Stando a quanto si legge sul contratto di governo, non è facile trovare una soluzione al problema della riduzione degli stipendi dei parlamentari, uno dei cavalli di battaglia del Movimento Cinque Stelle che però alla Lega non piace affatto. E che non trova riscontro nel patto tra i due partiti, salvo volerlo ricollocare sotto la voce “tagli agli sprechi e ai privilegi”. Matteo Salvini considera il provvedimento non prioritario, alcuni esponenti del Carroccio sono contrari.
Claudio Borghi, presidente della Commissione Bilancio della Camera, in un’intervista alla Repubblica ha frenato l’ottimismo degli alleati pentastellati. “Semplicemente non è nel contratto … sul punto non c’era accordo e si decise di accantonarlo”. Non è dello stesso avviso Francesco D’Uva, capogruppo del M5S alla Camera, intervenuto ai microfoni di Radio Cusano Campus per dire che “nel contratto di governo c’è il taglio ai privilegi e agli sprechi, secondo noi il taglio dello stipendio dei parlamentari rientra in questa voce”.
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Allo stesso modo Lorenzo Fioramonti, vice ministro dell’Istruzione, dice al Corriere che il taglio degli stipendi degli eletti in Parlamento “è uno dei capisaldi del Movimento da sempre” ed è giusto lavorare per ridurli con o senza il placet della Lega. Tutte versioni che a Borghi e molti altri leghisti non piacciono: “I
l nostro stipendio può sembrare stellare: per un disoccupato è tantissimo, mi rendo conto. Ma le Camere scrivono le leggi, decidono il destino del Paese: se noi vogliamo le eccellenze dobbiamo pagarle”.
“E poi c’è un’altra questione. Bisognerebbe candidare cittadini non affamati perché più si ha fame più si rischia di restare vittima di offerte improprie: pre o post ruolo che si ricopre. Quel che interessa alla gente è avere parlamentari che lavorano nel loro interesse, non quanto guadagnano”.
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