All’indomani del vertice italo-francese tra Telecom Italia e Orange, sono ancora tanti i dubbi e le polemiche. Quella tra Telecom e Orange, infatti, non si tratterebbe di una fusione, ma di una vera e propria acquisizione. Una notizia che, a dire il vero, non sorprende i piccoli azionisti. In una lettera inviata al presidente del consiglio Matteo Renzi, al ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan e a numerosi esponenti delle competenti commissioni parlamentari, l’Asati, l’associazione degli azionisti di Telecom Italia, ha espresso le sue perplessità per un’operazione finanziaria ad alto rischio.
‹‹Questa notizia – si legge nella lettera dell’associazione – non ha sorpreso noi piccoli azionisti: avevamo in passato manifestato un certo stupore per l’ingresso di Vivendi nell’azionariato di Telecom dopo che la società francese aveva dismesso tutte le partecipazioni in aziende per il servizio telefonico. Abbiamo assistito in questi ultimi mesi a un aumento progressivo della partecipazione di Vivendi nell’azionariato di Telecom Italia – oggi portato al 23,8%: un livello prossimo alla soglia dell’OPA. Ci aveva stupito invece l’opposizione della società francese alla conversione delle azioni di risparmio che avrebbero permesso a Telecom di disporre di un capitale idoneo ai corposi investimenti nella nuova rete che necessariamente dovrà attuare la nostra società per fare evolvere la rete in modo da garantirne la competitività sul mercato››.
La manovra ha avuto il parere favorevole del premier Matteo Renzi che ha invocando ‹‹la libertà di un imprenditore di investire ›› e le regole del libero mercato. La Asati ha il sospetto che gli interessi di Telecom fossero già stati concordati a più alto livello, con una più amplia strategia francese per avere il controllo del sistema delle telecomunicazioni italiane.
Quali sarebbero le ricadute per l’Italia?
In primo luogo, la Asati ritiene che non si può parlare di fusione perché la capitalizzazione di Orange è doppia di quella di Telecom. L’azienda italiana, dunque, si troverebbe in una posizione sfavorevole e di sudditanza rispetto a quella francese.
Qual è poi il vantaggio per lo Stato – che detiene il 24% delle azioni di Telecom – in una operazione di questo tipo? Sempre secondo Asati, questa manovra significherebbe una pericolo per l’operatore italiano che, di fatto, cadrebbe sotto la responsabilità della Francia. Il nuovo piano industriale di Telecom, d’altronde, è molto aggressivo e i piccoli azionisti non vedono nessun apporto possibile da parte di Orange.
Sicurezza nazionale e banda larga
Infine, vi sono altri due problemi fondamentale. In tempi di terrorismo, lasciare la più importante società di TLC in mano straniere sarebbe quanto meno azzardato e potrebbe mettere a rischio il controllo della sicurezza nazionale. ‹‹Da ultimo – conclude la lettera di Asati al presidente del Consiglio – andrebbe anche valutato l’influenza che la cessione della società a un azionista con partecipazione dello Stato avrebbe su un aspetto di grande importanza per il nostro Paese: la sicurezza delle informazioni che viaggiano sulla rete sia quelle nazionali e quelle internazionali tramite Sparkle, e la Francia e anche l’Italia sanno bene in questo periodo cosa significa la sicurezza di informazioni sensibili per un Paese››.
Inoltre, lo Stato italiano dovrebbe modificare il piano per la diffusione della banda larga sul nostro territorio e analizzare gli effetti che si avrebbero a livello occupazionali per la società.