L’esplosione avvenuta il 18 novembre a Ercolano, in una fabbrica clandestina di fuochi d’artificio, è una tragedia che rivela un dramma sociale e un sistema di illegalità diffusa. Tre giovani vite sono state spezzate: Samuel Tafciu, appena 18 anni, e le sorelle gemelle Sara e Aurora Esposito, di 26 anni. I tre erano al primo giorno di lavoro in un luogo privo di ogni misura di sicurezza, in un’attività fantasma completamente abusiva.L’edificio, formalmente intestato a una ragazzina di 13 anni, era in realtà sotto il controllo del padre della minore, un uomo di 38 anni, ora denunciato per omicidio colposo plurimo aggravato, disastro colposo e detenzione illecita di materiale esplosivo. L’attività illegale, nascosta tra le abitazioni di contrada Patacca, produceva pericolosi petardi tipo “Kobra” senza alcuna autorizzazione.
Il sindaco di Ercolano, Ciro Buonajuto, ha descritto l’uomo come un imprenditore privo di scrupoli, disposto a mettere a rischio la vita di giovani in cerca di lavoro, spesso costretti ad accettare condizioni disumane per necessità economiche. La vicenda sottolinea la vulnerabilità di chi, spinto dal bisogno, è costretto a lavorare in nero anche in condizioni estreme. I tre giovani si trovavano nella fabbrica il giorno dell’esplosione, senza alcuna tutela. La potenza della deflagrazione ha scaraventato il corpo del 18enne a venti metri di distanza, mentre i cadaveri delle due sorelle sono stati recuperati solo il mattino seguente.
Il sindaco ha espresso il proprio dolore, sottolineando come l’omertà e la mancanza di segnalazioni abbiano contribuito alla tragedia: “Denunciare anche le piccole irregolarità significa salvare vite umane. Questo imprenditore sfruttava la disperazione dei giovani, mettendoli a lavorare in un vero e proprio inferno.”
I vigili urbani di Ercolano avevano tentato di ispezionare l’immobile per irregolarità urbanistiche, ma il proprietario aveva impedito l’accesso, costringendoli a richiedere un decreto di ispezione mai emesso dal Tribunale. “Se fossimo riusciti a intervenire prima, avremmo potuto evitare questa tragedia,” ha dichiarato Buonajuto, evidenziando la necessità di maggiore prontezza e fermezza nei controlli. L’esplosione ha lasciato un’intera area disseminata di polvere pirica e botti inesplosi, costringendo i soccorritori a sospendere temporaneamente le operazioni per motivi di sicurezza. Sono state evacuate dieci famiglie che vivevano nei pressi della fabbrica e un asilo nelle vicinanze è rimasto chiuso.
La Procura di Napoli ha aperto un’inchiesta per omicidio colposo plurimo e disastro colposo. Gli inquirenti stanno cercando di ricostruire la catena di responsabilità, con il 38enne reale proprietario dell’immobile tra i principali indagati. Questa tragedia mette in luce l’urgenza di combattere il lavoro sommerso e di garantire condizioni di sicurezza per tutti i lavoratori, in particolare i giovani. “Non si può morire di lavoro” ha dichiarato il sindaco.
Un evento che dovrebbe scuotere le coscienze e spingere a denunciare ogni forma di illegalità, perché solo così si può evitare che altre vite vengano spezzate per colpa dell’avidità e dell’irresponsabilità.