L’Arabia Saudita ha annunciato un taglio di un milione di barili nella sua produzione di petrolio. A questa decisione si aggiunge un ulteriore taglio di trecentomila barili da parte della Russia. Queste nazioni, che rappresentano gli azionisti di maggioranza dell’Opec+, hanno optato per questa scelta con l’intenzione di prolungare tali restrizioni fino alla fine dell’anno corrente.
Questo calo nell’offerta ha un obiettivo chiaro: aumentare i prezzi del petrolio sul mercato globale. Difatti, poco dopo l’annuncio ufficiale, i prezzi sono effettivamente saliti. Gli investitori internazionali, reagendo prontamente all’annuncio, hanno iniziato a comprare opzioni sul petrolio, spingendo il prezzo del Brent oltre i 90 dollari, un livello che non si vedeva dal 2014 e raggiunto per la prima volta in questo 2023. Anche il Wti ha seguito questa tendenza, tornando a cifre superiori agli 87 dollari.
Questo scenario rappresenta una svolta significativa. Nonostante le richieste da parte delle nazioni occidentali, in particolare dagli Stati Uniti, l’Opec+ persiste nella sua strategia di massimizzare i profitti dal petrolio. Per la Russia, tale mossa rappresenta anche un supporto per coprire le spese belliche.
I consumatori, purtroppo, sentiranno presto gli effetti di questa decisione, in particolar modo in un periodo in cui i prezzi della benzina e del gasolio stanno già toccando picchi record. Questo trend è un ulteriore ostacolo per i governi occidentali e le banche centrali, che stanno già affrontando problemi di inflazione crescente, aggravati dalla crisi energetica scatenata dal conflitto in Ucraina.
In Italia, la situazione si complica ulteriormente per il governo Meloni, attualmente alle prese con la stesura della prossima legge di Bilancio. Considerando anche l’aumento del prezzo del gas, la ricerca di risorse per nuove misure di sostegno, come un decreto Bollette o un possibile bonus benzina, appare ora più complessa che mai.