due grandi categorie: chi vede le precipitazioni come una risorsa e chi come un rischio. Tra i primi gli agricoltori per organizzare le attività agricole, categoria ovviamente raggiunta in maniera indiretta. I mercati attualmente più raggiungibili per noi al momento sono quelli del mondo delle assicurazioni, della viabilità ma anche del turismo o delle garanzie assicurative legate al turismo sino al mondo dell’energia. Solo alla fine si arriva al nostro obiettivo iniziale, ovvero quello della protezione civile. Giustamente, però, una soluzione tecnologica deve aver dimostrato a pieno le sue potenzialità prima di arrivare ad essere utilizzata in quest’ultimo ambito.”
Le tecnologie applicate al mondo dell’ambiente: a che punto siamo con il Greentech?
“Sono tante (e sempre di più) le tecnologie che sfruttano il paradigma di sensorizzazione dell’ambiente in cui viviamo ma anche dello sfruttamento delle medesime infrastrutture per diversi usi. Inutile nascondere che c’è un livello molto differente di sensibilità dipendentemente dalle aree geografiche in cui si va ad agire: noi siamo per tradizione legati all’Italia ma non è forse il posto con più attenzione verso questo tema e, di conseguenza, tendono a mancare gli investimenti. Il trend, in Italia, sembra comunque essere positivo. Nella Silicon Valley o nei luoghi dove l’innovazione è oramai diventata una commodity la cosa è ovviamente passata prima…”
Progetti per il futuro?
“In un futuro prossimo speriamo di instaurare un rapporto con un partner importante, così da far diventare l’Italia il Paese europeo più monitorato dal punto di vista meteorologico. Su questa base potrebbe innescarsi un meccanismo importante di internazionalizzazione ma anche la possibilità di integrare in software nei dispositivi mobili.”

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Turismo 2.0, la startup Tourscanner: intervista al co-fondatore https://www.business.it/turismo-20-tourscanner/ Mon, 09 Apr 2018 14:30:27 +0000 https://www.business.it/?p=22469 Abbiamo intervistato Simone Semprini, CEO e co-fondatore di Touscanner insieme a Guillaume Picard (CMO), Giuseppe Lacerenza (CFO) e Joseph Dimucci (CTO). La startup, attiva nel settore del Turismo 2.0, propone la prima piattaforma di comparazione di costi relativi ai tour organizzati in tutto il mondo. Ciao Simone! Iniziamo a raccontare com’è nata Tourscanner, startup del… Leggi tutto »Turismo 2.0, la startup Tourscanner: intervista al co-fondatore

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Abbiamo intervistato Simone Semprini, CEO e co-fondatore di Touscanner insieme a Guillaume Picard (CMO), Giuseppe Lacerenza (CFO) e Joseph Dimucci (CTO). La startup, attiva nel settore del Turismo 2.0, propone la prima piattaforma di comparazione di costi relativi ai tour organizzati in tutto il mondo.
Ciao Simone! Iniziamo a raccontare com’è nata Tourscanner, startup del Turismo 2.0 da te co-fondata…
“Alla base di Tourscanner c’è la volontà di creare un motore di ricerca per tour e attività da fare in viaggio, l’equivalente di Trivago o SkyScanner per attività. L’idea è nata circa un anno fa da me che, da viaggiatore appassionato, mi sono accorto di un enorme mancanza nel mercato del turismo: non c’era ancora, infatti, un sito in cui poter trovare tutte le attività da svolgere in una località e la relativa comparazione dei prezzi. Durante la scorsa estate è stato quindi sviluppato il primo prototipo, riuscendo a creare un team internazionale composto da me e altri due ragazzi italiani e un ragazzo francese. A partire dall’autunno abbiamo deciso di spostarci tutti in un Paese terzo, nonostante qualcuno sia rimasto in Italia e lavora da remoto: attualmente il nostro headquarter è quindi a Lisbona, in Portogallo”.
Come mai la scelta è ricaduta proprio sul Portogallo?
“L’idea di spostarci a Lisbona è stata dettata da più fattori. Il costo della vita, abbastanza basso, ci ha permesso di ridurre al minimo le spese. Ma non solo: abbiamo notato che l’ecosistema portoghese delle startup stava crescendo abbastanza rapidamente e le procedure per la creazione di un’impresa erano molto più semplici e veloci. Non solo: dal momento che il settore del Turismo e i finanziamenti in startup turistiche è tutt’ora in continua crescita, abbiamo deciso che questo fosse un buon punto d’inizio”.
Tourscanner non lavora però solo sul Portogallo: quali altri Paesi tocca la vostra startup?
“La nostra location fisica non ha nulla a che vedere con il prodotto, essendo principalmente un servizio web. Attualmente copriamo infatti quasi tutto il mondo, con 1500 destinazioni differenti. Siamo riusciti ad aggregare il più grande catalogo al mondo di attività di viaggio”.
Ma veniamo al sodo: come funziona la piattaforma?
“Il modello è simile ad altri motore di ricerca: l’utente arriva sul nostro sito ed effettua la ricerca della città anche se, per il futuro, abbiamo in programma di implementare anche la ricerca per attività, mappa, ecc… Ci si troverà quindi di fronte ad una lista di attività, attualmente fornita da 15 realtà sia su scale globale sia regionale. Nel momento in cui l’utente seleziona l’attività viene reindirizzato sul sito web del sito dov’è possibile procedere con la prenotazione e il pagamento. L’utente ha già la possibilità di scegliere il prezzo migliore ma, in futuro, renderemo questa cosa molto più semplice offrendo un vero e proprio confronto dei prezzi.”
turismo-2.0-tourscannerDall’idea sino ad oggi: avete trovato finanziamenti o investitori interessati al vostro progetto?
“Pochi giorni fa abbiamo finalizzato un angel round con la partecipazione di NCA e business angels”.
Qualche aneddoto o curiosità sul tuo progetto d’impresa?
“La nostra startup è nata sin da subito con una forte impronta internazionale. Noi fondatori, come anticipato, siamo italiani e francesi. Alle due nazionalità diverse, si unisce il fatto che, se messi insieme, abbiamo già vissuto in oltre 20 Paesi diversi. Non ci sentiamo limitati geograficamente e, di conseguenza, non ci sentiamo limitati a vivere in un solo Paese: per noi è fondamentale spostarci dove l’opportunità è migliore”.
Il turismo 2.0: a che punto siamo?
“Il turismo si è mosso sicuramente per settori verticali, a partire da quelli dei voli per arrivare agli hotel e, attualmente, a quello degli appartamenti. Adesso è la volta del verticale delle attività, settore che vanta circa 150 miliardi di dollari di valore ovvero il 10% di tutto il mercato globale del turismo”.
In copertina: il team della startup
Leggi anche: “Metaliquid: l’Intelligenza Artificiale e la rivoluzione video”

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AmbiensVR: realtà virtuale per l’architettura e il design https://www.business.it/ambiensvr-realta-virtuale-larchitettura-design/ Fri, 06 Apr 2018 07:27:13 +0000 https://www.business.it/?p=22196 La realtà virtuale è una simulazione realistica di una realtà che non esiste. La mente sa che è tutto finto, ma il divertimento prende subito il sopravvento. La realtà virtuale è in grado di regalare emozioni, crea uno spazio virtuale all’interno del quale l’utente può muoversi liberamente e offre una tecnologia ormai matura. In questo modo… Leggi tutto »AmbiensVR: realtà virtuale per l’architettura e il design

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La realtà virtuale è una simulazione realistica di una realtà che non esiste. La mente sa che è tutto finto, ma il divertimento prende subito il sopravvento. La realtà virtuale è in grado di regalare emozioni, crea uno spazio virtuale all’interno del quale l’utente può muoversi liberamente e offre una tecnologia ormai matura.

In questo modo si viene a creare un mondo simulato e tridimensionale, che agli occhi (ma non solo) degli utenti appare come reale, per l’appunto. E proprio come accade nella realtà, l’ambiente virtuale/reale all’interno del quale ci si immerge, può essere esplorato in ogni singolo centimetro e in ogni direzione. 

Per interagire e “vivere” all’interno della realtà virtuale oggi è possibile. Infatti esiste la piattaforma AmbiensVR che porta l’architettura e il design nella realtà virtuale, creando ambientazioni interattive disponibili su smartphone. Fondata da una coppia di amici, Ennio Pirolo e Veronica Vecci, AmbiensVR si occupa di Realtà Virtuale nell’ambito dell’architettura e dell’arredamento, tramite lo sviluppo di rendering “navigabili” e interattivi sia di progetti che di veri e propri show-room virtuali su incarico di progettisti e negozi. La realtà virtuale per l’architettura e il design con AmbiensVR porta la progettazione architettonica a un nuovo livello, che si integra perfettamente con il proprio flusso di lavoro nella progettazione 3D. L’obiettivo: rivoluzionare la comunicazione del progetto, offrendo una prospettiva unica, immersiva e interattiva in ambienti virtuali.

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Cos’è AmbiensVR e come nasce l’idea di questa piattaforma?

AmbiensVR porta l’Architettura e il Design nel mondo della Realtà Virtuale, creando progetti VR interattivi disponibili su mobile, desktop e Web. Fornisce soluzioni hardware e software a designer e progettisti che lavorano con 3D e BIM per agevolare la realizzazione di ambienti interattivi immersivi.
I professionisti che usano le soluzioni software vengono automaticamente inseriti in un network che AmbiensVR usa per fornire ad aziende e agenzie un servizio di trasformazione di elaborati “classici” in presentazioni VR immersive con tempi, costi e qualità standardizzati.

L’idea è nata discutendo delle problematiche legate alla comunicazione del progetto al cliente, così Il team di AmbiensVR ha pensato che la realtà virtuale potesse essere una valida soluzione nell’aiutare il progettista in questo tasto così difficile del suo lavoro. Questi gli ingredienti principali da cui scaturisce l’idea dalla quale prende vita AmbiensVR.

Come funziona AmbiensVR e cosa offre?

AmbiensVR offre due soluzioni diverse. Prima di tutto offre il servizio di realizzazione, quindi chiunque voglia realizzare uno show-room o un progetto interattivo virtuale può rivolgersi a questa startup, in quanto da zero creano una presentazione disponibile su tutte le piattaforme. Altrimenti c’è la possibilità di acquistare il software e realizzare i propri progetti VR autonomamente. In questo caso non solo si acquista il software ma si diventa designer del team di AmbiensVR, ovvero si diventa esecutori del servizio di realizzazione. Quando le aziende esterne chiedono di realizzare un progetto, questo progetto viene dato in appalto ai designer del team. L’obiettivo: rivoluzionare la prospettiva del cliente sul progetto architettonico, coinvolgendolo in prima persona nella progettazione degli spazi e permettendogli di sperimentare virtualmente diverse combinazioni di arredi e finiture, senza appesantire e modificare il workflow del progettista.

Non si tratta infatti di semplici foto 360°. AmbiensVR propone dei veri spazi tridimensionali all’interno dei quali è possibile muoversi ed interagire con ogni elemento dell’ambiente, cambiando materiali, aprendo porte, inserendo arredi.

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Perché scegliere una realtà virtuale?

Scegliere la realtà virtuale permettere di vivere quello che normalmente è percepito solo tramite degli elaborati tecnici 2D di difficile lettura. Se le tavole contenenti piante, prospetti, sezioni di un edificio sono chiari per un professionista, non è detto che siano chiare anche per un cliente finale. Per questo motivo il loro obbiettivo è quello di rendere comprensibile tutta una serie di elaborati tecnici anche a chi non ha le competenze per farlo.

Quali sono le prospettive future?

AmbiensVR è presente a Roma e da quest’anno è disponibile una seconda sede a Milano. Questo prodotto presente sul mercato funziona in Italia, ma il team di AmbiensVR sta lavorando per espandere la piattaforma anche all’estero. In particolare si stanno preparando ad attaccare il mercato spagnolo, ma l’obiettivo finale sarà quello di espandersi pian piano in tutta Europa.

AmbienVR ha già firmato accordi con 70 clienti, La StartUp non si rivolge, infatti, solo ai progettisti, ma coinvolge anche brand di arredamento e tutti i professionisti del settore e società di facility management.

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Intelligenza artificiale e deep learning: Metaliquid e la rivoluzione video https://www.business.it/metaliquid-intelligenza-artificiale-deep-learning-video-metaliquid/ Wed, 04 Apr 2018 10:00:48 +0000 https://www.business.it/?p=21373 Dopo 15 anni di esperienza in una società di consulenza informatica, attualmente specializzata in big data e advanced analytics, e di conseguenza anche di conoscenza approfondita del settore Media, Federica Gregori – insieme al suo socio – decide di creare uno spin-off della propria azienda dando vita a Metaliquid. Scopo principale di questa nuova avventura… Leggi tutto »Intelligenza artificiale e deep learning: Metaliquid e la rivoluzione video

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Dopo 15 anni di esperienza in una società di consulenza informatica, attualmente specializzata in big data e advanced analytics, e di conseguenza anche di conoscenza approfondita del settore Media, Federica Gregori – insieme al suo socio – decide di creare uno spin-off della propria azienda dando vita a Metaliquid. Scopo principale di questa nuova avventura era quello di passare da un’azienda di servizi ad una di prodotto, al fine di scalare meglio il mercato. Dopo aver incontrato Federica Gregori all’evento organizzata da SheTech Italy al Talent Garden Milano Calabiana, abbiamo deciso di farci raccontare dalla startupper qualcosa in più riguardo a Metaliquid.
Ciao Federica! Raccontaci di Metaliquid… Cos’è e di cosa si occupa?
“Metaliquid è una startup innovativa che utilizza il deep learning per analizzare i contenuti video. In Metaliquid creiamo delle architetture di reti neurali che addestriamo per riconoscere diversi elementi all’interno di un video. Possiamo quindi riconoscere persone, ambientazioni, oggetti ma anche relazioni tra i vari elementi e azioni, soprattutto in ambito sportivo. Le nostre tecnologie sono quindi in grado di capire se ci si trova di fianco a goal, parate, rigori, cartellino giallo, ecc… Stiamo lavorando però anche su altri sport, come la Moto GP o la Formula 1. L’idea è quella di automatizzare il processo, attualmente svolto ancora manualmente, di analisi degli eventi sportivi”.
Gli ambiti di applicazione delle tecnologie di Metaliquid, però, credo siano moltissimi…
“Sì, certo, le applicazioni sono moltissime anche se il nostro mercato è principalmente quello dei Media. In realtà, però, la nostra tecnologia può risultare utile ovunque vi sia un video da analizzare”.
Quale valore aggiunto potrebbe apportare Metaliquid al settore Media?
“Le tecnologie di Metaliquid permettono ai player del mondo media e podcast di aggiungere una serie di informazioni che adesso non hanno. Attualmente, infatti, i contenuti sono come delle scatole nere con un ciclo di vita molto breve e, nella maggior parte dei casi, sono impossibili da riutilizzare in quanto non se ne conosce il contenuto. L’idea è di estrarre informazioni dai video così da avere un catalogo più fruibile, ricercabile ma non solo: l’utilizzo del deep learning potrebbe aprire alla possibilità di rendere lo spettatore più attivo nel processo di scelta dei contenuti e anche di fruizione”.
Questo significa che il mondo media potrebbe fornire anche contenuti personalizzati ai propri utenti?
“Assolutamente sì: un esempio su tutti è quello della pubblicità contestualizzata. Nel momento in cui si interrompe un contenuto, ad esempio, grazie a Metaliquid i player media potranno trasmettere un contenuto pubblicitario mirato ed in linea con il contesto del momento. Da non dimenticare la possibilità di raffinare il catalogo offerto al cliente, grazie all’analisi dei contenuti video da lui preferiti”.
Per il mondo dell’intrattenimento sportivo Metaliquid rappresenta una vera e propria svolta…
“Scopo principale è quello di efficientare il processo di analisi, ma non solo. L’idea è quella di poter fare highlight personalizzati in base allo spettatore. Davanti ad un tifoso del Milan, per esempio, nei 5 minuti di sintesi verranno dedicati 2 minuti al Milan e 3 a tutte le altre partite. La stessa cosa potrebbe essere fatta per le news ma anche per i programmi d’intrattenimento: tutto ciò, ovviamente, è possibile solo se si conosce chi sta parlando in un determinato momento”.

Come avviene l’analisi dei dati del video?
“Noi di Metaliquid siamo in grado di processare i dati in real time. Le esigenze dei clienti, invece, sono molteplici e spesso vengono usati i dati analizzati offline”.
Cosa rende differente la vostra startup e i vostri sistemi di Intelligenza Artificiale?
“A differenza di altri big player, Metaliquid lavora a stretto contatto con i clienti ed è in grado di vendere una soluzione personalizzata, capace di rispondere ad una specifica esigenza. Non abbiamo, insomma, solo soluzioni general purpose. Questo consente ai nostri clienti di ottenere risultati molto più precisi”.
L’intervista si è conclusa parlando del futuro della startup: Federica Gregori ci racconta infatti che Metaliquid ha fatturato sin da subito, non riscontrando il bisogno di ottenere finanziamenti o cercare investitori per affrontare il mercato italiano ed europeo. “Da qualche mese a questa parte, però, stiamo cercando dei finanziamenti perché vorremmo esplorare mercati più lontani, quello degli Stati Uniti e quello dell’Asia. Entrambi, infatti, hanno numeri significativi per quanto riguarda il settore Media” – ha concluso però la Gregori, parlandoci del futuro e dei nuovi obiettivi di Metaliquid.
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Criptovalute: il fenomeno del bitcoin spiegato da Raffaele Mauro https://www.business.it/criptovalute-fenomeno-bitcoin-spiegato-raffaele-mauro/ Tue, 03 Apr 2018 07:40:15 +0000 https://www.business.it/?p=21842 Alzi la mano chi un anno fa sapeva cosa fosse il Bitcoin. Fino all’inizio del 2017 anche chi ne aveva sentito parlare difficilmente avrebbe saputo raccontare con esattezza quello che di lì a poco si sarebbe rivelato il fenomeno finanziario dell’anno: il mondo delle criptovalute era allora riservato a una schiera non molto numerosa di… Leggi tutto »Criptovalute: il fenomeno del bitcoin spiegato da Raffaele Mauro

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Alzi la mano chi un anno fa sapeva cosa fosse il Bitcoin. Fino all’inizio del 2017 anche chi ne aveva sentito parlare difficilmente avrebbe saputo raccontare con esattezza quello che di lì a poco si sarebbe rivelato il fenomeno finanziario dell’anno: il mondo delle criptovalute era allora riservato a una schiera non molto numerosa di esperti e fanatici in tutto il mondo. Negli ultimi mesi, invece, il bitcoin è diventato un argomento da bar o da corridoi di uffici, non solo in Italia. Le domande sono sempre le stesse, ormai standardizzate: continuerà a salire a questi ritmi? Vale ancora la pena di comprare? La bolla sta per scoppiare?

Raffaele Mauro, che ha alle spalle una lunga esperienza nel mondo della consulenza e del venture capital e nel settore bancario è il Managing Director di Endeavor Italia, organizzazione internazionale che ha come obiettivo la crescita economica di lungo periodo attraverso la selezione, il mentoring e l’accelerazione degli imprenditori e delle imprese ad alto potenziale. E tra queste ce ne sono anche alcune che si occupano di criptovalute.

Abbiamo intervistato il dott. Mauro, che è anche autore con Francesco De Collibus del libro Hacking Finance sulla storia dei Bitcoin. In una lunga intervista Mauro ci spiega il funzionamento delle criptovalute, i pro e i contro dei governi, insomma, tutte quelle domande che molti si fanno su questo incredibile fenomeno finanziario.

raffaele-mauro-intervistaIntervista al Managing Director Raffaele Mauro

 

Lei è il Managing Director di Endeavor Italia, ma che cos’è Endeavor e cosa fa?

Endeavor è un’organizzazione internazionale che ha come obiettivo la promozione della crescita economica, cioè la creazione di posti di lavoro di qualità, di innovazione e di ricchezza sui territori. Realizza questo obbiettivo con uno strumento molto particolare che è il supporto a quella nicchia di imprese che in modo più che proporzionale possono realizzare questo tipo di impatto. Il nostro interesse va piuttosto a imprese  che hanno già un’attività consolidata, ma presentano ancora un notevole potenziale di crescita per il carattere innovativo del loro modello di business. 

Cioè sono imprese che o sono appena uscite dalla fase di startup, oppure sono quelle PMI che hanno una possibilità di crescita e generare impatto, posti di lavoro e ricchezza. Funziona come una rete d’imprese, una specie di associazione, ma sopratutto c’è una selezione estremamente rigorosa di chi può entrare, quelle con dato migliore e col maggiore potenziale. Una volta che le imprese sono state selezionate per l’ingresso, aiutiamo questi imprenditori ad accedere ai mercati, capitali e talento che sono le tre sfide tipiche delle imprese in crescita.

Endeavor esiste da 20 anni nel mondo e da due anni in Italia, presente in 30 paesi del mondo, sta crescendo molto rapidamente, tre nazioni all’anno. Ha circa nel mondo 1000 imprese, che aggregato fanno 11 miliardi $ di fatturato e hanno creato nel tempo 700 mila posti di lavoro. In Italia invece abbiamo 11 imprese con 550 posti di lavoro raddoppiando in media il fatturato ogni anno.  Gli imprenditori di grande impatto nella rete di Endeavor, hanno scalato con successo le loro attività e creato significative opportunità di lavoro e di ricchezza in quasi tutti i settori e le regioni del mondo.

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Perché come Endeavor siete vicini al mondo dell’innovazione finanziaria e del fintech, nello specifico delle criptovalute?

Endeavor come organizzazione guarda tutti i settori, anche non tecnologici, supportiamo imprese in ogni settore: dall’aerospaziale, all’agricoltura alle catene di ristoranti fino alla fashion e cosi via. Una sottoinsieme del portafoglio Endeavor include anche imprese del cosiddetto mondo fintech, che è la rivoluzione che in questo momento sta cambiando il mondo della finanza in modo radicale. E in questo mondo delle criptovalute ci sono un paio di aziende di Endeavor che operano in questo settore.

Lei ha scritto un testo su questo argomento insieme a Francesco De Collibus che si chiama Hacking Finance sulla storia dei bitcoin, ora, qual’è la sua opinione sul fatto che ancora le criptovalute sono temute dai governi e dalle autorità di vigilanza e non viste come una risorsa, cioè perché alcuni governi sono favorevoli alla moneta virtuale come moneta di scambio e altri governi invece no?

Il motivo per cui c’è una certa ostilità è duplice. Da un lato tutte le innovazioni creano timore, possiamo ricordare il fatto che internet agli inizi creava grande timore, nel ’94/95 si associava internet alla criminalità alla pedofilia, e questo accade a rotazione per tutte le innovazioni importanti. Quindi c’è un tema legato proprio alla difficoltà di capire questo tipo di fenomeno. Dall’altro lato la tecnologia, le criptovalute, il bitcoin in particolare si basa sui concetti e sui principi della decentralizzazione, quindi è molto difficile da controllare. É  naturale quindi che ad alcuni governi, dà molto fastidio il fatto che ci siano delle entità o delle tecnologie non controllabili e non censurabili.

Secondo lei le criptovalute devono essere equiparate come monete di scambio o come investimenti in commodities?

Nessuna delle due cose. Esistono diverse metafore per spiegare che cos’è il bitcoin e cosa sono le criptovalute. Tra le metafore migliori c’è la metafora Tecnologica, cioè i bitcoin e altri criptoasset, sono il protocollo per fare pagamenti su internet in modo decentralizzato, cioè sono un nuovo strato di internet. Poi c’è un’altra metafora altrettanto valida, c’è chi sostiene che il bitcoin sia il nuovo oro digitale, il bene artificialmente sparso in rete. C’è ancora molta confusione sul settore anche da un punto di vista legislativo. Secondo me questa confusione continuerà ancora nel tempo. Ci vorranno anni per trovare una convergenza, perché ad oggi la finanza decentralizzata è molto diversa da quella a cui siamo abituati noi tradizionalmente.

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Alla fine del 2017 il bitcoin ha raggiunto i 20.000 $, mentre negli ultimi mesi ha registrato un calo netto fino a sfiorare i 6.000 $. Come vede questa volatilità elevata?

La volatilità elevata del bitcoin è una sua proprietà intrinseca, che deriva dal fatto che esiste una politica monetaria rigida. Nel senso che per altre tipologie di valute o strutture simili, esiste un Mario Draghi, o altre banche centrali che usando i tradizionali strumenti della politica monetaria. Per il bitcoin questa cosa non è possibile, la politica monetaria è rigida, non può essere alterata da nessuno e questa cosa crea una forte volatilità di comparazione delle monete.

Inoltre ci sono dei fattori esogeni di breve termine, per cui le criptovalute sono fortemente sensibili a quello che si dice su di esse nel mondo. Ovviamente non faccio previsioni su quello che accadrà al bitcoin fra qualche anno o fra qualche mese sul prezzo, nel senso che potrà accadere di tutto: potrà crescere ancora molto come potrà diminuire. Secondo me possono accadere ancora cose molto interessanti. Quello che posso dire però è che il prezzo, probabilmente è la cosa meno interessante. Quello che è interessante è l’evoluzione della tecnologia e il tipo di innovazioni che si stanno generando in questa fase storica.

Come spiegherebbe lei la blockchain ad un neo investitore?

Bitcoin è un insieme di tecnologie di cui una è la blockchain. Ma c’è ne sono tante altre, almeno tre o quattro tecnologie differenti. É una somma di reti peer to peer. C’è un elemento di crittografia robusta. Le tecnologie si basano su algoritmi crittografici perché sono più sicuri. Ci sono algoritmi che servono a mantenere la stabilità della rete e infine c’è la blockchain, che serve ad effettuare in modo sicuro transazioni in modalità decentralizzata. L’innovazione di tutto ciò è che dal 2009 è stato possibile fare cose che prima non era possibile fare. Nel senso che prima non si potevano fare transazioni sicure. Oggi è possibile. C’è stata quindi un’azione tecnologica molto profonda che sta dimostrando forte rilievo. Bitcoin è vero che sta scendendo di prezzo, ma resiste a più scossoni in modo solido in quel sistema, grazie ad una profonda innovazione tecnologica.

Perché i bitcoin sono i più costosi tra le centinaia di criptovalute?

Il prezzo del bitcoin secondo me non è così importante. Ovviamente bitcoin è l’oggetto che ha avuto più storia, ed è quello che ha maggiore stabilità. La rete bitcoin è quella più sicura e più grande rispetto alle altre. É stata testata ormai in quasi dieci anni di storia. Quindi il livello di fiducia che noi possiamo dare a questa rete è molto grande.

Come vede il futuro delle criptovalute, stanno cambiando le cose oppure sono solo una bolla?

Si, stanno cambiando le cose e cambieranno ancora di più probabilmente con modalità che oggi non possiamo neanche immaginare. Allo stesso modo in cui nel ’94/95 non si poteva immaginare l’esistenza magari di qualche anno dopo di Facebook o di Instagram. Ovviamente come è accaduto a tutte le innovazioni profonde queste generano delle onde d’entusiasmo a volte eccessive, come accade oggi sulla blockchain e su alcune criptovalute. E’ un fenomeno che accade molto frequentemente nella storia economica. 

La bolla legata alle criptovalute pur avendo alcuni elementi patologici, non è  qualcosa di puramente distruttivo. Questo perché dal volume di investimenti di questo settore usciranno delle cose interessanti, anche se ribadisco che le bolle sono fenomeni patologici che vanno monitorati e controllati. Bisogna educare le persone a non farsi del male.

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Assistenza pazienti, la startup Medyxcare rivoluziona il modo di fare terapia https://www.business.it/startup-medyxcare-assistenza-pazienti-terapia/ Fri, 30 Mar 2018 07:31:04 +0000 https://www.business.it/?p=21806 Giovanissima, intraprendente e determinata. Abbiamo intervistato Roberta Musarò, Ceo e co-founder di Medyxcare, la startup che si prende cura dei pazienti attraverso servizi online e mobile per ricordare loro i farmaci da assumere e i controlli periodici da non perdere. Roberta Musarò racconta a Business come un brutto fatto personale abbia scatenato il desiderio di… Leggi tutto »Assistenza pazienti, la startup Medyxcare rivoluziona il modo di fare terapia

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Giovanissima, intraprendente e determinata. Abbiamo intervistato Roberta Musarò, Ceo e co-founder di Medyxcare, la startup che si prende cura dei pazienti attraverso servizi online e mobile per ricordare loro i farmaci da assumere e i controlli periodici da non perdere.

Roberta Musarò racconta a Business come un brutto fatto personale abbia scatenato il desiderio di fare qualcosa di concreto, a servizio della comunità. Con molta fatica e altrettanto coraggio, la giovane donna è riuscita a farsi strada in un settore prettamente maschile, dove inoltre il radicamento alle abitudine e agli strumenti del passato è forte.

Startup Medyxcare: com’è nata?

La nostra startup nel settore del customercare è innovativa e a vocazione sociale. Si tratta di preservare la salute delle persone, che ha in sé una componente sia personale che comunitaria.

Dalle nostre ricerche abbiamo riscontrato che un numero di 7 persone su 10 ha problemi nell’assunzione precisa e corretta di farmaci, e altrettanti problemi nel rispettare i controlli medici. Che si tratti di una terapia post operatoria, oppure di seguire una cura per una malattia, la maggior parte delle persone tende a non rispettare il trattamento in modo adeguato, con il rischio di ricadute o l’insorgenza di problemi seri che ne causano un ulteriore ricovero ospedaliero. Per lo più si tratta di anziani non seguiti, ma non solo: è compresa anche la fascia d’età che comprende persone dai 40 ai 60 anni che lavorano e conducono molto vite frenetiche. Per questo è nata Medyxcare: la nostra startup è capace di offrire assistenza ai pazienti coinvolti, ricordando loro le terapie da seguire e i controlli da fare. Tramite alert, sms o chiamate vocali, sollecitiamo il paziente affinché segua correttamente i trattamenti e si rechi in tempo agli appuntamenti. Il nostro servizio fornisce inoltre anche un report sulla gestione dei pazienti per monitorare l’efficacia dei servizi.

Ciò ha un risvolto positivo non solo per chi viene seguito, che non si sente abbandonato a se stesso, ma anche per gli ospedali e le strutture cliniche, che possono così monitorare le terapie, e per il sistema sanitario in generale, che risparmia non dovendo intervenire più volte su problemi insorti da trattamento discontinuo.

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medyx-careLe terapie mediche nell’era della digital trasformation: quanto è cambiata la vita del paziente?

Lavoriamo con cliniche ed ospedali. Siamo partiti dai reali bisogni dei pazienti per intervenire su una necessità molto sentita, scartando ad esempio farmacie e medici di base perché troppo lontani dal nostro modo di portare avanti il servizio. Forniamo infatti un servizio gratuito per una, due settimane e l’approccio è vincente. I pazienti della nostra epoca possono fare affidamento sui dispositivi che utilizzano quotidianamente e non lo sanno. Noi forniamo gli strumenti più adeguati, per ogni tipologia di utente. Per gli anziani infatti, che non posseggono smartphone e non sanno usare whatsapp, funziona la chiamata vocale. Ogni paziente ha il suo bisogno, e noi cerchiamo di soddisfarlo al meglio secondo la nostra esperienza. Inizialmente avevamo intenzione di partire con un’app, ma quest’ultima non soddisfaceva i bisogni di tutti. Tuttavia è un progetto che tuttora perseguiamo e speriamo di realizzare entro breve. Inoltre stiamo sviluppando una Intelligenza Artificiale che si comporta come un’infermiera in carne e ossa 24h su 24. Attraverso Chatbots dedicate è possibile avere supporto, informazioni e assistenza come con una persona dedicata alle cure. Il mondo medicale, così come quello del paziente, è completamente cambiato e la tecnologia può rappresentare un valido strumento di supporto.

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Vantaggi e svantaggi di realizzare una starnup nel settore customer care

Gli svantaggi sono numerosi, in particolare nell’ambito medicale dove il sistema è saldamente ancorato a solide radici e non si apre così facilmente all’innovazione. I software sono vecchi, e solo obbligando a provare programmi nuovi e costatando che sono più efficaci di quelli passati, si vince la reticenza.

Ma l’apertura verso l’innovazione, le nuove tecnologie e il digital health è un problema ampio che affligge tutto il sistema sanitario. E pensare che una maggiore efficienza, soprattutto in termini di continuità di cure, si traduce in una riduzione dei costi della spesa sanitaria.

I vantaggi si vedono invece nel contatto diretto con il paziente, pensando che si realizza un servizio efficiente e personalizzato.

startupMedyxEssere donna e ricoprire il ruolo di Ceo e co-founder: quanto è difficile realizzarsi nel settore?

Molto, ma io tifo affinché si sviluppi l’imprenditorialità femminile. Noi donne abbiamo tante competenze, siamo brava a gestire più situazioni insieme e siamo molto attente ai dettagli. Nel nostro paese non è facile, c’è un problema che riguarda l’educazione in termini di scuola e famiglia. Le bambine sono spesso indirizzate verso materie umanistiche, abituate a non contrastare l’autorità, a non raccogliere le sfide, a restare indietro invece di essere coraggiose.

Questa è la causa della bassa percentuale di ragazze nel settore tecnologico e più in generale innovativo. Inoltre, molte colleghe non si sentono mai all’altezza, non sono abbastanza incoraggiate e di conseguenza non credono abbastanza in loro stesse.

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Eventi come la Female Founders Dinner di SheTech Italy possono contribuire a cambiare il trend?

Certamente! Credo molto nel network femminile, perché è importante condividere idee, esperienze opinioni e contatti. Le donne hanno bisogno di supportarsi a vicenda e trovare la strada verso l’affermazione personale anche in materie e settori come quello scientifico, visto ancora come prettamente maschile.

L’Intelligenza Artificiale soppianterà il lavoro dell’uomo? Le nuove tecnologie creeranno lavoro o lo sostituiranno?

L’Intelligenza artificiale è creata dall’uomo, quindi non potrà mai farne senza. Vedo un futuro di sviluppo, legato a nuove professioni come data analist o sviluppatori di software. In questo le donne, secondo il mio parere, avranno un ruolo centrale perché all’A.I. serve comunicare e chi meglio delle donne è in grado di farlo rendendo il messaggio più umano possibile?

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Ludwig, il software per scrivere in perfetto inglese https://www.business.it/ludwig-software-scrivere-perfetto-inglese/ Wed, 28 Mar 2018 11:00:13 +0000 https://www.business.it/?p=20690 Per chi studia inglese o anche per i non esperti, alcune volte capita di avere dubbi a causa di quelle incongruenze che possono provocare più di una confusione. Per chi ha provato a scrivere in una lingua che non è la sua, probabilmente sa bene che in primo luogo, la scrittura richiede molto più tempo del solito… Leggi tutto »Ludwig, il software per scrivere in perfetto inglese

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Per chi studia inglese o anche per i non esperti, alcune volte capita di avere dubbi a causa di quelle incongruenze che possono provocare più di una confusione. Per chi ha provato a scrivere in una lingua che non è la sua, probabilmente sa bene che in primo luogo, la scrittura richiede molto più tempo del solito e, in secondo luogo, anche i servizi di traduzione online sono spesso sbagliati. Scrivere in inglese non è esattamente come esprimersi nella propria lingua. Dettaglio trascurabile in contesti informali, ma diventa un problema quando ciò che produciamo deve raggiungere un interlocutore più importante. È in quei momenti che Google diventa il nostro migliore amico, ma non è un suggeritore del quale sempre ci si può fidare.

A tendere la mano verso chi dovesse riscontrare questo genere di difficoltà è stato un team di ragazzi siciliani, che insieme hanno dato vita a Ludwig, il primo motore di ricerca linguistico che aiuta chi deve scrivere in inglese, fornendo traduzioni contestualizzate. Infatti è un sistema di supporto alla scrittura che si basa sull’imitazione di testi proveniente da fonti affidabili e consente di migliorare a chiunque il proprio livello di inglese. In questo articolo spieghiamo attraverso un’intervista fatta alla CMO & Business Developer del progetto Roberta Pellegrino cos’è Ludwig, a cosa serve e tutto quello che c’è da sapere su questo interessante e utile motore di ricerca specializzato.

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Cos’è Ludwig?

Ludwig è un motore di ricerca specializzato nella ricerca di frasi. Realizzato per consentire a chiunque di scrivere in un perfetto inglese, Ludwig è un sistema di supporto alla scrittura basato sull’imitazione di testi provenienti da fonti affidabili (giornali, pubblicazioni scientifiche, etc.) che permette all’utente di capire se le frasi che sta scrivendo sono corrette e hanno senso.

Come funziona Ludwig

Ludwig funziona come un gigantesco dizionario interattivo. Basta digitare una frase in inglese o una parte di essa, per verificare che sia giusta il software offre in tempo reale, grazie ad un algoritmo di ricerca proprietario chiamato SentenceRank, frasi corrette, una serie di esempi provenienti da fonti autorevoli, come The New York Times, PLOS ONE, BBC e pubblicazioni scientifiche, pescati all’interno di un enorme database, ancora in espansione, che contiene già milioni di frasi e le presenta agli utenti nei propri contesti d’uso. Una visione d’insieme veloce ed efficace che consente all’utente di capire se la frase che ha proposto è effettivamente usata (ed ha quindi senso). E se si, in che modo.

Cos’ha di veramente nuovo?

Ludwig non tiene conto solo delle regole grammaticali, ma soprattutto dell’uso della lingua in contesti affidabili. Il suo scopo non è sostituirsi all’utente nella traduzione o nella scrittura di testi, ma offrirgli gli strumenti per farlo in maniera indipendente ed efficace.
È nel fattore umano che sta la vera unicità di Ludwig. L’utente ottiene come risultato della sua ricerca testi di qualità scritti da esseri umani da cui può imparare.

Breve storia di Ludwig

Nel 2014, dopo 6 mesi da borsista al MIT, Antonio Rotolo è tornato con un’idea: abbattere ogni barriera linguistica ed offrire a milioni di studenti, ricercatori e professionisti nel mondo la possibilità di scrivere facilmente in inglese, colmando il gap coi propri colleghi madrelingua. Ne parla con gli amici di sempre, anche loro ricercatori universitari, Roberta Pellegrino e Federico Papa ed insieme decidono di trasformare l’idea in progetto e di presentarlo al Working Capital di Telecom Italia nel 2014.
L’idea vince il contest, viene premiata con 25.000 euro, ed ammessa al programma di accelerazione d’impresa.

Il nome lo hanno preso in prestito dal filosofo Wittgenstein, che li ha ispirati con una sua massima: “i limiti del mio linguaggio sono i limiti del mio mondo”, una frase che esprime al meglio l’ambizioso obiettivo che i ragazzi si sono posti, ossia “abbattere la torre di Babele per metterci tutti sullo stesso piano”. Online da febbraio 2016, Ludwig è un motore di ricerca linguistico progettato per aiutare le persone a scrivere frasi inglesi corrette. 

E’ finalmente pronto per essere presentato al pubblico. Dopo 19 mesi le promesse sembrano mantenute: 5.000.000 utenti unici previsti entro la fine del 2017, circa 40.000 utenti al giorno e un ritmo di crescita sorprendente. La prima cosa da sapere su Ludwig è che gli utenti devono assumere un ruolo attivo e avere come obiettivo finale quello di rendere le persone indipendenti.

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ludwig-traduttore-ingleseChi sono i membri del team di Ludwig?

Tutti under 35 e tutti siciliani. Dopo essersi formati e aver lavorato in Spagna, Germania, Stati Uniti, Norvegia e Belgio, hanno deciso che la casa di Ludwig doveva essere in Sicilia.

Fondatori

  •   Antonio Rotolo. Archeologo e ricercatore universitario, ideatore e capitano della squadra. É il CEO di Ludwig.
  •  Roberta Pellegrino. É “Lady Ludwig”, la CMO & Business Developer del progetto. Scienziata Cognitiva e filosofa di formazione, ha completato il dottorato in Management and Economics tra la Sicilia e gli Stati Uniti.
  •   Federico Papa. Avvocato, ha un dottorato di ricerca in Public Management ed è esperto di diritto d’autore e di tutto ciò che riguarda tecnologia e diritto. É il COO di Ludwig.
    Team
  •   Francesco Aronica. Si prende cura del database di Ludwig, strumento chiave per il funzionamento del software. Ha una laurea specialistica in ingegneria informatica all’Università di Catania e 5 anni di esperienza in gestione dei database.
  •   Francesco Giacalone. É il frontend developer del gruppo. Una laurea e 6 anni di esperienza nel settore. A lui il compito di curare il design di Ludwig, e di rendere l’esperienza dell’utente il più semplice ed efficace possibile.
  •  Salvatore Monello. Ingegnere informatico. Da 3 anni si occupa di Linguistica Computazionale. Si occupa dell’algoritmo di ricerca di Ludwig.
  •  Antonino Randazzo. É a capo del team di sviluppo software di Ludwig. Ingegnere informatico esperto di linguistica computazionale con 10 anni di esperienza come sviluppatore.
  •  Daniele Tagliavia. Giornalista ed esperto di comunicazione d’impresa. La sua missione è far conoscere Ludwig al mondo.

Il mercato potenziale

Ludwig può contare su un mercato potenzialmente sterminato: 650 milioni di persone (stimato a più di un miliardo nel 2020) che quotidianamente scrivono in inglese per ragioni di studio o di lavoro. Al pari di Spotify per le canzoni e Youtube per i video, Ludwig ha l’ambizione di organizzare e rendere fruibili per tutti, milioni di testi scritti in inglese corretto.

Sviluppo e funzionalità aggiuntive


L’utente può utilizzare Ludwig in due modi: digitando la propria frase in inglese (75% dei casi d’uso appartengono a questa categoria) o nella lingua che si preferisce (25%).
Ludwig funziona infatti come un traduttore intelligente e si spinge oltre la semplice traduzione automatica, fornendo esempi della traduzione in contesti d’uso, così che l’utente possa verificare l’attendibilità della traduzione fatta dalla macchina. A questo si aggiunge un dizionario di lingua inglese integrato interattivo e la Desktop App, amatissima dagli utenti che fanno un uso di Ludwig più intensivo, perché consente di utilizzarlo più velocemente ovunque ci si trovi sul proprio computer (casella email, foglio word, power point, facebook, etc..).

Chi può utilizzare Ludwig e a chi è rivolto?

Chiunque abbia bisogno di scrivere in inglese: dal principiante che utilizza un inglese elementare, al madre lingua. La cosa speciale di Ludwig è che è uno strumento super flessibile che si adatta ai limiti di ognuno. Aiuta come traduttore, digitando la propria frase in qualsiasi lingua, in quanto Ludwig supporta più di 250 lingue e  aiuta a capire se la traduzione automatica di Google ha senso o meno. Nel caso in cui un utente non sa scrivere in inglese, scrive nella sua lingua di origine, Ludwig traduce la frase, ma cosa fondamentale è quella di controllare che la traduzione sia corretta verificando se quella traduzione esiste all’interno di contesti affidabili.

Quali sono le prospettive future?

Ludwig è una società che ha degli obiettivi di breve e lungo termine. Il grande passo avverrà a fine Marzo quando la società rilascerà la versione  Premium Ludwig Avanzata ufficialmente in tutto il mondo. L’obiettivo concreto è quello di portare il progetto a un punto di svolta, un’azienda più sostenibile nel fare investimenti sempre più tecnologici con funzionalità aggiuntive.

Ci sono accordi con altre società del settore per ingrandire il bacino cliente?

La tecnologia costruita per Ludwig ha un algoritmo specializzato in ritrovamento di frasi e questo è un servizio che si può convertire a tante altre aziende. Per il futuro, l’azienda spera di trovare sempre più investitori. Infatti l’azienda mira a stringere accordi con grande case editrici, per avere un mercato più ampio. Inoltre in autunno l’azienda lavorerà alla creazione di un Ludwig per la lingua italiana, un momento importante che mira a coinvolgere vari grandi editori italiani e firmare partnership con fonti affidabili offrendo loro l’opportunità di indirizzare il traffico verso i loro archivi online.

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Donne e tecnologia: SheTech e la community tutta al femminile https://www.business.it/donne-tecnologia-shetech-community-femminile/ Wed, 14 Feb 2018 10:02:25 +0000 https://www.business.it/?p=18615 La tecnologia è un settore in costante evoluzione. Ha fame di talenti, esperti e meno esperti, capaci di innovare e condividere. In questo ambito le donne sono messe da parte. Per cultura o costrizioni sociali, risultano poco attive. Perché? Lo abbiamo chiesto a Lisa Di Sevo, ideatrice e fondatrice di SheTech (shetechitaly.org), associazione in cui ricopre… Leggi tutto »Donne e tecnologia: SheTech e la community tutta al femminile

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La tecnologia è un settore in costante evoluzione. Ha fame di talenti, esperti e meno esperti, capaci di innovare e condividere. In questo ambito le donne sono messe da parte. Per cultura o costrizioni sociali, risultano poco attive. Perché?

Lo abbiamo chiesto a Lisa Di Sevo, ideatrice e fondatrice di SheTech (shetechitaly.org), associazione in cui ricopre il ruolo di Presidente. Insieme ad altre colleghe, che per passione e professione si occupano di tecnologia e innovazione, Lisa ci accompagna nel mondo di un’organizzazione originale e stimolante.

Siamo nate 6 anni fa, da un’associazione più grande, da cui poi ci siamo staccate, per percorrere autonomamente il nostro percorso. Operiamo a livello nazionale e internazionale contando su un network di circa 3000 persone. Un risultato eccellente, segno che di associazioni come noi esiste un bisogno non conclamato. Non si tratta di combattere i pregiudizi su donne e tecnologia. Lavoriamo su come includere la parte femminile all’interno di un settore prettamente maschile. Il nostro obiettivo è quello di spronare le donne a diventare parti attive del cambiamento! Aiutarle nel processo di consapevolezza per affermarsi sia a livello personale che professionale. SheTech desidera coinvolgere il mondo femminile in tutto il settore tecnologico, sia esso rappresentato da nuove opportunità di lavoro oppure rappresenti semplicemente un interesse da condividere”.

SheTech è un’associazione non profit. Condividendo esperienze e offrendo corsi formativi, l’organizzazione aiuta a fare comprendere che il network rappresenta un asset, e che le imprese possono cogliere l’opportunità di entrarne a contatto.

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Attraverso eventi, workshop e servizi, SheTech si pone come il punto di riferimento tra le opportunità offerte dal mondo tech e la volontà delle donne di mettersi in gioco. La community è trasversale, vantando un target femminile di diversa età, istruzione e professione. Segno che l’ambiente tecnologico riguarda davvero tutti e non è più solo appannaggio dell’universo maschile.

Del 49% della forza lavoro rappresentata dalla parte femminile, solo il 30% si occupa di tecnologia e addirittura solo il 7% guida la sviluppo del prodotto e non ricopre ruoli strategici. Ciò che vogliamo fare con SheTech è ribaltare la situazione, cambiando i numeri! Il rinnovamento può avvenire solo attraverso una riforma che parte dalla donne per se stesse. Sono loro, infatti, che devono spingersi in avanti, cogliere le potenzialità del settore e farsi sentire in modo adeguato”.

Lisa spiega che si tratta di un problema di atteggiamento femminile. Durante i workshop di formazione arrivano manager e imprenditrici che ricoprono già ruoli importanti nella tecnologia, ma spesso sentono il bisogno di approfondire le proprie conoscenze, non sentendosi mai all’altezza del ruolo e della situazione. Ebbene, la consapevolezza e un atteggiamento sicuro stanno alla base di un rapporto più sereno col proprio lavoro, ma soprattutto con la professione che si svolge. SheTech prova a dare una spinta, condividendo esperienze e offrendo corsi formativi, l’organizzazione aiuta a fare comprender che il network rappresenta un asset, e che le imprese possono approfittarne a piene mani.

L’universo maschile lo ha capito già da tempo, tanto che ne ha fatto un proprio punto di forza, le donne invece tendono ad arrendersi più facilmente, ad indietreggiare nei momenti di difficoltà.

Quante ragazze, dopo la maternità, decidono di lasciare il posto di lavoro senza pretendere sostegno o per la paura di non farcela? Questo retaggio è sbagliato. SheTech è qui per fornire sostegno e strumenti affinché la diversità costituisca un vantaggio e non un ostacolo, proprio come  già succede in alcune aziende degli Stati Uniti. Ovviamente ci rivolgiamo ad un pubblico femminile, ma il nostro fine è quello di includere tutti nel settore tech. Non esistono barriere reali, proviamo ad essere “facilitatori” del cambiamento, offrendo sicurezza e spronando ad assumere un atteggiamento più positivo e consapevole”.

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SheTech vanta la collaborazione di hub, startup e imprese di alto profilo in numerosi settori: Cariplo Factory, Cisco, Talent Garden solo per citarne alcune. Inoltre, coopera con altre realtà del settore, associazioni e organizzazioni nazionali ed internazionali, con lo scopo di creare un network di supporto e condivisione.

SheTech offre poi un’opportunità eccezionale attraverso il contributo di Women Speakers: un vero percorso di training per imparare a parlare in pubblico e candidarsi come relatrici nel proprio settore di competenza. I corsi sono gratuiti e servono per garantire maggiori opportunità di scelta a chi questa formazione la gestisce e sceglie solo uomini.

Ma public speaking è solamente uno dei numerosi progetti che SheTech annovera tra le sue specificità: migliorare le skill, condividere la propria storia, scoprire nuove opportunità lavorative e far crescere il know how servono alle donne quanto al mondo del lavoro e alla società nella sua interezza.

Empowerment, education, methodology. Non crediamo certo di formare sviluppatrici navigate durante un workshop, ma il nostro compito è quello di mostrare un mondo come quello tecnologico, pieno di opportunità per qualsiasi tipologia di interesse. Che si tratti dell’adolescente che desidera maggiori informazioni per scegliere l’indirizzo universitario nel settore, della madre in cerca di supporto e appassionata di digitale, della donna in carriera volenterosa di appendere come aumentare di grado. Infine, il nostro ulteriore compito è anche quello di mettere in comunicazione questi mondi e palesare una nuova scena di fronte agli occhi degli investor corporate. Le donne possono finalmente rendersi visibili e partecipi”.

Il seme è stato gettato: SheTech rappresenta il ponte che mancava tra due mondi pieni di opportunità.

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Preparare al cambiamento implementando la trasformazione: Smartive e la rivoluzione digitale https://www.business.it/preparare-al-cambiamento-implementando-la-trasformazione-smartive-e-la-rivoluzione-digitale/ Mon, 29 Jan 2018 11:21:58 +0000 https://www.business.it/?p=17690 Un ossimoro, una piacevole contraddizione, un’intervista decisamente ‘unconventional’: discutere di rivoluzione digitale nella saletta di un caffè dall’arredamento vittoriano, circondati da vecchi quadri e mobili antichi, parlare di futuro immersi nel passato. Ho incontrato Marco Mazzini  proprio nella sua terra natale, uno di quei luoghi in cui il mare si sente, anche nei punti da… Leggi tutto »Preparare al cambiamento implementando la trasformazione: Smartive e la rivoluzione digitale

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Un ossimoro, una piacevole contraddizione, un’intervista decisamente ‘unconventional’: discutere di rivoluzione digitale nella saletta di un caffè dall’arredamento vittoriano, circondati da vecchi quadri e mobili antichi, parlare di futuro immersi nel passato.

Ho incontrato Marco Mazzini  proprio nella sua terra natale, uno di quei luoghi in cui il mare si sente, anche nei punti da dove non si vede, in una di quelle giornate di vento in cui l’odore del salmastro abbraccia l’atmosfera, ci siamo seduti accerchiati dal passato ed abbiamo fatto un balzo nel futuro.

Marco Mazzini è il co-founder di Smartive, società di consulenza focalizzata sul supporto ai dirigenti delle risorse umane di grandi aziende, nell’accompagnare il personale dentro al digitale.

Trasformiamo le persone per trasformare le organizzazioni. Questo è il nostro motto, la sintesi della nostra mission, l’obiettivo che ci proponiamo all’inizio di un percorso, un percorso che ha un chiaro punto di partenza ed un preciso traguardo, noi costruiamo la strada per raggiungerlo. L’approccio all’avvento del digitale è parte di un processo che condurrà le aziende in un futuro ancora incerto, non sappiamo ancora, di preciso, quale saranno i reali effetti di questa rivoluzione sul lavoro, ma sappiamo perfettamente che c’è assoluto bisogno di prepararsi a cambiamenti epocali.” 

marco-mazzini-smartiveSmartive è come una speciale agenzia di viaggi, un’agenzia che organizza il viaggio nel futuro, il viaggio nel digitale, traghetta le persone su una sponda nuova, alla conquista di nuove terre, di nuovi orizzonti, il concetto del ‘journey’ ricorre spesso nelle parole di Marco Mazzini, mentre racconta il suo lavoro.

“Il viaggio è una delle nostre key-word principali, è la parola esatta per comprendere come la trasformazione digitale delle persone sia un processo a tappe, un vero e proprio percorso, in cui ogni fermata è indispensabile. Mi balza sempre in mente il paragone con la ‘Transiberiana’, il treno che attraversa le lande del nord-est del mondo ed il viaggiatore, dal finestrino, scorge centinaia di migliaia di dettagli, che vanno a comporre l’esperienza, preparandosi all’arrivo alla meta.

Il ‘journey’ viene concordato direttamente con l’azienda con cui iniziamo una collaborazione, ci sono diversi step indispensabili per ottenere dei buoni risultati. Il principio cardine è quello di condurre ad un vero e proprio cambiamento mentale, che non sia una semplice preparazione all’introduzione di nuove tecnologie. Parliamo di ‘open trasformation’ che si tratta di una vera e propria estensione di una ‘open innovation’: non basta trasformare l’entità aziendale affinché diventi ‘open’, serve anche instillare un vero e proprio cambiamento di approccio nei suoi componenti. Chi opera nell’organizzazione deve percepire, sentire, capire il cambiamento per contagiare, contaminare il resto del personale.”

Ispirare ma non solo, anche formare e preparare, ma come?

“Le possibilità che Smartive offre alle aziende sono molteplici e contemplano diversi livelli di azione. Si tratta di differenti programmi che sono come i gradini di una scala, si va da discussioni preparatorie all’argomento, fino a veri e propri eventi formativi, hackaton, che rappresentano il nostro modello di lavoro principale. Operiamo all’interno delle grandi aziende, cerchiamo di infondere la mentalità di una start-up, all’interno delle imprese-colosso. Anche se il concetto di start-up è decisamente pericoloso, in quanto oggi facciamo un vero e proprio abuso di questo termine: qualsiasi azienda appena avviata viene definita ‘una start-up’, in realtà credo che si dovrebbe fare una distinzione marcata tra una semplice impresa che nasce ed una start-up. Una start-up contempla un approccio ‘smart’, agile, una spiccata apertura all’innovazione, alla tecnologia: trovare una start-up innovativa e promettente non è affatto facile, il problema di oggi è che si tende a generalizzare, definendo start-up, qualsiasi società che prende forma. Perché è importante parlare di start-up in questo contesto? Semplicemente perché Smartive ha il compito di portare i dirigenti di grandi multinazionali, a pensare come giovani startupper.”

Il lavoro con i gruppi dirigenti di grandi aziende avviate non è certo semplice, cambiare la mentalità di persone abituate a pensare ed agire in un’epoca completamente differente da quella in cui stiamo entrando comporta grossi rischi. Su tutti il rischio dell’atteggiamento ostile di chi non ci crede, di chi partecipa alla formazione soltanto per indicazioni dall’alto, di chi non ha fiducia nel progresso ma resta ancorato ai principi obsoleti che l’ha condotto ai vertici della piramide organizzativa.

“Per affrontare questo genere di problema, Smartive ha pensato a diverse soluzioni. Innanzitutto la nostra società non può utilizzare metodi evangelizzatori, non si tratta di spiegare all’interlocutore ciò che deve fare, ma indurlo ad un ragionamento, non semplicemente dando indicazioni, ma accompagnandolo a modificare i canoni di pensiero. Ci siamo trovati spesso di fronte a questo genere di ostacoli, in termini di resistenza al progetto oppure di accettazione passiva del processo. Fondamentale, infatti, è anche la continuità che si conferisce al nostro lavoro: il raggio d’azione di Smartive non può essere limitato ad un’esperienza passeggera, piuttosto dev’essere continuamente aggiornato e gestito nel tempo. Uno dei metodi principali che attuiamo per contrastare le reticenze dei dirigenti è quello della ‘contaminazione’. I manager vengono messi a contatto con personaggi esterni di pari grado, appartenenti ad altre realtà, per indurre al confronto. Le aziende, oggi, più grandi sono, più tendono a chiudersi in se stesse, a dimenticarsi dei bisogni dei clienti, per questo hanno bisogno di reindirizzare il punto di vista, spalancarsi al cambiamento: condividere le problematiche abbassa notevolmente le paure, positività ed apertura sono contagiose.”

Ma scendiamo nel dettagli: che cos’è, di preciso un hackathon? In che cosa consiste? Come si svolge?

“L’hackathon è a tutti gli effetti un evento, può avere una durata variabile, da una giornata, fino ad una settimana, il personale di un’azienda si riunisce in una location stabilita, dove si svolgono attività di formazione. Per ciò che riguarda Smartive si tratta di qualcosa di molto particolare, è un fenomeno speciale, richiede un’organizzazione dettagliata ed una serie di collaborazioni esterne. È come produrre un film, servono sceneggiatori, catering, esperti esterni in materia, personale atto a svolgere diverse mansioni, si tratta di un vero e proprio sistema complesso che ricrea l’ambiente favorevole per attuare un cambiamento di mentalità. Recentemente abbiamo organizzato un hackathon per una multinazionale nel settore della grande distribuzione organizzata, l’obiettivo è proprio quello di condurre il personale addetto alle risorse umane, verso la trasformazione digitale. Tutti i responsabili delle risorse umane si sono ritrovati in una location studiata e preparata per l’occasione, di fronte ai grandi quadri dirigenziali aziendali, hanno dovuto esporre delle problematiche organizzative, tentando di risolverle con lo studio ed il lancio di un’App. Hanno lavorato ininterrottamente per 48 ore consecutive, senza neppure ricordarsi di dormire, divisi in gruppi, uniti e coesi, hanno rilevato il problema ed ideato la soluzione. Questa attività è estremamente utile per creare uno spirito di gruppo, ma anche per permettere ai piani alti di una multinazionale di capire gli effettivi malfunzionamenti interni. La App dichiarata vincente dalla giuria, ha avuto la possibilità ed il sostegno per essere effettivamente realizzata. All’interno di questa due giorni non si è soltanto lavorato al progetto suddetto, ci sono stati diversi speech, interventi di personaggi esterni esperti del settore, sono stati ricreate le ambientazioni adatte per una maggiore produttività ed i risultati sono stati decisamente tangibili, sia in termini di sviluppo, che in un riscontro emozionale.”

hackathlon-smartive-2Terminata la discussione su Smartive siamo usciti dal caffè dall’arredamento vittoriano, ci siamo ritrovati nella piazza di quel piccolo paese di mare, che da decenni vive di solo turismo. Nel silenzio di un pomeriggio d’inverno, in cui si sentiva soltanto il fischio forte del libeccio, una domanda mi è sorta quasi spontanea.

Un personaggio che vive da anni a stretto contatto col digitale e che prepara il mondo a questa rivoluzione, che cosa pensa sul futuro del lavoro e sull’avvento dei robot?

“Su ciò di cui non si può parlare… è meglio tacere!” Sorride.

So soltanto che il 65% dei bambini che nascono adesso, faranno un lavoro di cui noi, in questo momento non contempliamo neppure l’esistenza.

(Tutte e info su Smartive Company su www.smartive.company)

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Keesy: la start up che rivoluziona l'home sharing, intervista al founder Patrizio Donnini https://www.business.it/keesy-la-start-up-che-rivoluziona-lhome-sharing-intervista-al-founder-patrizio-donnini/ Mon, 15 Jan 2018 06:35:36 +0000 http://www.business.it/?p=16690 Con il termine automazione s’intende quello sviluppo tecnologico che utilizza particolari sistemi di controllo per gestire macchine e processi, diminuendo la necessità d’impiego e sforzi umani. L’automazione si distingue per l’apporto all’esecuzione di operazioni ripetitive o complesse, con l’obiettivo di incrementare sicurezza, efficacia e comodità. L’automazione, nata durante l’epoca della prima rivoluzione industriale, è letteralmente esplosa nell’era digitale, diventando… Leggi tutto »Keesy: la start up che rivoluziona l'home sharing, intervista al founder Patrizio Donnini

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Con il termine automazione s’intende quello sviluppo tecnologico che utilizza particolari sistemi di controllo per gestire macchine e processi, diminuendo la necessità d’impiego e sforzi umani. L’automazione si distingue per l’apporto all’esecuzione di operazioni ripetitive o complesse, con l’obiettivo di incrementare sicurezza, efficacia e comodità.

L’automazione, nata durante l’epoca della prima rivoluzione industriale, è letteralmente esplosa nell’era digitale, diventando oggetto di spasmodica ricerca, da parte di menti visionarie, che applicano il concetto di risparmio di tempo ed energie a tutto ciò che implica un procedimento.

Proprio di questo argomento abbiamo parlato con Patrizio Donnini, CEO e Founder di Keesy, una delle start up più innovative e sorprendenti nel panorama italiano, che punta dritto al successo internazionale.

In una lunga intervista Donnini ha spiegato a Business.it tutti i dettagli del suo progetto, già divenuto brillante realtà. Scopriremo com’è nata l’idea, analizzeremo la caparbietà ed il coraggio di uno startupper italiano, che ha dimostrato che l’assioma “è già stato inventato tutto”, è soltanto una giustificazione per la vecchia e vagabonda volpe che non arriva all’uva, affermando che sia acerba.

HOME SHARING

“Innanzitutto è indispensabile una premessa: da qualche anno a questa parte il turismo è decisamente cambiato, intrecciandosi sempre più spesso con le dinamiche del panorama immobiliare. Ci sono sempre più viaggiatori che scelgono di alloggiare in appartamenti privati ed autonomi, si è creata così una fitta rete di proprietari affittuari, che ha portato con sé una vera e propria regolamentazione, con tanto di legislazione specifica. Per un investimento personale, ho deciso di acquistare due appartamenti nel centro di Firenze, mettendoli a disposizione dei turisti, dando vita ad un’attività commerciale che mi ha condotto a diverse riflessioni.”

È l’incipit di Patrizio Donnini, che ci spiega come si sia ritrovato di fronte a delle difficoltà nella gestione della sua piccola impresa. Perché?

“I miei problemi nella gestione degli appartamenti erano legati all’accoglienza degli ospiti. Gli arrivi dei turisti, specie nelle grandi città, sono soggetti agli orari più disparati, dovuti a mezzi di trasporto come treni ed aerei. Molto spesso i visitatori arrivano in città a notte inoltrata ed il procedimento di accettazione dell’ospite, con tanto di raccolta di documento d’identità e consegna della chiave, richiede più o meno un’ora. Mi ritrovavo a dover dedicare un tempo eccessivo a quest’attività, oppure, come fanno in molti, a doverla delegare a terzi, con una spesa notevole e risultati poco soddisfacenti.”

Le norme per la sicurezza nazionale obbligano l’host (proprietario dell’immobile) ad inviare alla questura i documenti degli ospiti dell’appartamento, immediatamente prima di consegnare loro le chiavi, è necessario, inoltre, riscuotere la tassa di soggiorno e l’importo stabilito per il pernottamento. Va da sé che la procedura occupa un tempo rilevante, senza contare il viaggio per raggiungere il luogo in cui si trova la casa, motivo per cui, in molti, specie i proprietari di più immobili destinati a quest’uso, decidono di delegare l’operazione a giovani studenti o lavoratori saltuari, spesso neppure regolarizzati con voucher, tantomeno con contratti. Il risultato finale è un dispendio di denaro ed un risultato spesso non all’altezza.

Keesy-PointL’IDEA ED IL SUO SVILUPPO

“Ho iniziato a rovistare nel mondo di internet, cercando di capire se altre persone si erano poste il problema, se c’erano iniziative o soluzioni all’orizzonte, in Italia o all’estero. Nessuna risposta. Continuavo a spremere le meningi per capire come sciogliere il nodo, arrivando anche a pensare di non proseguire quest’attività imprenditoriale. Ho impiegato gran parte della mia vita professionale come owner di un’agenzia di ‘problem solving’, non potevo mollare. Erano le 5 di mattina, dopo una notte di sonno scostante e d’immagini sovrapposte… Ecco come automatizzare il processo!

Così nasce Keesy, la fusione delle parole inglesi ‘key’ ed ‘easy’: il sistema che rivoluziona completamente check-in e check-out dei turisti che decidono di alloggiare in appartamenti privati. Un processo totalmente automatico che rende il guest indipendente dall’host, coniugando risparmio di tempo e denaro, con praticità e snellezza della procedura.

Keesy è un servizio che porta con sé un sistema articolato e studiato nei minimi dettagli. Innanzitutto prevede la presenza di un negozio fisico, il Keesy Point, situato nei punti di maggior flusso turistico (stazioni ferroviarie, aeroporti). Questo locale è video sorvegliato e assistito in doppia lingua 24 ore su 24, 7 giorni su 7, con telecamere a circuito chiuso, al suo interno ci sono dei box numerati contenenti le chiavi degli appartamenti affiliati ed un touch per le varie operazioni di check-in. Il touch permette il pagamento dell’importo, sia per il pernottamento, che per la tassa di soggiorno, tramite carta di credito, scannerizza ed invia alla questura, in tempo reale, i documenti degli ospiti. Nello stesso tempo, tramite l’App gratuita scaricabile su ogni smartphone, il guest riceve un codice segreto con cui poter accedere al Keesy Point e aprire il cassetto di sicurezza contenente la chiave di casa. A quel punto, grazie anche al servizio di deposito bagagli, il turista può decidere tranquillamente se recarsi subito all’alloggio, oppure fare prima un giro della città.”

Chiarissime le parole di Patrizio Donnini che poi spiega che l’App prevede anche una sezione in cui il visitatore può scoprire i luoghi utili vicino all’appartamento, una chat diretta con l’host per qualsiasi evenienza e comunicazione, ed un canale video dove poter osservare il funzionamento degli elettrodomestici del locale. Naturalmente c’è la possibilità di effettuare il check-in online precedentemente, riducendo l’operazione in loco al solo ritiro delle chiavi.

Keesy ha pensato ad ogni tipo di Host e offre ai suoi clienti due tipi di prodotti: Box, pensato per chi ha bisogno di affidare a Keesy il ritiro e consegna chiavi, unitamente a tutti gli altri servizi che può scegliere di utilizzare o meno, e Digital, per chi non ha bisogno del ritiro e consegna chiavi, perché possiede una struttura domotizzata o perché preferisce consegnare le chiavi personalmente, ma vuole usufruire di tutti gli altri servizi come la gestione delle pratiche burocratiche e i pagamenti, il tutto tramite check-in online!

Il servizio di ‘Home Sharing’ è una pratica sempre più diffusa e non esiste niente di simile in tutto il mondo, l’idea di Donnini è originale ed innovativa, per questo la società Keesy, ha depositato ben 151 brevetti, prima di aprire il primo negozio fisico a Firenze e, successivamente, a Roma.

keesy-3IL PARERE DEGLI OSPITI

Una delle parti più interessanti del lancio della start up Keesy, da parte di Patrizio Donnini, sono senz’altro gli studi statistici approfonditi che il team dell’imprenditore toscano ha effettuato, per capire le esigenze dei clienti.

“Grazie all’apporto di GFK Eurisko siamo riusciti a comprendere le dinamiche di questo particolare settore di mercato, su 1000 guest intervistati, ben 700 affermano di non essere minimamente interessati ad un check-in fisico, solo il 12% dell’intero volume degli ospiti ascoltati, richiede espressamente un’accoglienza fisica, da parte di un responsabile dell’alloggio. Questi numeri, naturalmente, hanno incoraggiato il nostro percorso teso all’automazione del servizio. Ho personalmente riflettuto sul lato emozionale dell’accoglienza agli ospiti, qualcuno potrebbe preferire il proprietario dell’immobile che fa gli onori di casa, presentando l’appartamento, ma, di fatto, visto che spesso questo lavoro viene delegato a persone sconosciute, il reale effetto di questa pratica si perde. Credo che la libertà di arrivare, e poi eventualmente incontrare successivamente il proprietario dell’alloggio, o avere una chat diretta con lui, possa garantire una soddisfazione identica ed una maggiore autonomia. Sono in molti i guest che si sentono in difficoltà, quasi in difetto, scomodando l’affittuario ad ore impensabili della notte, quando non è certo una responsabilità di chi viaggia, dover sottostare agli orari dei mezzi di trasporto.”

Keesy vuole spostare l’accoglienza ad un momento migliore, non deve essere un mero incontro fugace per consegnare le chiavi. C’è differenza tra accoglienza e check-in, non sono due momenti che devono necessariamente coincidere. L’obiettivo di Keesy è proprio quello di rendere l’arrivo del guest in una città turistica il più piacevole e veloce possibile, aiutando l’host in tutte le fasi del check-in e del check-out: dal pagamento della tassa di soggiorno alla consegna e ritiro chiavi. In questo modo, host e guest potranno scegliere il miglior momento per accogliersi, godendosi solo il bello dell’accoglienza.

“Una grande soddisfazione per noi di Keesy è stata quella di vedere come tutti gli Host che hanno deciso di utilizzarci, di darci fiducia, poi hanno usufruito del nostro servizio più volte. Questo è sicuramente un dato importante che indica come Keesy si stia muovendo nella direzione giusta.” Afferma Donnini

TRA SUCCESSI E FUTURO

Patrizio Donnini ha ricevuto il ‘fiorino d’oro all’innovazione’ per questo suo progetto, un premio ambitissimo, specialmente per un fiorentino doc. Selezionata tra le migliori 100 start up italiane, parteciperà all’evento dell’anno, Phocuswright Amsterdam dell’anno, dando respiro internazionale alla sua idea, che già è pronta per essere esportata. Insieme alle nuove aperture, ormai prossime, di Milano e Venezia, l’obiettivo di Keesy è quello di conquistare l’Europa, con gli occhi puntati su Barcellona, Parigi, Londra, fino alla rotta oltre-oceano che porta a Miami. La possibilità di rendere ancora più capillare il sistema, con la realizzazione di ‘Keesy Street’, ovvero altri negozi fisici dislocati in vari punti delle città, permette a questa sorprendente start up di avere una grande scalabilità ed un luminoso futuro.

Coraggio, intraprendenza, perseveranza, caparbietà, sono le doti che ogni startupper deve possedere per imporre il proprio business; lamentarsi non è una strategia, chiudersi dietro alle scuse sui malanni cronici del nostro Paese, servirà soltanto a restare in un nebuloso anonimato.

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"Il digitale come piano d'azione essenziale". Intervista al giovane Producer e Agente Niccolò Presta https://www.business.it/il-digitale-come-piano-dazione-essenziale-intervista-al-giovane-producer-e-agente-niccolo-presta/ Fri, 22 Dec 2017 06:30:00 +0000 http://www.business.it/?p=16005 Business.it ha intervistato il giovanissimo Producer & Agente Niccolò Presta. Classe 1992, Presta ha iniziato la sua attività nel mondo della comunicazione e della televisione subito dopo gli studi. L’esperienza, maturata nel dietro le quinte delle più grandi produzioni televisive e teatrali, lo hanno portato ad essere uno dei nuovi producer e agente di spicco… Leggi tutto »"Il digitale come piano d'azione essenziale". Intervista al giovane Producer e Agente Niccolò Presta

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Business.it ha intervistato il giovanissimo Producer & Agente Niccolò Presta. Classe 1992, Presta ha iniziato la sua attività nel mondo della comunicazione e della televisione subito dopo gli studi. L’esperienza, maturata nel dietro le quinte delle più grandi produzioni televisive e teatrali, lo hanno portato ad essere uno dei nuovi producer e agente di spicco dello show business italiano.

Rivestendo inoltre il ruolo di social media manager, Presta è attualmente Amministratore Unico dell’Arcobaleno Tre, una delle principali aziende dello spettacolo italiano.
A Business.it ha parlato della sua variegata attività lavorativa, che cambia insieme al digitale, dei nuovi ruoli di settore e delle sfide che riserva un futuro all’insegna dell’innovazione.

Ci parli del suo lavoro e dell’importanza di restare aggiornati nel mondo digitale.

Dietro alla costruzione di un personaggio o di un programma televisivo c’è sempre un grande lavoro, fatto di professionisti e figure essenziali. Certi avvenimenti hanno sviluppato il monto della televisione, produzione e comunicazione; oggi in un piano d’azione viene inserito un punto ormai essenziale come quello del “digitale”. L’essere aggiornati su ogni sfumatura permette di contestualizzare al meglio la chiave social nel prodotto finale. Non c’è un’artista, di qualsiasi tipo, o una trasmissione televisiva che non abbia un richiamo 2.0. Il mio lavoro, parlando di digitale, è quello di supervisione e di collegare al meglio il mondo tradizionale con quello interattivo per rendere un progetto vincente in un successo duraturo e costante.

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Cosa fa un social media manager?

Un social media manager è la figura che si occupa di gestire, coordinare e sviluppare contenuti in termini digitali. Le piattaforme più diffuse sono Facebook, Twitter ed Instagram. L’essere consapevole dei mezzi di comunicazione e saper trasferire un messaggio in termini virali è una delle qualità e competenze primarie di un social media manager. Successivamente, se non contemporaneamente, prevale la necessità di avere una forza e anima creativa utile per far affezionare l’utente e non farlo mai annoiare.

Lei è uno dei nuovi producer e agenti televisivi di maggior spicco ed a capo di una società importante. Qual’e’ stato il suo percorso? Diverse le produzioni da lei curate. L’ultima “Music” su Canale5 con Paolo Bonolis; che lavoro c’è dietro ad un grande evento televisivo come questo?

Il mio percorso è stato dei più classici e faticosi. Nessuno mi regalava nulla. Ricordo ancora il mio primo compito che è stato quello di fotocopiare documenti per Lucio Presta. Successivamente, piano piano, gradino dopo gradino, ho iniziato la mia salita. Ho avuto sempre il desiderio di imparare, studiare e conoscere; ho rubato con gli occhi quanto più potevo e fosse possibile, senza ricevere sconti da nessuno. Oggi sono solo all’inizio della mia carriera, spero, lungimirante. “Music” è un programma straordinario; abbiamo una grande squadra di professionisti, capitanati dal conduttore italiano (Paolo Bonolis) per eccellenza, che ne è anche autore primario. Il nostro team in ArcobalenoTre è formato per la maggior parte da un gruppo di appassionati giovani professionisti che mettono il cuore in ognuna delle nostre produzioni per intercettare artisti, idee e realizzazioni che piacciono al pubblico. Con questa squadra il mio lavoro è sicuramente facilitato. Non dimentico, infine, l’occhio vigile di Lucio Presta.

Quanta importanza ha acquisito oggi la comunicazione attraverso i vari social network?

Oggi è essenziale. La parola “social network” viene inserita in qualsiasi contesto ma l’importante è saperla utilizzare al meglio e non eccederne dall’utilizzo stesso. Non bisogna esserne vittime ma complici. Sia in contesti produttivi che comunicativi si pensa anche ad un risvolto virale e ad un giusto utilizzo dei canali social più diffusi per comunicare un messaggio e/o una notizia. Noi produttori ed agenti televisivi chiediamo spesso a chi si occupa della comunicazione di tenere conto anche dei mezzi digitali. E’ cambiato il mondo e di conseguenza anche le regole.

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Cosa pensa a proposito della Nuova Legge Cinema e Audiovisivo, approvata pochi giorni fa dal Mibact e proposta dal Ministro Franceschini?

Io mi occupo di televisione, non nego che ci sia un pensiero rivolto al cinema per il futuro. Ma andiamo per gradi. Credo che questa nuova legge sia un faro di speranza per tutte quelle giovani figure che cercano di iniziare un percorso fatto sicuramente di sacrifici.
L’aumento di fondi del 60% permetterà di promuovere giovani promesse di tutti i campi del mondo audiovisivo. Anche perché onestamente ne abbiamo bisogno.

Il business dello spettacolo: cosa serve per diventare delle webstar?

Viviamo in un’epoca dinamica e veloce in cui ogni giorno nascono nuovi fenomeni, spesso anche senza talento, ma che hanno un forte seguito per via della propria immagine e/o personalità. Quello che per fortuna non è ancora cambiato è l’importanza che si da ad una figura artistica valutata non solo per la sua popolarità ma anche per le sue competenze. Non ci sono grandi regole per diventare una webstar di successo; suggerisco sempre di avere originalità ed unicità perché solo questi due aggettivi permetteranno al talento di durare nel tempo ed essere insostituibili.
Il mondo dello spettacolo necessità costantemente di nuove figure da far crescere in contesti televisivi ma spesso noi agenti, produttori o le reti televisive stesse non riescono a trovare una chiave interessante nei nuovi fenomeni.

I grandi network e i portali multimediali: quale sarà il futuro?

Sarà un futuro di continua sinergia. Non è vero che i grandi network moriranno se non creeranno una forte partnership con le realtà digitali e viceversa. La televisione ha il suo prestigio ed il mondo web sta crescendo sempre di più ritagliandosi il proprio spazio.

L’unica differenza tra i due grandi network è quello che la tv non è per tutti perché ha dei tempi, ritmi e specifiche che bisogna conoscere e saper utilizzare, mentre nel mondo online c’è spazio alla creatività e libertà di comunicazione oltre che alla sperimentazione, senza l’ansia del rischio.
Il futuro è molto chiaro: c’è bisogno di una crescita e diffusione importante tra i due mondi per rendere entrambi i network realtà di prestigio con un focus sull’utente/pubblico finale.

Crede che l’intelligenza artificiale possa aiutare i nuovi mestieri digitali?

Non è da escludere quanto sia funzionale l’intelligenza artificiale nei mestieri digitali. Sono convinto però che ogni mezzo che parla a delle persone ed arriva alla massa ha bisogno di strumenti che diano un’anima ed un valore a ciò che si comunica o realizza.

Questo evidenzia di quanto, secondo me, ci sia sempre bisogno di grandi talenti, professionisti e menti eccellenti dietro ad una tastiera.

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Andrea Pedrini, Country Manager Italia di Visiotalent, racconta la sua carriera a Business.it https://www.business.it/andrea-pedrini-country-manager-italia-di-visiotalent-racconta-la-sua-carriera-a-business-it/ Mon, 27 Nov 2017 06:30:00 +0000 http://www.business.it/?p=15121 Abbiamo intervistato Andrea Pedrini, nuovo Country Manager Italia di Visiotalent. Ci ha parlato del suo entusiasmo verso questo ruolo, delle nuove tecnologie, dei giovani e dell’intelligenza artificiale. Ecco l’intervista in esclusiva per Business.it. Partiamo dal suo percorso professionale: com’è arrivato a ricoprire il ruolo di capo dell’ufficio italiano di Visiotalent? Ho un percorso professionale quasi esclusivamente… Leggi tutto »Andrea Pedrini, Country Manager Italia di Visiotalent, racconta la sua carriera a Business.it

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Abbiamo intervistato Andrea Pedrini, nuovo Country Manager Italia di Visiotalent.
Ci ha parlato del suo entusiasmo verso questo ruolo, delle nuove tecnologie, dei giovani e dell’intelligenza artificiale.
Ecco l’intervista in esclusiva per Business.it.
Partiamo dal suo percorso professionale: com’è arrivato a ricoprire il ruolo di capo dell’ufficio italiano di Visiotalent?

Ho un percorso professionale quasi esclusivamente incentrato nell’ambito HR (quasi 18 anni ormai).

Dopo aver fatto esperienza nelle principali APL (Adecco e Manpower), ho avuto la possibilità di entrare in un ambito più digital, come Monster, e di comprendere bene il mercato e la sua evoluzione. Per non farmi mancare nulla, ho fatto anche un’esperienza da Head Hunter in Badenoch & Clark.

Da questo è nato il mio interesse nella sfida di Visiotalent.

Visiotalent mi permette, infatti, di sfruttare a pieno la mia esperienza nelle varie declinazioni del mondo HR mettendo a frutto tutto questo grazie ad un servizio che è trasversale a queste aree di competenza. 

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Come affronta questo nuovo incarico? Quali saranno i suoi assi nella manica?

Con un entusiasmo mai provato prima. E questo è dato anche dall’ambiente “startup” che si respira a Visiotalent. All’entusiasmo affianco anche una forte determinazione, caratteristica che mi ha sempre contraddistinto in tutte le fasi della mia carriera.

Gli assi, se possiamo chiamarli così, sono: solida conoscenza del mercato, vasta esperienza nella vendita e nella gestione e motivazione dei sales team e volontà di creare un team sull’Italia innovativo e strutturato, come quello che oggi c’è in Francia. Una sorta di “uno per tutti e tutti per uno”.

Avendo già avuto esperienza nelle risorse umane, cosa pensa delle nuove generazioni? Come si pongono nei confronti di quelle vecchie, meno alfabetizzate informaticamente?

Sicuramente c’è un gap. Ma è anche vero che le generazioni più “vecchie”, dove mi metto pure io per questioni anagrafiche, hanno ancora molto da dire.

Si tratta di trasmettere e condividere le proprie conoscenze ed esperienze. Da tutti e due i lati. Devo dire che aldilà di alcuni luoghi comuni, magari anche giustificati a volte, le nuove generazioni posso essere stimolanti e trainanti.

Il team di Visiotalent ne è realmente un esempio. Tutti giovani e con una marcia in più.

Il “video recruitment”: trend del momento o strumento del futuro?

Assolutamente il futuro. Ormai c’è una diffusa certezza in merito.

Noi ci poniamo al centro, da questo punto di vista. Siamo certi che sia un momento buono, ma ancora di più che è e sarà il futuro.

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Cosa ne pensa dell’Intelligenza Artificiale? Si tratta di un vantaggio o uno svantaggio in ambito lavorativo?

Qui esprimo una mia opinione personale, che è comunque allineata a quella condivisa da tutto Visiotalent. Questa visione è la benzina che mi spinge tutti i giorni a raccontare quello che facciamo, possiamo fare e faremo.

L’intelligenza artificiale (AI) è sempre un vantaggio di principio, ma è anche strettamente correlata alluso che se ne fa. E’ come la dinamite. Se la usi per fare gallerie è utile. Se la tiri addosso alle persone….

La tecnologia può essere di grande aiuto, ma solo se incanalata e gestita da persone. Quando si parla d’interpretazione di video, io credo che non si possa escludere ed evitare l’intervento dell’uomo. Oggi siamo molto indietro su questo, ma comunque, a mio giudizio, le HR sono l’area dove la AI potrà sostituire meno l’essere umano.

Quanto è importante per una start up essere aggiornata sul digitale?

Direi molto. Poi il “quanto” dipende dal settore. Nel nostro caso è fondamentale.

Visiotalent: quanto conta l’ottimizzazione della tecnologia dal suo punto di vista?

Come dicevo prima, tantissimo. La tecnologia sarà la base del futuro; il suo livello di ottimizzazione sarà il valore più importante e la discrimine che porterà le aziende a crescere o decrescere. Ma sempre in mano all’essere umano.

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Intervista al Prof. Mario La Torre, ospite e coordinatore del Roma Web Fest 2017 https://www.business.it/intervista-al-prof-mario-la-torre-ospite-e-coordinatore-del-roma-web-fest-2017/ Sat, 25 Nov 2017 06:30:35 +0000 http://www.business.it/?p=15114 Abbiamo intervistato Mario La Torre, professore ordinario di Economia degli Intermediari Finanziari presso l’Università La Sapienza di Roma. Esperto di finanza e microcredito e autore del blog Good in Finance (www.goodinfinance.com), è impegnato da tempo nel colmare la distanza esistente tra l’ambito economico e l’industria audiovisiva. Il suo ultimo libro dal titolo “The Economics of… Leggi tutto »Intervista al Prof. Mario La Torre, ospite e coordinatore del Roma Web Fest 2017

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Abbiamo intervistato Mario La Torre, professore ordinario di Economia degli Intermediari Finanziari presso l’Università La Sapienza di Roma.
Esperto di finanza e microcredito e autore del blog Good in Finance (www.goodinfinance.com), è impegnato da tempo nel colmare la distanza esistente tra l’ambito economico e l’industria audiovisiva. Il suo ultimo libro dal titolo “The Economics of the Audiovisual Industry” è la sintesi degli ultimi anni di ricerca sul tema.
 
Il Roma Web Fest 2017 lo ospiterà come moderatore per il workshop “La nuova economia dell’audiovisivo: Cinema, Pay tv e Internet”, che si svolgerà sabato 25 novembre presso la Sala Carlo Scarpa al Maxxi: MUSEO NAZIONALE DELLE ARTI DEL XXI SECOLO.

Già Consigliere del Ministro per i Beni e le Attività Culturali e membro del Cda di Cinecittà Holding, attualmente membro del Cultural and Audiovisual Committee della Consiglio d’Europa, ci ha parlato di contenuti crossmediali, della sostenibilità delle nuove piattaforme digitali e del futuro delle web series.

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Partiamo da una domanda sul suo percorso professionale: è evidente un parallelismo tra gli studi e l’esperienza nel settore economico finanziario e la passione per l’ambito cinematografico. Come mai ha voluto unire le due strade?

Tutto nasce proprio dalla “passione” per la cultura in generale, e per l’ambito dell’audiovisivo in particolare. Ho notato una mancanza in termini di letteratura e studi, sia in Italia che in Europa, in quanto questi due settori sono nettamente separati.
Ho cercato di colmare questo divario così lacunoso prima, attraverso l’istituzione di un Master che è durato dieci anni, dal titolo “Master e gestione delle imprese del cinema e della televisione”, presso l’Università degli Studi La Sapienza di Roma.
Ho avvertito l’esigenza di mettere insieme un corso che affrontasse insieme creatività e autorialità con l’expertise manageriale. Le imprese del settore, infatti,  non sono attrezzate adeguatamente né conoscono a fondo le opportunità finanziarie utili a sostenere lo sviluppo e la produzione di prodotti crossmediali di qualità. Non siamo  più in uno scenario come quello degli anni ’50, quando la figura del produttore a un approccio artigianale. 
Oggi c’è bisogno di costruire una struttura finanziaria organizzata ad aprirsi ad un mercato internazionale, con la possibilità di cogliere le diverse forme di sfruttamento dei diritti, anche a livello internazionale.


I new media e l’avvento del digitale: com’è cambiata la narrazione ai nostri giorni? E come fruiremo dei contenuti domani?

Oggi siamo di fronte ad una dinamica di mercato capace di declinare lo stesso prodotto in confezioni differenti: le web series nascono online ma possono essere pensate per diventare serie tv e viceversa, così come per il cinema. C’è una sorta di una commistione sperimentata che sta funzionando, soprattutto perchè i produttori cinematografici e televisivi fanno scouting di nuovi autori sul web: è da lì che si può indagare il gradimento del pubblico. Il prodotto webnativo può fare da test, essere funzionale per il lancio di un prodotto classico o servire per fidelizzarne uno già esistente. Le potenzialità dei contenuti web sono numerose, basta sapere come sfruttarle.

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Le web series: sono un moda del momento o uno strumento del futuro? Quanto è importante e proficuo investire in esse oggi?

Le web series sono prodotti sui quali è conveniente investire in quanto generalmente a basso budget, e quindi in grado di consentire sperimentazioni narrative di vario genere che, se del caso, possono successivamente essere declinate su mercati più tradizionali come quello cinematografico e televisivo. I contenuti crossmediali andrebbero considerati in un’ottica industriale perché possiedono il vantaggio di sperimentare a basso costo. 

La questione di fondo riguarda la sostenibilità del prodotto in sè e delle piattaforme che stanno nascendo numerose sul web. Vedo un buon futuro sui prodotti web nativi legati al concetto di brand content, in quanto associano ad una narrazione più evoluta della tradizionale narrativa pubblicitaria e sono finanziati da investitori privati che hanno un costo-contatto minore delle forme pubblicitarie classiche. In altri casi, anche prodotti creativi validi, sono convenienti solo se producono  ritorni adeguati ed al momento questo riguarda solo pochi casi e pochi autori.

II business degli emittenti digitali: da Netflix a Prime Video, in che modo gli utenti possono scegliere la qualità tra le numerose offerte?

Tutto sta nel capire la reale sostenibilità della piattaforma. L’investimento degli utenti è anche legata al  tempo che, lo ripeto sempre, diventa sempre di più una risorsa scarsa. Oggi avere tempo a disposizione è fondamentale. La spesa deve valere il tempo che possiamo concedere alla visione dei contenuti, oltre che naturalmente essere accessibile economicamente. In questo senso il proliferare delle offerte e delle piattaforme non gioca a favore della sostenibilità e, a mio parere, spingerà il mercato verso una decisa concentrazione dei player nel prossimo futuro.

Occorrerà, quinaid, trovare un equilibrio tra la democraticità dei contenuti e la sostenibilità economica dei fornitori. La responsabilità di ciò ricadrà sui policy makers e sulel loro scelte a livello nazionale ed europeo. 

La nuova legge Franceschini per il cinema e l’audiovisivo: cosa cambia per le web series?

A mio avviso, un’ottima legge. Il processo di attuazione sarà lungo, ma c’è stato, finalmente, un cambio di rotta rispetto al passato sotto diversi punti di vista. Questa legge certifica i prodotti web nativi equiparandoli ai contenuti tv e cinematografici, in termini di accesso ai fondi pubblici ed al credito e d’imposta. Una piccola rivoluzione del settore. L’obiettivo resta quello di aiutare anche le start up del settore ed i giovani autori ad avere accesso a finanziamenti pubblici ed ai benefici fiscali. Siamo i primi in Europa, dopo la Francia, ad aver regolamentato i contenuti web nel perimetro del sistema di auiti nazionali.

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Com’è cambiato il modo di spendere delle nuove generazioni verso i contenuti digitali?

La fruizione del prodotto sul web è condizionato dalle modalità di offerta, se gratuita o a pagamento; nel primo caso, si ritorna al concetto di tempo come risorsa scarsa, nel secondo alla sostenibilità della spesa ed all’annoso tema della pirateria.

Nell’ottica dei i giovani filmakers che decidono di lanciarsi nella produzione di un prodotto web nativo, riscontro che spesso sono pronti ad investire personalmente pur di realizzare una puntata pilota, ma sono ancora restii a investire in una struttura microimprenditoriale,  che invece gli consentirebbe di accedere a diverse forme di finanziamento pubblico. É qui che torna di nuovo il tema del gap di cui parlavo all’inizio. C’è ancora poca cultura manageriale nel settore audiovisivo. Anche i più giovani, temono di entrare in meccanismi burocratici che non conoscono bene e che considerano paralizzanti.

Roma Web FestIl Roma Web Fest 2017: un’occasione in più per comprendere quanto è cambiata la nostra cultura verso i contenuti digitali?

Certamente. Il workshop che coordino sabato 25 novembre, dalle ore 16 alle ore 18, sarà interamente dedicato ai contenuti crossmediali: come produrli, quanto possono essere sostenibili, come possono essere finanziati. Ne discuteremo insieme ad esperti e professionisti del settore attraverso consigli e racconti di esperienze. Uno dei temi in programma sarà proprio la legge Franceschini per il cinema e l’audiovisivo. Pochi sanno, ad esempio, che sono previsti dei finanziamenti (e credito d’imposta) anche per i videogiochi, ovviamente quelli culturalmente giustificati e che dimostrano un reale scopo educativo. Tra gli ospiti al panel avremo, tra gli altri, Mariella Troccoli – Dirigente MIBACT – Mattia Mariotti – Programming Manager di Sky Atlantic – Francesca Boschiero – avvocato esperto di audiovisivo – e Federico Giuseppini – A.D. di Smart Consulting Group ed esperto di finanza dell’audiovisivo. Vi invito a partecipare numerosi.

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Oltre Venture: l'investimento e l'impatto sociale. Intervista al co-founder e AD Lorenzo Allevi https://www.business.it/oltre-venture-investimento-ed-impatto-sociale-intervista-al-co-founder-e-ad-lorenzo-allevi/ Tue, 26 Sep 2017 05:32:26 +0000 https://www.business.it/?p=12925 Tra la filantropia ed il fondo d’investimento, si colloca un sistema innovativo e sicuramente molto particolare, è una formula di Venture Capital Sociale che non opera nei classici settori legati alla tecnologia dell’industria o dell’informatica, bensì, lavora per la creazione di nuovi modelli di servizio. È la storia di Oltre Venture, una società che investe… Leggi tutto »Oltre Venture: l'investimento e l'impatto sociale. Intervista al co-founder e AD Lorenzo Allevi

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Tra la filantropia ed il fondo d’investimento, si colloca un sistema innovativo e sicuramente molto particolare, è una formula di Venture Capital Sociale che non opera nei classici settori legati alla tecnologia dell’industria o dell’informatica, bensì, lavora per la creazione di nuovi modelli di servizio.

È la storia di Oltre Venture, una società che investe nell’innovazione sociale, una pratica decisamente insolita in Italia, ma che grazie al monito fornito dai pionieri di Oltre, si sta diffondendo anche nel nostro Paese, dopo aver avuto grande successo negli Stati Uniti. Tutto gira intorno al concetto di Impact Investing, si tratta di investimenti con un necessario ritorno finanziario, ma, al contempo, che presentano un impatto sociale misurabile. Per impatto sociale possiamo intendere un’ampia area che riguarda soprattutto i settori della sostenibilità e dell’ambiente, investire in questi ambiti significa credere nella realizzazione di nuovi modelli di business, che oltre ad una fonte di guadagno, rappresentino una guida verso un futuro migliore per il nostro pianeta. Con questi prerequisiti Luciano Balbo e Lorenzo Allevi, fondano Oltre Venture, una società d’investimento decisamente handsome, per dirla all’americana, ovvero operativa ed attiva fin dai primi passi, al fianco dell’impresa incubata: un’assistenza che parte da lontano, proprio dall’idea iniziale. Questo sistema permette agli imprenditori che hanno una buona idea di capire subito la fattibilità del progetto e gli sbocchi che potrebbe avere in termini di ritorno finanziario. Nel 2005 nasce Oltre 1, il primo fondo d’investimento, smuove piccoli capitali, ma fin dall’inizio i due ideatori notano delle prospettive di crescita, iniziano a presentare ed illustrare il loro modello a diversi investitori e riescono ad avere a disposizione margini importanti per poter allargare le vedute. Ecco che nasce Oltre 2, nel 2016, iniziando ad operare nel settore turistico, precisamente a Palermo, per poi passare alla Puglia, cercando di aiutare la crescita dell’offerta turistica, a sostegno della microimprenditoria locale.

“In un periodo storico così complicato, dal punto di vista di guadagni e profitti, in un momento di difficoltà per la scarsità di lavoro, per le problematiche legate all’immigrazione ed al disagio sociale, investire in società che propongono nuovi modelli di servizio, è il modo migliore per avere un ritorno economico, unito ad un’importante componente etica di sviluppo e progresso.” Spiega Lorenzo Allevi, co-fondatore ed Amministratore Delegato della società, intervistato da business.it.

lorenzo allevi oltre venture capital sociale

Ed ecco che, dopo un utile preambolo sulle caratteristiche di questa speciale Venture Capital Sociale, arriviamo a capire il legame tra Oltre ed il progetto Sfera, di cui abbiamo dettagliatamente parlato nelle scorse settimane.

“Incontrammo Luigi Galimberti, (imprenditore maremmano ideatore di Sfera ndr) circa un anno fa, ci presentò il suo progetto di realizzare una grande serra idroponica in grado di ridurre sensibilmente l’impatto ambientale ed i consumi, e di aumentare la produttività della terra. Da subito, l’idea ci sembrò estremamente interessante, anche se dovevamo verificarne l’attuabilità”

Questa è la prima fase del lavoro di Oltre Venture: riuscire a determinare la fattibilità del progetto, sia in termini di realizzazione, sia in termini di futuro ritorno economico. Per questo il primo passo consiste in un importante e dettagliato studio dell’idea, che, nel caso di Sfera, ha richiesto una cospicua somma di partenza di 150mila euro, con la consulenza della più illustre università del settore, l’olandese Wageningen University, specializzata in studi agrari.

“Il progetto di Galimberti ci è apparso come un modello di business veramente innovativo. La serra idroponica è un sistema già adottato da piccoli imprenditori agricoli, ma mai riportato su grande scala: l’obiettivo di applicare processi industriali all’agricoltura risultava decisamente interessante. Mettere in fila delle tecnologie, farle funzionare a catena, lavorando su grandi dimensioni, è una sfida che potrebbe aprire dei grandi orizzonti, soprattutto per i vantaggi a livello produttivo e di consumi. Innanzitutto abbiamo capito che con questo sistema saremmo stati in grado di consumare 1/10 dell’acqua rispetto alle serre tradizionali, inoltre la produzione avrebbe risolto problematiche legate all’uso di trattamenti e pesticidi, ed un intervento deciso nei confronti di una vera e propria piaga sociale.”

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Non troppo tempo fa, il The Guardian, ha denunciato un’enorme giro d’affari illecito italiano, intorno alla raccolta dei pomodori, un intero sistema in mano al cosiddetto caporalato che prevede l’impiego di migliaia di lavoratori in nero, ovviamente non assicurati e mal retribuiti. Secondo Allevi, il progetto Sfera, potrebbe avere ottime ripercussioni anche in quest’ambito, dal momento che l’alta produttività, i bassi consumi e la volontà di agire nel progresso sociale, rappresenterebbero una garanzia per la trasparenza e la legalità nell’inquadramento dei lavoratori.

Ecco che, verificate le potenzialità dell’idea, si è passati al reperimento di altri fondi per assistere l’imprenditore Galimberti nel rincorrere il suo sogno. Sono stati coinvolti da Oltre Venture altri investitori, convinti della buona riuscita del progetto ed è stato assicurato anche l’intervento della banca Icrea, accumulando i capitali utili per partire con i lavori di realizzazione della serra, che potrebbe inaugurare un nuovo sistema operativo agricolo.

“Si tratterebbe di una vera rivoluzione nel campo della produzione e della riduzione dei consumi, un vero sistema di riferimento da esportare per aiutare il progresso del settore. Questa è la ‘mission’ di Oltre Venture: incentivare l’innovazione sociale, creare nuovi modelli di business che siano replicabili e che incentivino lo sviluppo. Seguiamo passo per passo l’inizio del percorso di un imprenditore, che naturalmente deve avere il ruolo trainante, di primo piano, adoperandosi per la realizzazione dell’idea. Il nostro compito è assistere, favorire e garantire un ritorno d’investimento.”

Oltre Venture non è una società filantropica, senza ipocrisie, si propone di creare un business, un giro d’affari che sia però un po’ diverso dai classici modelli, un sistema che coniughi il guadagno al progresso ed all’innovazione sociale.

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I fondatori di Oltre Venture Luciano Balbo e Lorenzo Allevi

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Cosmano Lombardo, Founder&CEO di Search On Media Group, ci parla di sè e della digital technology https://www.business.it/cosmano-lombardo-founderceo-search-media-group-ci-parla-della-digital-technology/ Tue, 19 Sep 2017 05:00:04 +0000 https://www.business.it/?p=12738 Business.it ha incontrato Cosmano Lombardo, Founder&CEO di Search On Media Group e Chairman del Web Marketing Festival. Nell’intervista ci parla di sé, della sua opinione sulla digital technology e di D4NP, l’evento in programma sabato 16 settembre a San Patrignano di cui è l’ideatore. Dopo varie esperienze nel mondo universitario, governativo e non, è passato… Leggi tutto »Cosmano Lombardo, Founder&CEO di Search On Media Group, ci parla di sè e della digital technology

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Business.it ha incontrato Cosmano Lombardo, Founder&CEO di Search On Media Group e Chairman del Web Marketing Festival.
Nell’intervista ci parla di sé, della sua opinione sulla digital technology e di D4NP, l’evento in programma sabato 16 settembre a San Patrignano di cui è l’ideatore.

Dopo varie esperienze nel mondo universitario, governativo e non, è passato all’ideazione di veri e propri eventi di formazione e informazione sull’innovazione digitale. Chi è davvero Cosmano Lombardo oggi?

Mi ritengo prima di tutto un curioso. Più che imprenditore, sono un appassionato di quello che faccio. Credo che ogni persona che svolga un lavoro d’impatto con la società, parta con un bagaglio di grande passione e immensa curiosità. Così mi definisco: sono un appassionato e un curioso dell’innovazione sociale.

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Sabato 16 settembre si svolgerà il D4NP. Quali solo le motivazioni che spingono a organizzare un evento che unisce il mondo dell’innovazione con quello del non profit?

Questo evento era nei nostri progetti ancor prima di sapere che l’avremmo realizzato. D4NP prendeva posto nei nostri pensieri da quando abbiamo ideato Search On Media Group, la nostra società di formazione e consulenza di Digital Marketing che ha preso vita dal Forum gt.
Siamo nati partendo dall’attività svolta dalla Community e provando a mettere in piedi, già nel 2007, un progetto di diffusione della conoscenza digitale in Italia che ha portato, a oggi, alla formazione di oltre 100.000 persone. Durante questo percorso abbiamo incontrato appassionati, professionisti, imprese, organizzazioni non profit che hanno deciso di sposare il nostro progetto e la sua mission: condivisione di idee e conoscenza. Da allora abbiamo formato oltre 100mila persone. Dunque, l’interessamento nel mondo del non profit non solo nasce da questi presupposti ma è parte integrante della nostra storia, sin dalle origini.
Attualmente, il settore del non profit è in crescita nell’economia italiana: conta infatti più di 300mila realtà, più di 1 milione di lavoratori retribuiti e un giro d’affari che supera i 64 miliardi di euro l’anno. Nonostante questo trend di crescita, però, le ONP hanno ampi margini di miglioramento, soprattutto dal punto di vista della comunicazione digitale. Per fare un esempio, basta osservare come solo il 60% delle realtà dispone di un sito mobile friendly e all’orizzonte non sembra nemmeno esserci spazio per ulteriori investimenti su questo fronte.
D4NP, quindi, è stato pensato e realizzato da Search On Media Group proprio fare il punto sulla situazione odierna rispetto all’innovazione digitale nel mondo del non profit, insieme alla comunità di San Patrignano, che tratta la questione da quando è nata.

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Come si pone nei confronti della società e dei giovani in particolare riguardo alla tecnologia? É ottimista o pessimista?

Stiamo attraversando un momento storico molto particolare: c’è fiducia in tutto ciò che possono fare internet e la tecnologia digitale. Ma spesso l’utilizzo di questi strumenti non è coerente con i valori dai quali è nato, ovvero facilitare e condividere informazioni utili alla comunità. I cosiddetti “Millennials” dovrebbero percorrere la strada della positività invece di cavalcare l’ondata social solo per dichiarare vane problematiche. Un esempio? La primavera araba è servita a far capire come i social network possano rivestire un ruolo attivo nella società: in questo caso sono stati utilizzati come veri e propri strumenti per diffondere il processo di democratizzazione in atto in quelle terre. Serve perciò da parte loro una profonda conoscenza della tecnologia e una maggiore consapevolezza dei suoi usi e declinazioni: per questo motivo è necessario continuare a innovare, investendo sulla cultura digitale. In generale, sono ottimista.

Cosmano al Web Marketing Festival

Ha accennato ai Millenials e alla scarsa consapevolezza dei valori positivi in merito al digitale. Siamo in grado di intervenire sulle nuove generazioni?

Credo di sì, ma occorre un’azione integrata che coinvolga tutti: cittadini, aziende, istituzioni, etc. Oggi viviamo in un mondo in cui, grazie al web, a tutti sono concesse le medesime possibilità, nessuno escluso! Prima non era così, ora sì. Probabilmente in questo contesto la scuola dovrebbe avviare un progetto di cambiamento sin dal primo giorno di scuola. Solo quest’ultima può insegnare fin da piccoli a gestire positivamente la tecnologia digitale e a diffonderne gli utilizzi corretti.

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Quanto è importante gestire Search On Media Group? Da dove trae la massima soddisfazione?

La massima soddisfazione deriva dal rapporto umano quotidiano che ho il privilegio di instaurare con le persone con cui lavoro, prima ancora di quello professionale. Il confronto arricchisce, è fondamentale per crescere. Si può lavorare anche 16 ore al giorno, ma ciò che rimane una volta finito è il rapporto instaurato con le persone, le idee che abbiamo condiviso. Il nostro lavoro è un costante learning by doing in cui si apprende operando e confrontandosi con gli altri. Tutto ciò con l’intento di generare valore. E non mi riferisco a un valore economico, bensì a un valore umano e sociale. Dunque, collaborare condividendo idee e progetti è ciò che più mi dà soddisfazione, proprio come è avvenuto in occasione del WMF, per esempio nei laboratori effettuati con i ragazzi dell’Università.

Cosa può dirci sul Web Marketing Festival di quest’anno? Quali sono stati i numeri in ambito social e di presenze? E quali novità possiamo aspettarci dalla prossima edizione?

I numeri sono stati entusiasmanti: più di 6mila presenze al giorno, 30mila tweet, circa 300 relatori, 200 ospiti presenti tra startup e investitori, 200 tra sponsor e partner, oltre 4 milioni di utenti connessi. Siamo orgogliosi dei risultati raggiunti. L’evento ha dimostrato di essere uno strumento sempre più importante e autorevole per portare argomenti, altrimenti invisibili, all’attenzione della comunità, come quelli a carattere sociale. Un esempio sono i riconoscimenti consegnati a Save The Children, Andrea Caschetto e Pif insieme a Tiziano Di Cara rispettivamente per “Integrazione Sociale”, “Core Values” e “Digital Social Responsability”. Un’altra grande soddisfazione è stata il “Job Placement”, nel quale si sono svolti circa 200 colloqui di lavoro.
Come novità posso anticipare che la prossima edizione avrà una durata di 3 giorni – 21, 22 e 23 Giugno – e questo è un primo passo per  permettere di “spalmare” l’affluenza e facilitare l’accesso alle sale più seguite, una delle problematiche più evidenti dello scorso anno. In ogni caso, saranno necessari altri sistemi e siamo già alle prese con possibili soluzioni.Per il resto non voglio svelare nulla, l’evento 2018 ha in serbo tantissime novità.

Un’ultima domanda: cosa ne pensa dell’avvento tecnologico sul posto di lavoro? Nel prossimo futuro i robot scalzeranno via gli umani?

La mia è una visione ottimistica. Credo che la robotica sia un’opportunità da sfruttare più che da temere. Darà una mano anziché porsi come ostacolo. È la stessa questione che coinvolge temi come internet e la tecnologia: l’importante è l’uso che se ne fa. Ne parla la “teoria cumulativa”: l’I.A. si aggiunge a ciò che fa l’uomo, ne integra il lavoro, aiuta e migliora la prestazione umana. Non ne sono intimidito.

Grazie mille. Vuole aggiungere qualcosa?

Sì, vorrei ringraziare la comunità di San Patrignano per aver accolto il nostro progetto D4NP, e tutti i nostri sponsor che hanno provveduto e rendere completamente gratuito l’incontro del 16 settembre.

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Intervista a Mirko Pallera, CEO Ninja Marketing: "Fermarsi e respirare nuove energie, oggi, è fondamentale" https://www.business.it/intervista-mirko-pallera-ceo-ninja-marketing-fermarsi-respirare-nuove-energie-oggi-fondamentale/ Mon, 11 Sep 2017 05:30:10 +0000 https://www.business.it/?p=12428 Mirko Pallera è il fondatore di Ninja Marketing e Ninja Academy. Il suo talento per la comunicazione l’ha portato ad esplorare territori diversi ma complementari, dalla sociologia alla scrittura. É stato digital strategist per colossi commerciali come la Barilla e Banca Mediolanum. Autore di libri sul marketing non convenzionale, è anche membro del WOMMA (Word… Leggi tutto »Intervista a Mirko Pallera, CEO Ninja Marketing: "Fermarsi e respirare nuove energie, oggi, è fondamentale"

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Mirko Pallera è il fondatore di Ninja Marketing e Ninja Academy. Il suo talento per la comunicazione l’ha portato ad esplorare territori diversi ma complementari, dalla sociologia alla scrittura. É stato digital strategist per colossi commerciali come la Barilla e Banca Mediolanum. Autore di libri sul marketing non convenzionale, è anche membro del WOMMA (Word of Mouth Marketing Association) e fondatore del WOMMI (Word of Mouth Marketing Association Italia). Dal 21 al 23 settembre sarà ospite a Heroes Euro-Mediterranean Coinnovation Festival 2017. Ecco cosa ha raccontato a business.it, media supporter dell’evento.

Com’è nata l’intuizione di fondare Ninja Marketing e Ninja Academy?

L’idea nasce principalmente dalla frustrazione! Mi spiego, circa dieci anni fa, lavoravo come collaboratore per agenzie di comunicazione e le mie idee sul marketing non-convenzionale non erano comprese né internamente né tantomeno dai clienti. Per questo iniziai ad archiviare una serie di casi studio di campagne di marketing innovative, prima con stampe raccolte in una cartelletta di cartone, poi sul blog Ninja Marketing sotto forma di articoli. Da qui è nato tutto. La Ninja Academy fu la conseguenza del ripensamento del nostro business model. All’inizio avevamo puntato sulla consulenza, andando di fatto a creare servizi di marketing non-convenzionale per le aziende (dalla strategia, alla creatività, alla distribuzione dei contenuti fino alla misurazione dei risultati) e la cosa andò piuttosto bene per un certo periodo. Poi il mercato si saturò e divenne molto competitivo. Capii che quello che ci differenziava era la nostra community e la capacità di formare il nostro pubblico ai nuovi approcci e alle nuove tecniche di marketing. Nacquero i primi corsi prima in aula e poi online. Oggi siamo una vera e propria edtech company focalizzata sull’Alta Formazione e sul professional empowerment. 

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 Mirko Pallera con Chris Anderson

Perché è importante partecipare ad eventi come Heores Coinnovation Festival?

Credo sia un ottimo modo per fare networking e trovare nuovi stimoli. Ogni relatore è di alto profilo e porta una sua particolare esperienza che vuole trasmettere agli altri. Fermarsi e respirare nuove energie è fondamentale oggi per intravedere nuove strade e opportunità. E poi Maratea è bellissima!

Se definisce la Sua mission quella di “innovatore sociale”, qual è quella di eventi come Heroes?

Innalzare l’asticella andando a fomentare un movimento sociale rivoluzionario: quello dei nuovi imprenditori che vogliono cambiare il mondo grazie alle opportunità del digitale e delle nuove tecnologie. Non è un caso che l’evento si faccia nel Sud Italia, dove manca ancora quella concentrazione di attori che può trasformare il digitale in una reale opportunità economica per i territori. Oggi è possibile fare impresa anche lontano dai naturali crocevia dell’economia. E il nostro compito, insieme agli altri Eroi di Maratea, è dimostrare che si può fare e indicare un percorso possibile.

Chiara Fracassi for Direzione Ostinata

Qual è la Sua opinione riguardo l’evoluzione delle professioni digitali? L’avvento delle A.I. e dei robot sul posto di lavoro riuscirà a preservare le mansioni dell’uomo?

Le professioni digitali ormai sono intrinsecamente legate al business analogico. Diventa quasi obsoleto separarle dalle professioni più tradizionali. Il digitale fa parte del business e le competenze digitali fanno parte delle professioni. Oggi senza il digitale nessun settore può considerarsi attuale e competitivo. Rispetto all’annosa questione di cosa comporterà una società dominata da robot e intelligenze artificiali, io auspico che questo diminuisca il tempo dedicato dall’uomo al lavoro e aumenti quello dedicato alla sua evoluzione culturale, sociale, artistica e spirituale.

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Cosa manca alle PMI italiane per esser maggiormente competitive rispetto alla realtà straniera?

Non credo che le PMI italiane siano meno competitive di quelle straniere, ma sicuramente la cultura del digitale può aiutarle a sfruttare meglio le occasioni. Una ricerca dimostrava come sia poco diffuso l’e-commerce e come quindi siano davvero poche le aziende che si sono affacciate ad un mercato potenzialmente immenso. Ma la cosa che maggiormente ostacola questo processo di internazionalizzazione credo sia la lingua. Il grande limite è quello di non avere un buon rapporto con l’inglese che è oggi la chiave che apre le porte di un palcoscenico mondiale. Quindi più che alle aziende la lacuna è da imputare ad istituzioni e famiglie visto che l’inglese negli altri paesi si impara da piccoli e si perfeziona negli anni grazie a film, libri, esperienze, viaggi.

 Intervento per Mirafiori Outlet, l'ecommerce del gruppo FCA

Innovation Technology, Industria 4.0, Digital Health: quali lavori prevede per i giovani startupper italiani?

Oddio quante nuove parole trendy. Credo che lo startupper non sia un lavoro. Un lavoro è fare l’idraulico, l’elettricista, il falegname. Tutti lavori molto più redditizi dello startupper, almeno all’inizio e con un certo margine di sicurezza. Se proprio poi un giovane vuole, dopo aver imparato a fare qualcosa, come ad esempio intagliare il legno, unire antiche tradizioni con le nuove tecnologie e inventare un sistema di intaglio del legno distribuito basato su community open source, credo sia un bel punto di arrivo, ma non di partenza. Direi meno startup e più partiamo dalle basi e innoviamo conoscendo quello di cui stiamo parlando.
 
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Valentina Cillo, Cofounder di Heroes, ci parla del primo Coinnovation Festival tutto italiano https://www.business.it/valentina-cillo-cofounder-heroes-ci-parla-del-primo-coinnovation-festival-italiano/ Sat, 09 Sep 2017 06:00:37 +0000 https://www.business.it/?p=12478 Valentina Cillo, co-founder di Heroes insieme a Michele Franzese e Andreina Serena Romano, spiega a business.it qual è il punto di vista del Coinnovation Festival più importante del momento. La piattaforma dell’innovazione partita dal Sud Italia e lanciata nel bacino euro- mediterraneo ha subito ricevuto il plauso del settore. Dal 21 al 23 settembre si… Leggi tutto »Valentina Cillo, Cofounder di Heroes, ci parla del primo Coinnovation Festival tutto italiano

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Valentina Cillo, co-founder di Heroes insieme a Michele Franzese e Andreina Serena Romano, spiega a business.it qual è il punto di vista del Coinnovation Festival più importante del momento. La piattaforma dell’innovazione partita dal Sud Italia e lanciata nel bacino euro- mediterraneo ha subito ricevuto il plauso del settore. Dal 21 al 23 settembre si svolgerà la seconda edizione, incentrata sulla co-progettazione.

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Heroes Coinnovation Festival si svolgerà dal 21 al 23 settembre 2017

Com’è nata l’idea di un Coinnovation Festival che coinvolge il bacino euro-mediterraneo?

É nata considerando il posto da cui guardavamo, l’orizzonte al quale erano e sono rivolti i nostri occhi. La nascita del Festival ha coinciso con un momento storico ben preciso, nel quale i paesi che si affacciano sul Mar Mediterraneo attraversano una crisi epocale. Esiste un problema sociale che interessa non soltanto l’economia, ma la stessa collettività con l’emergenza umanitaria dell’immigrazione. Come dare, quindi, una risposta concreta a tutto questo? Il nostro principale target di riferimento sono le startup, le PMI e i ricercatori universitari. Abbiamo perciò pensato che far emergere il loro talento, le loro idee innovative potesse servire a fare rete e a creare progetti concreti per produrre benessere, più posti di lavoro, maggiori opportunità soprattutto nelle aree difficili del nostro territorio.

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Quanto è importante che l’evento si svolga a Maratea, cornice ideale di un Sud difficile da far partire, ma sempre più innovativo?

Siamo partiti dal Sud perché desideriamo essere i portavoce “dei Sud” del mondo. Le parti meridionali del nostro globo sono accomunate da due caratteristiche principali: scarsa produttività del lavoro e una connessione assente tra i vari asset produttivi. In realtà esistono eccellenza e abbondanza di materie prime, talenti e idee. Inoltre, statisticamente, “i Sud” del mondo si caratterizzano per possedere due fondamentali atteggiamenti: scarsa paura del fallimento e alta propensione al rischio. Ciò vuol dire che, avendo meno da perdere rispetto alle altre regioni più avanzate a livello economico e industriale, propendono a buttarsi in maniera più concreta su progetti innovativi. In altre parole sognano in grande, rischiano senza paura di soccombere e questa è la chiave di Heores: la fiducia nell’altro, la voglia di rischiare fa avvicinare manager e imprenditori a scrutare, e poi investire, nei loro progetti.

Maratea fa da sfondo alla seconda edizione di Heroes, il primo Coinnovation Festival

Dopo il successo della scorsa edizione, cosa si aspetta da Heroes 2017?

Se la chiave della scorsa edizione di Heroes è stata il confronto, l’evento di quest’anno punterà sulla co-progettazione. Siamo passati ad un livello successivo. Infatti, dopo aver proposto il dialogo e la propensione al conoscersi a vicenda, in questa edizione puntiamo tutto sulla cooperazione: creare progetti condivisi, fare rete. Per questo abbiamo attivato numerosi Coinnovation Lab, in quanto crediamo nella sfida di educare a dare il giusto valore economico e sociale che parte dalle PMI e dalle startup e arriva fino alle grandi aziende. Abbiamo in programma keynote speech, worshop, tavole rotonde, hackathon, showcases e business meeting che coinvolgono tutti i nostri ospiti al fine di creare progetti comuni, che andranno poi a concretizzarsi in nuove strategie di benessere e occupazione sociale. Infine ci sarà un’intera area dedicata alla sperimentazione e alla progettazione condivisa.

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Qual è il modo in cui reagiscono le startup e i giovani ricercatori ad eventi come questo? E come invece reagiscono le grandi aziende già consolidate?

L’atteggiamento è diverso in quanto le startup e i giovani ricercatori esprimono un’offerta: le loro idee, il loro progetti e la voglia di diventare più grandi, più innovativi, più internazionali. Al contrario le grandi imprese, i manager e gli investitori arrivano al nostro Festival per esprimere la propria domanda di innovazione. Noi di Heores vogliamo appunto regalare l’opportunità di far incontrare domanda e offerta! Le ricerche dei giovani talentuosi devono uscire fuori dai laboratori universitari, il nostro compito è quello di attribuire un valore economico a questi progetti per renderli appetibili agli occhi degli imprenditori. Il problema, infatti, sussiste perché le startup non riescono a dialogare con le grandi imprese. Noi offriamo loro un territorio neutrale. Creiamo un linguaggio unico nella Babilonia dell’innovazione.

Innovazione e tecnologia a Heroes 2017, seconda edizione

Innovazione, Industria 4.0, Digital Health etc.: qual è il destino delle PMI italiane secondo Heroes?

Le piccole e medie imprese devono comprendere il valore aggiunto di fare rete e connettersi con le aziende più grandi. Inoltre, è necessario comprendere che un passo fondamentale da effettuare è la digitalizzazione dei processi. Quest’ultima ha infatti aumentato il divario già esistente tra grandi e piccole imprese. Ma le aziende più ridotte non devono necessariamente demoralizzarsi ma, al contrario, prendere coscienza del proprio know how e valorizzarlo! Oggi esiste una domanda sempre più forte di customizzare il prodotto. Le PMI possiedono le risorse adeguate ma necessitano di aggiornamenti e nuovi spunti per passare ad una vera e propria digitalizzazione. A Heroes proponiamo workshop, laboratori, corsi, conferenze e seminari al fine di potenziare la comunicazione dell’innovazione e di accrescere la capacità di fare rete e di posizionarsi in maniera competitiva sul mercato.

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Cosa ne pensa dell’avvento dell’Intelligenza Artificiale in ambito lavorativo? Sarà il futuro?

Non credo molto alla storiella dove nell’azienda del futuro ci saranno solo un uomo e un cane, dove l’uomo servirà solo a dar da mangiare al cane che a sua volta farà da guardia affinché l’uomo non si avvicini alle macchine in produzione. Ci occupiamo anche di I.A.  avendo ospitato aziende che sperimentano applicazioni simili al tessuto neuronale umano. So quindi per certo che le macchine diverranno sempre più intelligenti, perché stanno imparando ad imparare, assomigliando sempre più all’essere umano e sostituendolo in molti ruoli. Ma ciò che impedirà il peggior futuro possibile, ovvero la sudditanza dell’uomo nei confronti delle I.A., lo impedirà la creatività. Questa caratteristica totalmente e completamente umana sarà, a mio avviso, il valore imprescindibile che terrà l’uomo per sempre in posizione superiore e insostituibile rispetto alle macchine.

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Intervista a Colleen Stanley: l'intelligenza emotiva per essere un vero venditore https://www.business.it/intervista-colleen-stanley-lintelligenza-emotiva-un-vero-venditore/ Fri, 08 Sep 2017 05:30:11 +0000 https://www.business.it/?p=12442 Venditori si nasce o si diventa? Una domanda a cui risponde con precisione il nuovo libro di Collen Stanley “Vendere di più con l’intelligenza emotiva”, edito da ROI Edizioni, un manuale che risponde all’esigenza di un numero sempre maggiore di venditori, di imparare ad usare l’intelligenza emotiva per riuscire nel lavoro. Empatia, decisione, calma, consapevolezza sono… Leggi tutto »Intervista a Colleen Stanley: l'intelligenza emotiva per essere un vero venditore

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Venditori si nasce o si diventa? Una domanda a cui risponde con precisione il nuovo libro di Collen Stanley “Vendere di più con l’intelligenza emotiva”, edito da ROI Edizioni, un manuale che risponde all’esigenza di un numero sempre maggiore di venditori, di imparare ad usare l’intelligenza emotiva per riuscire nel lavoro. Empatia, decisione, calma, consapevolezza sono solo alcune delle parole chiave esaminate in questo libro, che presenta un approccio alle vendite veramente innovativo, grazie anche al supporto di case histories di successo, suggerimenti pratici e risultati delle infinite ricerche condotte dall’autrice. Business.it ha intervistato l’autrice a proposito dell’uscita del suo libro, ma toccando anche altri argomenti del mondo del marketing. 
collen stanley vendere di più utilizzando l'intelligenza emotiva

  1. Il suo mestiere è aiutare le aziende a vendere e crescere. Dunque, perché mettere le sue conoscenze a disposizione di tutti, scrivendo un libro? 

Sono un’accanita lettrice e riconosco quanto molte delle informazioni che ho appreso da altri autori mi abbiano aiutato personalmente e professionalmente. L’Intelligenza Emotiva è un argomento importantissimo da conoscere perché è in grado di cambiare e migliorare le persone. Più persone sono in grado di mettere in pratica le loro competenze d’intelligenza emotiva, maggiore sarà il beneficio che tutti ne ricaveremo.

  1. Quale pensa sia la principale causa d’insuccesso nelle aziende che non vendono? 

Le aziende spesso credono che una persona nasca venditore, non lo diventi nel tempo. Credono che quando un bambino viene al mondo, il dottore annunci agli orgogliosi genitori “Congratulazioni, avete appena fatto nascere un venditore”. Le aziende che raggiungono i loro obiettivi in termini di vendite hanno un buon prodotto e i loro venditori hanno un processo ben definito tramite il quale immettono i loro prodotti nel mercato. Alcune ricerche dimostrano che l’insegnamento di un approccio alle vendite specifico sia in grado di aumentare il tasso di chiusura degli accordi commerciali anche del 30 o 40 per cento.
Copertina vendere di piu con l'intelligenza emotiva

  1. Trova delle differenze tra i diversi paesi in cui lavora in quanto ad approccio alla vendita? E se si, come riesce a diversificare i suoi metodi?

Quando lavoriamo in paesi diversi, facciamo interviste per meglio comprendere le differenze culturali. Le interviste ci aiutano a comprendere dove e in che modo modificare il nostro lavoro.

  1. Cosa ne pensa della affermazione “i Millennial non comprano ma scelgono”? Qual è il miglior approccio per vendere alle nuove generazioni che sembrano non stupirsi più di nulla?

Credo che in tutte le generazioni le persone scelgono cosa vogliono comprare e da chi. Detto questo, ci sono dei comportamenti comuni a tutte le persone che fanno acquisti. Le persone, indipendentemente dall’età, sono ancora influenzate dalle emozioni quando comprano. Per questo la competenza legata all’intelligenza emotiva dell’empatia è così importante quando si conduce una trattativa o nelle comunicazioni pubblicitarie. Gli esseri umani desiderano essere compresi e le aziende che sono in grado di capirlo attireranno sempre più clienti.

  1. Come pensa che l’intelligenza artificiale potrà influire sui suoi ambiti lavorativi?

L’intelligenza artificiale potrebbe essere il prossimo passo nell’insegnamento. Un venditore pone una situazione di vendita reale o ipotetica a “Watson” e riceverà in cambio diverse possibilità di gestione di una telefonata di vendita. La ripetizione è la chiave per padroneggiare una competenza, quindi l’intelligenza artificiale potrebbe essere utile come modello per riproporre obiezioni e domande che si presentano frequentemente.

  1. Che cosa ne pensa del neuromarketing e dei risultati fallimentari che alcune campagne hanno avuto, come ad esempio quella delle immagini sui pacchetti di sigarette?

Il Neuromarketing funziona perché stai vendendo alla parte di ognuno di noi responsabile della decisione di acquistare: il sistema limbico o il centro emotivo del cervello. Il cervello ama e interpreta le immagini molto meglio delle parole. Le persone inoltre acquisteranno o faranno dei cambiamenti più spesso per evitare il dolore che per avere un guadagno. Non so quali siano stati i risultati di queste campagne – se le persone ne stanno parlando allora hanno raggiunto un obiettivo, le persone ricordano le campagne pubblicitarie. Dato che non ho accesso ai risultati, non posso dire se le campagne abbiano funzionato oppure no.


Le interviste di Business.it

Enrico Quaroni: l’intelligenza artificiale ed il lavoro nel futuro, inferno o paradiso?
Nicola Cattarossi: l’evoluzione di Groupon, le PMI, digitalizzazione e intelligenza artificiale
Giancarlo Perbellini, il business della cucina: essere un grande chef in Italia
Riflessioni d’estate: Scripta Volant, l’abbecedario pubblicitario di Paolo Iabichino
Mariuccia Rossini: le donne manager in Italia
Intervista a Janet De Nardis: Il mio Roma Web Fest è tutta un’altra serie
 

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Intervista a Janet De Nardis: "Il mio Roma Web Fest è tutta un'altra serie" https://www.business.it/intervista-a-janet-de-nardis-il-mio-roma-web-fest-e-tutta-unaltra-serie/ Wed, 06 Sep 2017 05:33:14 +0000 https://www.business.it/?p=12393 Abbiamo intervistato la Dott.ssa Janet De Nardis, founder e art director di Roma Web Fest, il Festival made in Italy sulle web series. L’edizione 2017 è alle porte (si svolgerà dal 24 al 26 novembre al Maxxi di Roma) e la dott.ssa De Nardis ci svela, in anteprima, tante novità su di sé e sulla quinta edizione! Janet De Nardis è attrice, autrice,… Leggi tutto »Intervista a Janet De Nardis: "Il mio Roma Web Fest è tutta un'altra serie"

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Abbiamo intervistato la Dott.ssa Janet De Nardis, founder e art director di Roma Web Fest, il Festival made in Italy sulle web series. L’edizione 2017 è alle porte (si svolgerà dal 24 al 26 novembre al Maxxi di Roma) e la dott.ssa De Nardis ci svela, in anteprima, tante novità su di sé e sulla quinta edizione!
Janet De Nardis è attrice, autrice, giornalista, conduttrice. La sua voglia di mettersi in gioco e d’imparare sempre cose nuove l’ha fatta diventare, a sua volta, Docente all’Università La Sapienza di Roma del corso in “Web series e produzioni multimediali” presso il dipartimento di Storia dell’arte e Spettacolo. Se il suo curriculum è ricco e trasversale, lo è ancora di più il suo carattere: solare, brillante, curiosa. In una parola, “creativa”, come lei stessa ama definirsi. Ecco cosa ha raccontato a business.it, media partner del Roma Web Fest 2017. <<Amo leggere, scrivere, condurre, recitare. Tutte queste cose fanno parte di me perché mi danno l’opportunità di sperimentare ogni ambito artistico. Mi permettono di crescere, di evolvermi come persona, offrendo la possibilità di affrontare nuove sfide ogni giorno>>.

Janet De Nardis è fondatrice e direttrice del Roma Web Fest

È così che è nato il Roma Web Fest?

<<Esatto! L’idea di creare un festival tutto italiano incentrato sulle web series è nato nel momento in cui ho messo a frutto tutte le mie conoscenze e competenze, acquisite in precedenza. In particolare, mentre presenziavo al TIFF ho assistito all’incontro tra un produttore cinematografico americano e alcuni giovani che gli stavano mostrando qualche puntata della loro web series. Il produttore era entusiasta, eppure l’anno precedente questi ragazzi avevano proposto esattamente la stessa opera, sotto forma di sceneggiatura, senza essere degnati del minimo sguardo. In quel preciso istante ho intuito le potenzialità delle web series e quanto poteva essere importante la vetrina di un evento internazionale com’è appunto stato ideato il Roma Web Fest>>.
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Quali sono gli obiettivi di un festival tanto lungimirante quanto seguito?

<<In primo luogo, farsi notare. A mio parere moltissimi giovani italiani possiedono talento, idee e progetti che, però, non trovano i canali giusti di mercato. Per questo, il Roma Web Fest si pone l’obiettivo di far conoscere questi giovani talenti e le loro opere, per poi introdurli nell’ambito della produzione e distribuzione cinematografica e televisiva. 
Il mio ruolo di docente all’Università ha avuto il medesimo e complementare scopo: quello di formare ragazzi e ragazze nel saper creare prodotti multimediali seriali. Saper passare dal teorico al pratico, affinché sappiano spendere queste competenze anche per le aziende, che oggi richiedono capacità di scrittura e ideazione ancora maggiori rispetto al passato. Farsi “vedere” attraverso un prodotto video può aprire il canale dei “brand content”, oggi molto ricercato e sfruttato sopratutto dalle griffe di moda. Il Festival ha, infatti, anche un Bando appositamente  dedicato ai Fashion Film>>.

Janet De Nardis parla ai microfoni di Business.it

Cosa può dirci sulla imminente V edizione del Festival?

<<La quinta edizione del Roma Web Fest aggiungerà qualcosa di nuovo alle precedenti, come lo è stato ogni anno, fin dalla prima. Il successo è stato esponenziale, parallelamente alla consapevolezza della qualità delle web series. Inizialmente questi contenuti così in voga oggi, erano ritenuti di serie B. Per questo il lavoro del Festival è stato anche quello di creare dei collegamenti con le istituzioni che legittimassero questi prodotti multimediali attraverso bandi e leggi regionali. Inoltre, abbiamo cercato di far conoscere le nostre migliori opere ai brand più importanti. Oggi, ogni maison che si rispetti ha già sperimentato con successo il racconto del proprio marchio attraverso una web serie. Noi non facciamo altro che privilegiare questi incontri, anche a livello internazionale, sproniamo i giovani a presentare progetti e incoraggiamo collaborazioni con produttori, distributori e brand come Sky, Mediaset etc. infine, lo scopo più importante, è quello che hanno tutti i festival: selezionare le opere più significative individuando contenuti di qualità nel mare magnum delle creazioni che ci vengono presentate. E, ovviamente, premiamo i migliori nelle varie sezioni>>.
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Perché le web serie hanno tanto successo? Qual’è il valore aggiunto rispetto ai prodotti multimediali tradizionali?

<<Il format breve è l’asso vincente delle web series. In questi anni stiamo assistendo ad un vero e proprio cambiamento delle nostre abitudini: abbiamo i minuti contati per svolgere le attività quotidiane, per questo, quando necessitiamo di qualche minuto di svago mentale, lo vogliamo facile e veloce! Non dimentichiamo, inoltre, che ci affezioniamo a personaggi e storie, amiamo la serialità. Ecco quindi che la web serie unisce il breve formato al racconto di una storia che possiamo riprendere quando vogliamo, a personaggi che possiamo incontrare ancora una volta perché hanno toccato la nostra emotività. La tv non funziona più per il target giovanile poiché è statica. Il nostro modo di vivere ha cambiato il nostro modo di fruire serie e film. Perché aspettare una puntata ad un determinato orario in tv se posso vederla quando voglio, in poco tempo, magari sull’ipad al parco?>>.

Janet De Nardis è docente presso La Sapienza di Roma

Cosa le hanno lasciato le recenti edizioni del Roma Web Fest? E cosa si aspetta dalla prossima?

<<Il lascito delle edizioni precedenti è stato grande. Attraverso ognuna di esse sono cresciuta, ho imparato a relazionarmi con ospiti internazionali e ho potuto mostrare opere di giovani talenti italiani, mettendoli in contatto con altri filmmakers stranieri. La sinergia che si crea è incredibile, sopratutto per quanto riguarda opere di culture differenti dalla nostra. Ogni nazione propone prodotti narrati in modo diverso, ed è importante vedere come siano di ispirazione dall’uno all’altro. Quest’anno mi aspetto qualità sempre maggiore, insieme alla consapevolezza che le web series sono il prodotto multimediale di cui il nostro mercato produttivo e distributivo ha bisogno oggi>>.
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Un’ultima curiosità: ha una web serie prediletta?

<<Ce ne sono molte a dire il vero. Di quest’anno non voglio svelare nulla. Delle edizioni precedenti dico Arthur, diretta da Nick Rusconi, Preti e Stuck, The Chronicles of David Rea, di Ivan Silvestrini, Esami di Edoardo Ferrario>>.
Seguite tutte le novità e gli appuntamenti del Roma Web Fest 2017 su Business.it!
 

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Riflessioni d'estate: 'Scripta Volant', l'abbecedario pubblicitario di Paolo Iabichino https://www.business.it/riflessioni-estate-scripta-volant-abbecedario-pubblicitario-di-paolo-iabichino/ Tue, 22 Aug 2017 09:30:41 +0000 https://www.business.it/?p=12139 Lo scenario non è affatto quello ‘tipico’ di un’intervista formale: non un ufficio al settimo piano di un palazzo di vetro, non uno studio televisivo alle porte di una grande città, e neppure una sala stampa dopo una conferenza di presentazione. Caffè Ginori, centro di Castiglioncello, un locale storico, incastonato al piano terra di un… Leggi tutto »Riflessioni d'estate: 'Scripta Volant', l'abbecedario pubblicitario di Paolo Iabichino

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Lo scenario non è affatto quello ‘tipico’ di un’intervista formale: non un ufficio al settimo piano di un palazzo di vetro, non uno studio televisivo alle porte di una grande città, e neppure una sala stampa dopo una conferenza di presentazione.

Caffè Ginori, centro di Castiglioncello, un locale storico, incastonato al piano terra di un vecchio palazzo di una Signoria decaduta, un cortile immerso in una piazza che vive solo d’estate, teatro di villeggiatura e di cultura, il brusio dei vacanzieri con in mano teli da mare e borse frigo, a riempire l’aria festosa di metà agosto, tutti pronti per un’interminabile giornata di sole in una delle baie più belle della ToscanaCi siamo incontrati qui, seduti ad un tavolo, in mezzo alla gente, non abbiamo semplicemente parlato, abbiamo chiacchierato, come si dice da queste parti per indicare un dialogo fervido e divertente, costruttivo e vissuto. Abbiamo discusso di argomenti tecnici e specifici, in maniera molto popolare: un sorprendente ossimoro. Nasce così l’intervista a Paolo Iabichino, celebrità nel mondo della comunicazione, sviluppando una presentazione decisamente atipica del suo ultimo libro, Scripta Volant, ed ecco i frutti di un piacevole confronto.

Intanto ci sembra doveroso presentarlo: Paolo Iabichino è Chief Creative Officer del gruppo Ogilvy & Mather Italy, uno dei più grandi ed influenti network di comunicazione e marketing, presente in 120 nazioni, con clienti di calibro assoluto come, Nestlé, IBM, American Express, Ford, e in Italia, Ferrero, Merck, San Pellegrino, Galbani, Wind e 3, solo per citarne alcuni. Docente nell’Università IULM e membro del Collegio Docenti di alcuni master in comunicazione digitale presso l’Università Cattolica di Milano, Pavia e ancora IULM. Nei suoi vent’anni di esperienza, ha attraversato tutte le forme di comunicazione, dalle scritture pubblicitarie tipiche degli anni’90, all’Advertising contemporaneo, attraversando un ponte generazionale che l’ha reso una delle firme, indiscutibilmente più importanti del settore. I suoi libri sono dictat necessari per chi si avvicina alla materia, in quanto tracciano un percorso evolutivo della scrittura pubblicitaria, fotografando l’annoverarsi di strumenti e tendenze. Scripta Volant è l’ultimo lavoro di Iabichino, una sorta di abbecedario pubblicitario che non ha la pretesa di diventare un breviario moderno. Si tratta piuttosto di un alfabeto di parole chiave, indispensabili per scrivere, leggere e pensare la pubblicità, nel mondo contemporaneo. Dalla A di Ascolto, alla Z di Zmot, passando per la E di Esperienza, per la M di Millennial e per la P di Promessa: una riflessione su tecniche e metodi, per valorizzare un mestiere che troppo spesso, rifugge lungo illusorie scorciatoie.

Paolo iabichino intervista scripta volant
(Foto credit Isabella De Maddalena)

La scrittura

Paolo Iabichino sembra essere ossessionato dalla scrittura, inebriato dalle parole del ‘buon scrivere’, una pratica che ha portato avanti parallelamente al suo lavoro legato alla pubblicità, collaborando in passato con Wired Italia e Nòva24, e scrivendo periodicamente all’interno del suo spazio su Medium.

“Saper scrivere è ancora la base essenziale ed imprescindibile di una buona attività pubblicitaria, nonostante l’avvento prepotente del digitale, riuscire a maneggiare con cura le parole, resta un presupposto fondamentale. Nella mia esperienza come docente universitario, ho cercato di osservare il metodo degli studenti, dei giovani, ho capito che, al giorno d’oggi, saper scrivere spesso è qualcosa che possiamo dare per scontato, quantomeno a livello tecnico. Ma la buona scrittura sfocia, inevitabilmente, in un ambito qualitativo, ed è qui che le parole fanno la differenza. Qualità al di là dei tecnicismi, un particolare che non si può trascurare per consegnare un messaggio pubblicitario, direttamente nelle mani di un potenziale cliente.”

Il mondo dei ‘Social’

La pubblicità è come una grande città costruita su un fiume, i canali attraversano le vie e le piazze, rendendo tutto più suggestivo. Paolo Iabichino questi canali li ha navigati praticamente tutti, con ogni mezzo, dalla gondola alla moto d’acqua, per questo ci si aspetterebbe un giudizio nostalgico di un mondo lontano dalle trasformazioni portate dai Social Network, che, secondo molti, hanno oscurato le qualità dei giovani sempre più omologati e massificati, e invece…

“Non mi reputo affatto un disfattista dei Social, non credo che la nuova comunicazione abbia neutralizzato le conoscenze o le capacità dei giovani. Nei miei laboratori di docenza vedo ragazzi molto preparati, che sanno maneggiare alla perfezione i rudimenti del mestiere, dai ‘blog’ alle ‘app’, hanno in mano un bagaglio di conoscenze tecniche col quale possono agire nel digitale, con il digitale. Serve un atteggiamento progettuale che, noi più esperti dobbiamo trasmettere, insegnando l’attitudine, alimentando il fuoco sacro della qualità. Il nuovo modo di comunicare porta con sé strumenti micidiali a favore della pubblicità, che vanno utilizzati, sfruttati, non condannati. Con il mio libro e, più in generale col mio pensiero a riguardo, vorrei sfatare alcuni miti portati alla luce come dogmi esistenziali: i fantomatici ‘Millennials’, i mistici ‘Influencer’, la pratica esoterica dello ‘storytelling’, sono concetti che non devono essere inquadrati come gli panacee dell’era contemporanea. Sono aspetti che il pubblicitario deve saper gestire, volgere a suo favore, per riscattare, bonificare, rinnovare, il mestiere più bello del mondo.”

La pubblicità qui, adesso

L’enorme uragano digitale che sta sconvolgendo usi e costumi, ha travolto, col suo vortice, anche il modo di fare pubblicità. Con la potenza del ciclone si sono formate delle vere e proprie scorciatoie, all’apparenza comode o addirittura straordinarie, che rischiano però di condurre al traguardo sbagliato.

“La pubblicità ha ancora uno spasmodico bisogno di talento creativo, un atteggiamento progettuale autentico ed originale. In questi ultimi anni ha preso forma un pericoloso potere di delega, che in passato è stato conferito ai testimonial e adesso si materializza sui volti degli ‘influencer’. Il pubblicitario ha il compito di fare in modo che le marche si riapproprino di una relazione privilegiata con le persone che le scelgonoSiamo in un momento storico che abbisogna di una particolare attenzione ai costumi, di un assoluto rispetto per il denaro. Stabilire una relazione di fiducia con le persone, con le famiglie, può aiutare a spendere con più attenzione i propri soldi. Utilizzare semplicemente degli ‘influencer’, mettendo loro in mano dei prodotti, come si faceva con i testimonial di un tempo, può essere un’arma estremamente autolesionista, che può condurre a prendere le distanze dal marchio pubblicizzato, o ancora peggio, ad ignorarlo. Il nostro mestiere ha il compito di raccontare il prodotto che presenta, raccontarlo nel mondo in cui viviamo, per arrivare al cuore, alla testa, del consumatore, andando oltre a quella ‘sbornia da Social Network’ che tanto piace in queste ore.”

Scripta Volant

Paolo Iabichino è un lettore vorace, uno scrittore generoso, la sua esperienza in una delle agenzie pubblicitarie più importanti del mondo l’ha condotto ad una riflessione sulla pubblicità come strumento espressivo, più che sul singolo media. L’osservatorio privilegiato da cui ha potuto assistere ai grandi travolgimenti di questi anni è così prestigioso da avergli permesso di cogliere ogni elemento dei nuovi paradigmi, dalle telefonate del telemarketing degli anni ’90, ai robotici ‘chatbot’ contemporanei, disponendo di una vitale contaminazioneEd è proprio da questa contaminazione che nasce una riflessione come ‘Scripta Volant’.

“Sono un creativo pubblicitario abituato a lavorare su più canali. Il mio motto in tal senso è quello di ‘non schierarsi mai dentro alcuna tifoseria’. Il mio libro non ha l’obiettivo di dettare la via giusta, si tratta piuttosto di un’analisi sulle molteplici possibilità di cui disponiamo. Oggi la pubblicità s’intreccia con una serie di mondi paralleli, come le serie Tv, il mondo del giornalismo, per fare alcuni esempi. Marchi come RedBull lavorano su logiche di palinsesto e non solo di pianificazione, non ci si limita ad un semplice racconto del prodotto. La poesia stessa s’insinua nel mondo della narrazione di un marchio, Levi’s ha utilizzato i versi di Charles Bukowski per fotografare la realtà, prima di mostrare il nuovo modello di jeans da pubblicizzare. Esiste una costellazione di linguaggi, la cui scelta, non comporta un giusto o uno sbagliato, è qui che il nostro mestiere gioca la sua carta principale. Scegliere in funzione dello stato di salute del marchio stesso, del paese in cui cerca di agire, in base al pubblico che si propone di coinvolgere, l’azione finale dev’essere il frutto di un’accurata disamina. Scripta Volant è un insieme di informazioni, di nozioni, di presentazioni di linguaggi, che possono essere utili a non ‘sputtanare’ del tutto un mestiere che può tornare ad agire un ruolo importante nell’immaginario collettivo e, perché no, nella trasmissione di cultura o nella formazione di coscienze, assumendoci tutti nuove responsabilità.”

Baia del quercetano Paolo Iabichino

Le interviste di Business.it

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NutriBees: la start up di food delivery che rivoluziona il modo di mangiare https://www.business.it/nutribees-la-start-food-delivery-rivoluziona-modo-mangiare/ Tue, 25 Jul 2017 06:12:54 +0000 https://www.business.it/?p=11341 Il mondo sta viaggiando a velocità supersonica verso il futuro, le nostre abitudini cambiano, miriadi di invenzioni modificano il vivere quotidiano, sono in molti, però, ad affermare, che l’unica cosa che non cambierà sarà fare la spesa e cucinare. Leggi anche: “La trappola food delivery”. Ecco cosa succede davvero quando ordini cibo a domicilio con le… Leggi tutto »NutriBees: la start up di food delivery che rivoluziona il modo di mangiare

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Il mondo sta viaggiando a velocità supersonica verso il futuro, le nostre abitudini cambiano, miriadi di invenzioni modificano il vivere quotidiano, sono in molti, però, ad affermare, che l’unica cosa che non cambierà sarà fare la spesa e cucinare.
Leggi anche: “La trappola food delivery”. Ecco cosa succede davvero quando ordini cibo a domicilio con le app

Una massima che verrà presto contraddetta.

Sono già molte le compagnie di ‘food delivery’ che si sostituiscono alla preparazione del cibo, stanno dilagando in ogni città, anche in Italia, dove vige la tradizione della cucina popolare.

Ma ce n’è una che si differenzia dalle altre perché può preparare piatti prelibati e sani, per migliaia di persone, con un solo laboratorio.

Com’è possibile?

Ce lo spiega Giovanni Menozzi co-founder del progetto ‘NutriBees’, una compagnia di food delivery decisamente particolare per le modalità con cui presenta i suoi speciali menù.

Intervistato ai microfoni di business.it, Giovanni ci ha spiegato tutte le peculiarità della sua sorprendente start up.

Che cos’è NutriBees?

NutriBees è una start up che fornisce un servizio di food delivery diverso dalle altre compagnie. Noi cuciniamo piatti pronti preparati in atmosfera protettiva che possono restare in frigorifero per 20 giorni senza perdere il gusto, né le proprietà nutrizionali.

Consegnamo direttamente a casa dei clienti, in 48 ore dall’ordine, in tutta Italia.

I piatti, come detto, devono essere conservati in frigorifero e, appena lo si desidera, scaldati leggermente in padella o nel microonde.

Ma la vera novità è che i nostri menù vengono proposti ad hoc per i clienti, grazie ad un preciso test alimentare di 40 domande, gestito con la collaborazione della dottoressa Villarini, biologa nutrizionista, che integra le sue conoscenze con l’algoritmo che decifra l’esito del test.

In questo modo riusciamo a proporre ed assegnare piatti secondo le esigenze alimentari del cliente, rispettando le sue eventuali intolleranze, ma anche i suoi gusti e le ipotetiche esigenze dietetiche.

Si tratta di piatti unici studiati per soddisfare il fabbisogno del consumatore, contenenti un cereale integrale, una proteina sana e verdure di stagione.

Un classico esempio potrebbe essere ‘Filetto di salmone in crosta di mandorle con riso nero integrale ed asparagi’.

Come è nata questa idea imprenditoriale?

Il mio socio Mario Villani ed io ci siamo conosciuti ai tempi dell’Università, dopo varie esperienze, anche all’estero, ci siamo ritrovati ed abbiamo deciso di dare vita a questo progetto. 

L’obiettivo è quello di permettere alle persone di mangiare esattamente tutto ciò di cui il loro corpo ha bisogno, abbiamo unito la nostra passione per l’online ad un argomento sempre più dibattuto al mondo d’oggi come quello della nutrizione.

L’inserimento della dottoressa Anna Villarini avvalora il test a cui sottoponiamo i clienti prima che si abbonino al nostro servizio e conferisce ulteriore credito ad i menù che il sistema elabora.

È un’idea, a nostro avviso, innovativa, che risponde ad esigenze reali, che in futuro saranno sempre più forti.

Inoltre si tratta di un prodotto che possiamo esportare anche all’estero, senza ingenti investimenti e che possiede una valida opportunità di scalabilità.

Detto questo, in che termini la vostra impresa può crescere? Dove si propone di arrivare NutriBees?

Esistono ampi margini di miglioramento, aumenterà la nostra precisione nell’analizzare il cliente, contiamo di dare la possibilità al cliente di caricare maggiori dati, ad esempio analisi del sangue, dandogli la possibilità di creare una sorta di “cartella clinica” online.

In questo modo i nostri menù saranno ancora più calzanti, adatti e personalizzati, con la realizzazione di nuovi piatti ed una rete sempre più numerosa di nutrizionisti affiliati che consigliano il nostro servizio.

Distribuendo cibi conservabili in frigorifero anche per 20 giorni possiamo utilizzare una sola cucina centrale, senza dover dislocare i nostri servizi, e questo sarà il nostro punto di forza anche per un nostro approdo all’estero.

In alcune parti d’Europa la consegna in 48 ore è garantita, per cui saranno quelli i punti di partenza per esportare il nostro marchio.

Altri settori su cui possiamo ampliare il nostro raggio d’azione son la possibilità di ordinare anche snack e colazioni e l’opportunità di poter scegliere il proprio menù tra più proposte.

Adesso il cliente si affida ai nostri studi e riceve il pacco a seconda delle esigenze da noi elaborate, presto sarà possibile ricevere il menù preventivamente, indicando le preferenze tra diverse alternative.

Si tratta, di fatto, di un’applicazione dell’Intelligenza Artificiale alla cultura del cibo. Dove arriveremo?

Credo che l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale divagherà in ogni tipologia di settore, compreso quello medico.

Applicare determinati principi permette di accelerare il progresso, in ogni campo, porto sempre l’esempio delle radiografie.

Se un computer analizza milioni e milioni di dati, osserva esiti e risultati su centinaia di migliaia di campioni, sarà in grado di effettuare delle diagnosi più rapide e precise di qualsiasi dottore.

E questo vale per tutti gli ambiti del lavoro, l’essere umano dovrà sempre essere bravo a mantenere la possibilità di avere quel valore aggiunto, dettato dall’ingegno, dalla creatività, dall’emozione, che una macchina non potrà mai avere.

Che cosa significa avviare una start up in Italia?

Diciamo che la situazione italiana non è delle migliori per avviare una giovane azienda.

La presenza di mille cavilli burocratici ed una tassazione esasperata non agevolano certo il percorso.

Un giovane italiano può essere scoraggiato dal sistema, visto che, rispetto ad altri paesi, i passaggi da effettuare per avviare un’attività sono infiniti, in Germania, ad esempio, è lo stato che viene a cercarti per dare avvio ad un’impresa, nel nostro paese invece la strada è lunga e tortuosa.

Servirebbero più esempi di successo per convincere i giovani a crederci, sono necessarie tanta passione e perseveranza, ma è possibile raggiungere il successo se si ha un’idea innovativa.

Leggi anche: https://www.business.it/giancarlo-perbellini-il-business-della-cucina-essere-un-grande-chef-in-italia/

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Nicola Cattarossi: l'evoluzione di Groupon, le PMI, digitalizzazione e intelligenza artificiale https://www.business.it/nicola-cattarossi-evoluzione-di-groupon-pmi-digitalizzazione-intelligenza-artificiale/ Thu, 20 Jul 2017 07:00:40 +0000 https://www.business.it/?p=11084 “Netflix non ha ucciso Blockbuster. Il costo del servizio di Blockbuster l’ha ucciso. Uber non ha ucciso i taxi. Il costo assurdo dei taxi li ha uccisi. Spotify non ha ucciso l’industria musicale. Essere costretti a comprare gli album l’ha uccisa. Airbnb non ha ucciso l’industria alberghiera. La bassa disponibilità e le talvolta carenti opzioni… Leggi tutto »Nicola Cattarossi: l'evoluzione di Groupon, le PMI, digitalizzazione e intelligenza artificiale

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“Netflix non ha ucciso Blockbuster. Il costo del servizio di Blockbuster l’ha ucciso.

Uber non ha ucciso i taxi. Il costo assurdo dei taxi li ha uccisi.

Spotify non ha ucciso l’industria musicale. Essere costretti a comprare gli album l’ha uccisa.

Airbnb non ha ucciso l’industria alberghiera. La bassa disponibilità e le talvolta carenti opzioni di prezzo l’hanno uccisa.

Amazon non ha ucciso i retailer. Il basso servizio clienti e l’esperienza scadente l’hanno fatto.

La tecnologia da sola non è un disgregatore.

Non mettere il cliente al centro è la minaccia più grande per ogni business”

(Cit A.B.)

Si tratta di una massima che dipinge perfettamente il contesto economico mondiale contemporaneo, un’analisi chiara di ciò che sta succedendo negli ingranaggi commerciali globali.

L’incapacità di prevedere i trend del futuro, ha condotto decine e decine di grandi aziende sul lastrico, inermi di fronte al cambiamento.

Proprio riguardo a questa capacità di utilizzare dati e ricerche per anticipare le tendenze, business.it ha avuto l’onore di poter ascoltare l’opinione di Nicola Cattarossi, AD di Groupon Italia, nella realizzazione di un’interessante intervista per esplorare la trasformazione di brand e business di GROUPON negli anni.

Da semplice sito di deal online è divenuto, dapprima un market-place dove i consumatori possono acquistare un qualsiasi tipo di esperienza, successivamente anche una vera e propria mobile company, in cui oltre il 60% delle transazioni avviene da mobile.

Basti pensare che in US l’App Groupon è stata inserita nella classifica delle 25 App più utilizzate. 

Quanto conta, oggi, per una grande azienda, riuscire a cavalcare il cambiamento ed essere capace di attuare una vera e propria trasformazione?

Direi che questa capacità sia assolutamente indispensabile, saper anticipare i tempi e condurre una reale trasformazione dell’offerta, tenendosi al passo con la domanda dei consumatori, è un principio basilare.

Senza l’analisi continua di dati, senza consultare i risultati di indagini sia interne che esterne al proprio business, non c’è possibilità di sopravvivere senza essere inghiottiti dalle leggi del mercato che si susseguono a velocità supersonica.

Groupon è riuscita brillantemente in questo intento: quando sei un grande marchio di fama mondiale, dopo aver raggiunto grandi successi e, in un certo senso, aver sbaragliato la concorrenza, non è facile avere l’umiltà e l’intelligenza di capire il cambiamento ed anticiparlo, sconvolgendo abitudini e principi aziendali.

Noi siamo riusciti a farlo grazie ad un monitoraggio costante della soddisfazione e delle richieste dei nostri clienti, mettendoli al centro del nostro progetto.

Groupon è partita, durante la sua prima fase, mitragliando i potenziali clienti di mail con offerte, spesso incentrate su sconti invitanti, dando vita ad un genere pressoché sconosciuto prima, che ha creato la base dei successi.

Dopodiché c’era bisogno di cambiare regime, per non rischiare di incentrare il business su una tecnica, ormai, di dominio pubblico ed è stata avviata la creazione di un grande market-place, in cui i consumatori possono muoversi liberamente, ricercando e scegliendo accuratamente prima di acquistare.

È stato proprio nel momento in cui il market-place raggiungeva il suo top, che grazie ad una visione ad ampio respiro, abbiamo capito che il prossimo passo  sarebbe stata la grande migrazione di traffico verso il ‘mobile’.

Per questo è stata creata un’App strutturata, è stato implementato un servizio di geolocalizzazione, che ha permesso di andare incontro alle esigenze del consumatore, che non sono più quelle di ricevere sconti mostruosi, bensì quelle di essere collocato nello spazio e soddisfatto dall’offerta propostagli ad hoc.

Qual è l’impatto che Groupon ha ed ha avuto sulle PMI e come vede la situazione Italiana rispetto al processo di digitalizzazione in corso?

Abbiamo sentito molte voci, negli anni, riguardo la possibilità che i grandi distributori commerciali distruggano le attività commerciali più piccole, ma, nel nostro caso, credo proprio che non sia così.

Anche questi sono passi che siamo riusciti a fare nel tempo, migliorando il nostro rapporto e la nostra offerta alla Piccole e Medie Imprese, inquadrando diversamente la tipologia di collaborazione in base alle necessità.

Mi spiego meglio.

Credo che Groupon rappresenti il filo di comunicazione tra il consumatore e l’esercente, il sistema che mette in relazione i due poli, la linea retta che unisce i due punti.

Questo perché cerchiamo di creare una connessione tra chi offre e chi domanda, sfruttando la grande rete commerciale di cui disponiamo, venendo incontro, simultaneamente, alle esigenze di vende e di chi acquista.

Nel corso del tempo Groupon ha affinato la sua tecnica, proprio in base alle richieste dei clienti, e per clienti intendo sia coloro che cercano di pubblicizzare e strutturare la propria vendita, sia i consumatori finali che, al giorno d’oggi, non sono più mossi da un’irrefrenabile voglia di sconti, bensì dalla soddisfazione delle proprie esigenze intrecciate alla comodità di raggiungerle.

In passato non era così, anche in questo settore abbiamo assistito ad una trasformazione consapevole da parte di Groupon, che non è un nemico o un vampiro delle PMI, ma un mezzo fondamentale che le aziende possono utilizzare per raggiungere l’acquirente.

Per quanto riguarda poi l’inesorabile processo di digitalizzazione che, a breve, investirà la totalità del mercato, penso che in Italia dovremo metterci a correre il più presto possibile.

Sempre grazie all’analisi ed alle indagini che, costantemente in Groupon monitoriamo, sappiamo che una grande percentuale di Piccole e Medie Imprese è ancora restia alla digitalizzazione.

Non si tratta di un rifiuto del digitale bensì di un’errata consapevolezza a riguardo.

Spesso sentiamo dire alle piccole aziende che effettivamente si sono digitalizzate perché hanno creato una pagina Facebook, oppure perché dispongono di un sito vetrina: questa non è digitalizzazione.

Non bastano queste piccole accortezze per cavalcare l’onda del nuovo commercio, non basta dire “Io ci sono” per esserci davvero, le aziende devono farsi trovare, offrire al cliente un servizio adeguato, sia per quanto riguarda i prodotti, sia per ciò che concerne un’adeguata assistenza, una presenza, una costanza, nell’universo del consumatore.

In questo senso c’è molto  lavoro da fare nel nostro paese e credo che Groupon, sia un pilastro che può ispirare ed aiutare il cambiamento.

Quindi quale sarà la tendenza futura della sua azienda?

Utilizzando un principio in cui credo moltissimo, mi sento di affermare che il mercato è fatto di conversazioni tra l’esercente ed il consumatore: Groupon è lo strumento per attivare queste conversazioni.

C’è uno scambio di informazioni continuo, noi le raccogliamo, il nostro algoritmo le gestisce ed i clienti ne usufruiscono per vendere e per comprare.

Groupon offre gli strumenti digitali per le conversazioni che attivano il mercato, questo è ciò che fa e questo è ciò che andrà ad affinare sempre di più, continuando in una ricerca costante, proseguendo in un’analisi attenta dei nuovi trend.

Dovremo essere sempre più bravi a vendere, ma anche ad apparire, ad essere presenti, senza essere invadenti, anche nei momenti in cui le persone non stanno navigando per acquistare.

Ovvero, visto che siamo una delle 25 App più scaricate negli Stati Uniti, di cui di cui solo 4 sono retailer, non dobbiamo soltanto essere bravi ad affinare le nostre tecniche di vendita, ma anche ad attivare una collaborazione con tutte le altre piattaforme importanti, anche di altro genere.

Facciamo un esempio: sappiamo quanto sia diffusa la navigazione all’interno di Facebook, anche senza il preciso intento di comprare.

Dobbiamo costruirci un sistema di presenza e collaborazione, di modo da arrivare anche quando non siamo cercati, senza risultare fastidiosi.

Ecco la nuova tendenza, ecco dove interverremo, continueremo a studiare ciò che i nostri clienti chiedono, esattamente con questo principio abbiamo attivato il servizio clienti tramite chat, abbiamo affinato i nostri sistemi di geolocalizzazione e proseguiremo per questa strada, cercando sempre più di arrivare alla persona giusta, nel momento giusto, con l’offerta giusta.

Che cosa ne pensa dell’avvento dell’Intelligenza Artificiale in ogni ambito lavorativo e quale sarà il compito dei grandi manager del futuro?

Non credo nel rischio di essere completamente sopraffatti dai robot, penso che le crescenti ‘personalizzazioni’ dei processi vadano gestite e guidate, le macchine, per quanto efficienti e pensanti, andranno comunque indirizzate, governate.

Parlare di futuro significa confrontarsi con settori diversi da quello di competenza, avviare collaborazioni e sinergie costanti.

Un principio fondamentale per volgere a nostro favore l’evoluzione che sopraggiunge, sottoforma di digitalizzazione, intelligenza artificiale, machine learning, è quello  di avere un dialogo aperto con le nuove generazioni, con i giovani.

Se prima la tendenza era quella di cercare personale nelle Università, stiamo andando incontro ad un mondo che avrà esigenza di arruolare personale ancora più giovane, quindi anche appena uscito dalle scuole superiori.

Dobbiamo avere il coraggio di dare spazio e voce a coloro che sono nati dentro questo processo e che hanno una mente pronta e disposta ai continui cambiamenti che comporta il futuro.

Dobbiamo avere il coraggio di ascoltare le loro idee, di non relegarli a compiti irrilevanti, semplicemente perché inesperti, proprio l’esperienza dovrà formare un mix esplosivo con l’innovazione condotta dai giovani, solo in questo modo potremo governare questa transizione.

La chiave del successo sta nell’opportunità di capire come e chi può aiutarci ad usare la tecnologia, abbandonando presunzione e supponenza.

Questo è il compito dei manager, anche e soprattutto delle grandi aziende, affidarsi sempre all’analisi dei dati ed avere un rapporto diretto, costante, paritario, con le nuove generazioni.

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Giancarlo Perbellini, il business della cucina: essere un grande chef in Italia https://www.business.it/giancarlo-perbellini-il-business-della-cucina-essere-un-grande-chef-in-italia/ Tue, 18 Jul 2017 09:46:18 +0000 https://www.business.it/?p=10985 Il business della cucina è ormai un vero e proprio pilastro dell’economia italiana contemporanea, la grande tradizione culinaria del nostro Paese si è intrecciata con la spettacolarizzazione del cibo in TV, dando vita ad un mix micidiale che ha portato alla ribalta grandi chef e cuochi amatoriali. Hanno preso vita due filoni distinti di programmi… Leggi tutto »Giancarlo Perbellini, il business della cucina: essere un grande chef in Italia

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Il business della cucina è ormai un vero e proprio pilastro dell’economia italiana contemporanea, la grande tradizione culinaria del nostro Paese si è intrecciata con la spettacolarizzazione del cibo in TV, dando vita ad un mix micidiale che ha portato alla ribalta grandi chef e cuochi amatoriali.

Hanno preso vita due filoni distinti di programmi televisivi, i Contest dove si sfidano aspiranti del mestiere alle prime armi, sotto gli occhi vigili di esperti del settore, e trasmissioni condotte dai maestri della cucina che cercano di illustrare al grande pubblico quella che è una vera e propria arte.

Oggi ci concentreremo proprio sul secondo trend, grazie all’illustre contributo dello chef pluristellato Giancarlo Perbellini, che ci ha concesso un’interessante intervista.

Giancarlo Perbellini è uno chef di fama internazionale, fin da bambino coltiva una passione smisurata per la cucina, grazie all’iniziazione del nonno Ernesto  muove i primi passi in un mondo che arriverà decisamente a conquistare.

Dopo importanti esperienze in Francia, dove riempie il suo bagaglio di preziose conoscenze, torna nella sua Verona, e nel 1996 conquista la prima stella Michelin, nel 2002, la seconda.

Nel frattempo, dopo aver ricevuto premi e riconoscimenti anche in campo internazionale, decide di diventare anche un imprenditore, ruolo che ricopre tutt’oggi, titolare della ‘Colori di Cuoco’ con quote di maggioranza o con partecipazioni in sei locali (Casa Perbellini, Locanda Quattro Cuochi, Al Capitan della Cittadella, Du de Cope, Dolce Locanda e Tapasotto) più un hotel (Cinque) a Verona, un ristorante a Venezia (Il Dopolavoro Dining Room all’interno del JW Marriot Venice Resort sull’Isola delle Rose) e la ‘Locanda Italian Cuisine’ a Hong Kong in partnership con il gruppo Dining Concept.

Ma il grande evento, svolta definitiva per la sua prestigiosa carriera, avviene nel 2014, quando apre ‘Casa Perbellini’, un vezzo nella suggestiva cornice di Piazza San Zeno, sempre a Verona, solo 24 coperti, uno spettacolo esclusivo per i fortunati avventori, che possono vederlo all’opera grazie alla totale apertura della cucina a vista.

Dopo un solo anno dall’apertura, Casa Perbellini conquista due stelle Michelin, e si colloca tra le location culinarie più importanti d’Italia.

Ma chi è oggi Giancarlo Perbellini? Come la pensa sul business della cucina e sulla spettacolarizzazione del cibo?

Gli abbiamo fatto alcune domande, le sue risposte concise, dirette, tracciano chiaramente il pensiero dello chef.

Stiamo vivendo un vero e proprio boom del business della cucina, che cosa ne pensa della spettacolarizzazione culinaria e dei numerosi programmi televisivi che vedono gli chef protagonisti, sempre più icone del piccolo schermo?

Credo che ci sia un duplice effetto a riguardo, dei pro e dei contro che quest’esplosione di interesse si trascina dietro. Sicuramente questa spettacolarizzazione ha contribuito a sdoganare un mestiere che, fino a poco tempo fa, in molti consideravano marginale, poco rilevante.

Lo chef, in Francia ad esempio, è da molto tempo una professione ambita e prestigiosa, da qualche anno lo è diventata anche in Italia, anche e soprattutto grazie alla visibilità che il nostro lavoro ha ottenuto.

Inoltre la televisione ha reso nota ed accessibile tutta una terminologia fino a prima sconosciuta, che alimenta una vera e propria passione nel grande pubblico.

Dall’altro lato, però, questa visibilità che molti di noi hanno avuto, ha condotto a pensare che questo sia un mestiere semplice, che tutti possono svolgere, per questo molte persone si buttano in una carriera ipotetica senza avere delle basi reali.

La televisione, talvolta porta a credere che il nostro lavoro non comporti poi un così grande sacrificio, basta avere un po’ di passione, qualche soldo da investire per frequentare una buona scuola e tutto andrà liscio come l’olio.

Non è così. Il nostro è un mestiere di sudore e rinunce, noi lavoriamo quando glia altri si divertono, la vita sociale di uno chef è totalmente diversa da quella di una persona ‘normale’, inoltre passione e preparazione non bastano, servono le fondamenta ed un grande talento.

Come si inquadra, lei, a tal proposito. Pensa che un giorno potrebbe prestarsi a programmi di primo piano come Master Chef, ad esempio? O è qualcosa che non le interessa?

Io conduco già il mio programma televisivo, ‘Casa Perbellini’ sul canale ‘Gambero Rosso’, ma si tratta di una trasmissione molto diversa da ‘Masterchef’. Noi mostriamo il reale lavoro che sta dietro ad un grande piatto di alta cucina, cerchiamo di renderlo accessibile, cerchiamo di far capire che serve una grande preparazione, una meticolosità importante, che non vanno mai tralasciati i dettagli e, soprattutto, che per preparare del cibo eccezionale è indispensabile impiegare del tempo.

Il problema di programmi come ‘Masterchef’ o ‘Hell’s Kitchen’, è che inducono a pensare che si possa cucinare in poco tempo, tralasciando delle accortezze che, in realtà, sono strettamente necessarie.

Per cui no, non mi rivedo in quel genere televisivo e non lo condivido, non credo che mi vedrete mai in quel contesto.

Crede che questa spettacolarizzazione della cucina contribuisca a spalmare la passione tra la gente, oppure allontani i grandi protagonisti dalla professionalità in nome della visibilità?

La televisione può alimentare la passione per la cucina, ed anche avvicinare i giovani a questo mestiere. Gli show ben strutturati possono anche aiutare a migliore l’alimentazione delle famiglie italiane, che vengono esortate all’uso di ingredienti sani, con preparazioni genuine.

Per quanto riguarda, invece, i professionisti del settore che diventano stelle televisive, ho le idee molto chiare e rispondo in maniera diretta: sono nato per fare il cuoco e non smetterei mai per diventare un attore.

Come valuta la situazione culinaria italiana? Qual è la reale posizione dell’Italia rispetto al resto del mondo, aldilà delle solite dicerie sulla grande tradizione del ‘mangiar bene’?

Reputo l’attuale situazione italiana, a livello culinario, assolutamente straordinaria. Dopo l’Expo di Milano è cresciuta a dismisura una grande consapevolezza del ‘mangiar bene’ in Italia, una grande conoscenza dell’universo degli ingredienti e dell’eccezionale qualità di cui disponiamo, su tutto il nostro territorio. Credo che sia un momento d’oro per la cucina italiana, che si sta allineando al grande prestigio di quella francese, a cui, sinceramente, non ha nulla da invidiare, se non un ritardo nel riconoscere il proprio valore. Il percorso di Massimo Bottura, ad esempio, che ha ottenuto il più grande riconoscimento a livello mondiale, ha dato lustro al lavoro di tutti noi, aiutando a portare sempre più in alto il valore della cucina italiana nel mondo.

Ovviamente non possiamo non parlare dei lati negativi, in questi termini, del nostro Paese.

Purtroppo lo Stato Italiano non supporta affatto gli imprenditori, che si trovano sempre di fronte ad un percorso ad ostacoli, per via di mille cavilli burocratici ed una tassazione ai limiti del credibile.

I ristoratori sono penalizzati da mille intoppi istituzionali che ne impediscono, molto spesso, crescita e sviluppo.

Ci terrei a sottolineare, in particolare, una controversia fondamentale, ovvero la difficoltà di poter avere degli stagisti provenienti dall’estero. In paesi come la Spagna o la Francia, l’ingresso di ‘stranieri’ che possono svolgere questa mansione è praticamente libero, in Italia no.

Questo comporta molte difficoltà, tra tutte, quella che gli stagisti stranieri portano l’esperienza appresa ed accumulata durante il soggiorno, direttamente nel loro Paese, contribuendo a far viaggiare il prestigio della cucina che hanno imparato.

Come valuta la preparazione delle scuole italiane a livello culinario?

Purtroppo, rispondendo con la massima sincerità, devo affermare che, in questo senso, la situazione Italiana è disastrosa. Basta guardare i dati, soltanto l’1% dei diplomati nelle apposite scuole lavora effettivamente nell’ambito per cui si è preparato.

La scuola alberghiera italiana è in un momento molto critico per l’assenza di programmi, di soldi da poter investire per le attrezzature, che sono indispensabili per l’esperienza diretta del lavoro. Il nostro è un mestiere che va insegnato tramite il lavoro reale, l’esperienza diretta e purtroppo tutto ciò non avviene, i ragazzi non imparano la professione ed escono con una preparazione inadeguata.

Ci sono poi un’infinità di scuole alternative che stanno pullulando, i classici ‘master’, in molti casi sommari ed inutili. Spesso sono corsi per persone che hanno qualche soldo da investire, provenienti da mondi completamente differenti da quello culinario e che si gettano in quest’esperienza. Ma, come ho già detto, chef si diventa grazie ad un lungo percorso di preparazione e sacrificio, senza le basi, non possono esistere le altezze.

Che cosa ne pensa dell’innovazione in cucina?

Si tratta di un argomento molto delicato e per nulla banale. Non posso dire di essere contro all’innovazione in cucina, perché ci sono strumenti che migliorano e rendono più efficace il nostro lavoro, ma non dobbiamo mai scordare la tradizione. Mi spiego meglio con un esempio: ben vengano le cotture a bassa temperatura, ma non dobbiamo abusarne ed usarle per tutti i nostri piatti, possiamo utilizzarle per alcune specialità, ma non sempre e comunque. Dobbiamo conoscere le basi della tradizione e saper cucinare anche senza strumenti tecnologici, solo in questo modo riusciremo a sfruttare al meglio i vantaggi dell’innovazione. Serve un giusto equilibrio tra le nuove tecniche ed i metodi di un tempo, il famoso ‘occhio’, la famosa ‘mano’, sono termini che non dobbiamo perdere perché fanno parte del bagaglio di esperienze di un vero cuoco professionista.

Si definisce e si inquadra più come uno chef o un imprenditore? 

Altra domanda molto complicata (lo chef sorride).

Diciamo che posso definirmi in percentuali più o meno distribuite.

Diciamo al 30% posso definirmi ‘imprenditore’, visto che non posso esimermi dai miei compiti da scrivania, con 7 ristoranti di proprietà ed un buon fatturato da gestire, non posso trascurare il lato ‘affaristico’ del mio lavoro.

Però al 70% mi sento chef, con la solita smisurata passione per il mio lavoro, che certo, nel tempo è cambiato, non posso dedicarmi più all’intera preparazione del servizio, ma il mio mestiere resta quello di ‘cucinare’, e continuerò a farlo per sempre. La gente che viene nei miei ristoranti lo fa per mangiar bene, ma anche per vedermi all’opera: questo è il mio compito, questa è la mia missione, questa è la mia passione.

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Mariuccia Rossini: le donne manager in Italia https://www.business.it/mariuccia-rossini-le-donne-manager-in-italia/ Tue, 18 Jul 2017 08:02:54 +0000 https://www.business.it/?p=10972 Sono stati assegnati, lo scorso 29 giugno, durante la serata di gala a Palazzo Mezzanotte, i Lefonti Awards®, uno dei principali riconoscimenti mondiali per l’innovazione e la leadership assegnato da Le Fonti®, media company e centro di ricerca leader indipendente nel business internazionale, la finanza, la tecnologia ed i mercati globali. Alla manager di origini… Leggi tutto »Mariuccia Rossini: le donne manager in Italia

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Sono stati assegnati, lo scorso 29 giugno, durante la serata di gala a Palazzo Mezzanotte, i Lefonti Awards®, uno dei principali riconoscimenti mondiali per l’innovazione e la leadership assegnato da Le Fonti®, media company e centro di ricerca leader indipendente nel business internazionale, la finanza, la tecnologia ed i mercati globali.

Alla manager di origini bresciane Mariuccia Rossini, Presidente e Amministratore Delegato del Gruppo Korian in Italia, è stato consegnato il prestigioso tributo Eccellenze dell’Anno nelle categorie Leadership e Servizi Socio Sanitari, a titolo di riconoscimento del ruolo di primo piano dell’Azienda nell’offerta di servizi di cura e assistenza per l’invecchiamento di qualità. Fra i criteri per l’assegnazione del premio i risultati di business, la leadership di settore, lo sviluppo strategico, l’internazionalizzazione, l’alta qualità del servizio, la sostenibilità, l’innovazione di settore e la formazione.
La manager si è gentilmente prestata per una bella intervista ai microfoni di business.it, in cui affronta il delicato tema dell’imprenditoria femminile in Italia e non solo.

È veramente così difficile fare Business in Italia? E fare Business in Italia per una donna?

Essere imprenditore nel nostro Paese non è una “mission impossible”, ma bisogna essere ben consapevoli dei vincoli legislativi e tributari in essere in Italia e valutare in modo realistico se l’equilibrio dei contrappesi fra costi e benefici è davvero a nostro favore. Penso però che alzarsi al mattino guidati dalla passione per il proprio progetto imprenditoriale non abbia prezzo, non fa differenza se si tratta di imprenditoria al maschile o al femminile. Io sono partita contando solo sulle mie forze e sulle mie competenze e oggi, a distanza di diversi anni, non mi sento mai davvero “arrivata” perché penso sempre che il traguardo più importante sia ancora quello che devo raggiungere.

La vocazione che mi ha ispirato in questi anni è sempre stata prendermi cura dei senior in modo completo e personalizzato, facendo dell’ascolto di ogni singola esigenze il vero punto di partenza di ogni percorso di assistenza. Oggi la soddisfazione dei nostri ospiti e delle loro famiglie mi ripaga di tutti gli sforzi compiuti e conferma il ruolo chiave del nostro staff di oltre 6.000 professionisti presenti nelle 54 strutture del nostro Gruppo in tutt’Italia.

Ha riscontrato degli ostacoli effettivi e lampanti posti di fronte alla carriera di un’imprenditrice donna rispetto a quella di un uomo? 

Raramente mi sono imbattuta in barriere di genere durante la mia carriera. Tuttavia, per far fronte alle sfide professionali e manageriali, bisogna valorizzare la determinazione e la capacità decisionale, ma anche l’impegno nella formazione continua, con uno sguardo sempre più attento ai mercati esteri e ai trend emergenti nel nostro settore.

Come si concilia il Business con la vita che, tradizionalmente, ci prefiguriamo per quanto riguarda una donna? (tempo libero, famiglia, incombenze domestiche) 

Pianifico con attenzione il mio tempo. La mia giornata inizia molto presto ed ho un’agenda sempre fitta di impegni. Ma col passare del tempo mio marito, altrettanto impegnato, ed io abbiamo imparato a gestire questi ritmi serenamente, privilegiando la qualità del “poco” tempo trascorso insieme: probabilmente il segreto delle lunghe unioni è vedersi poco…

Secondo lei, è difficile per un uomo stare accanto ad una donna di successo?

Non ne farei una questione di genere, ma di reciproca comprensione e apprezzamento. Sia io che mio marito siamo entrambi molto impegnati e ci garantiamo reciproco supporto, condividendo i risultati di ogni giorno e le sfide che il nostro lavoro ci impone. Anche e soprattutto nella vita di coppia, vale la constatazione che ogni successo nasce dal lavoro di squadra.

Ed i giovani? Sono così chiusi ed impossibilitati ad emergere in Italia, come molti dicono, oppure ci sono dei margini di manovra?

Ho grande fiducia nei giovani perché sono la linfa viva della nostra società. Con il loro talento e la loro voglia di fare sono il vero motore del Made in Italy e sono certa che ci siano ampi margini di manovra per arginare la cosiddetta fuga dei nostri migliori cervelli all’estero. Le misure a supporto degli under 30 per la formazione e l’inserimento professionale sono quelle che fanno la differenza e oggi vanno declinate sempre più in un’ottica internazionale, a partire dalle opportunità promosse dall’Italia in collaborazione con la Comunità Europea. Anche Gruppo Korian è da sempre attento alla valorizzazione dei giovani talenti: nel 2017 abbiamo inserito in azienda oltre 30 figure in stage e più di 55 giovani sono stati riconfermati nei loro ruoli, passando ad un contratto di assunzione.

Si parla molto di intelligenza artificiale, come pensa che potrà integrarsi con il suo lavoro e quali conseguenze porterà?

Il cambiamento tecnologico sta già ridefinendo i confini del nostro settore, basti solo pensare che in Giappone per prestare assistenza agli over 65 si utilizzano già dei robot. Nel nostro caso, senza arrivare a questo, ci saranno dei modelli di assistenza completamente diversi che si serviranno dell’aiuto della tecnologia come le diagnosi che saranno sempre più confrontate in real-time con dati internazionali. Oggi, ad esempio, su territorio nazionale il nostro Gruppo offre 111 appartamenti protetti per anziani, molti dei quali cablati e tecnologicamente avanzati per fare in modo che i Senior possano essere assistiti senza dover rinunciare alla propria individualità e alla propria privacy.

In che modo l’utilizzo delle piattaforme tecnologiche ha rivoluzionato la gestione delle informazioni e delle cartelle cliniche dei vostri ospiti?

Gruppo Korian si avvale di una piattaforma all’avanguardia per la gestione delle cartelle cliniche digitali degli ospiti presenti nelle sue strutture. Una piattaforma integrata, concepita per affiancare e supportare le nostre strutture nell’erogazione dei servizi al paziente con una gestione ottimizzata dei diversi processi aziendali dal punto di vista clinico, amministrativo e organizzativo.

Ma non solo: i supporti tecnologici di nuova generazione hanno migliorato anche la qualità di vita dei nostri ospiti, che ne stanno sperimentando i vantaggi nei loro momenti di quotidianità. Ad esempio, nelle nostre residenze è possibile visualizzare il menù del giorno del ristorante direttamente da tablet, ricevendo in anteprima l’immagine di ogni piatto e scegliendo in base alle proprie preferenze cosa si desidera gustare.

Quale evoluzione intravede nella formula residenziale per i senior?

La formula ideale per la longevità a prova di benessere sta nella combinazione perfetta fra assistenza medico infermieristica e tutela della privacy. Ecco perché la nostra azienda è stata la prima a inaugurare alla Residenza Vittoria di Brescia i primi appartamenti per over 65 completi di servizi esclusivi per dare vita ad una formula abitativa assolutamente unica per i senior.

Sicurezza e supporto medico infermieristico in un contesto abitativo protetto, con tutti i confort di un residence multi-servizio e la privacy di un’abitazione privata: sono questi i fattori vincenti della Residenza Vittoria, che con i suoi 33 appartamenti per anziani e la disponibilità di 116 posti letto, rappresenta una delle strutture di eccellenza del Gruppo Korian in Italia.

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