Elisabetta Trenta non ci sta. Travolta dalle polemiche per quell’appartamento di Roma che le era stato assegnato quando ricopriva il ruolo di ministro e nel quale, come emerso in queste ore, sarebbe rimasta facendolo assegnare al marito. Un caso che ha agitato non poco il mondo dei Cinque Stelle, da sempre in prima linea contro i privilegi della casta politica. La diretta interessata, però, è andata al contrattacco attraverso le pagine del Corriere della Sera: “Sono molto arrabbiata. Questa storia mi porterà dei danni. È evidente che ormai sono sotto attacco. Devo chiarire, è tutto regolare”.
Di tornare indietro, la Trenta non vuole sentirne: “Ormai la casa è stata assegnata a mio marito e in maniera regolare. Per quale motivo dovrebbe lasciarla? Non ho chiesto subito l’alloggio pur avendone diritto, ma soltanto nell’aprile scorso. Ho resistito il più possibile nel mio. Un ministro durante la sua attività ha necessità di parlare con le persone in maniera riservata e dunque ha bisogno di un posto sicuro. Nella mia casa al Pigneto di Roma non potevo rimanere, c’
erano problemi di controllo e di sicurezza. In quella zona si spaccia droga e la strada non ha vie d’uscita. E poi io avevo bisogno di un posto dove incontrare le persone, di un alloggio grande. Era necessaria riservatezza”.E dopo la fine del governo gialloverde, con la mancata riconferma nel ruolo di ministro? “Ho l’atto di cessazione dell’esercito a me e ho tre mesi per andare via. Intanto mio marito ha fatto richiesta perché è aiutante di campo di un generale e per il suo ruolo può avere quell’appartamento. Abbiamo deciso di farlo solo adesso perché quando sono diventata ministra, mio marito è stato demansionato. Ora ha di nuovo i requisiti. E comunque noi prima facevamo una vita completamente diversa. Dopo la vita del marito ha seguito quella della moglie. Se vivevamo in due uno sull’altro poteva andare bene, poi le condizioni sono cambiate”.
La Trenta ha una casa di proprietà e per questo era accusata di non poter usufruire dell’alloggio. “In realtà mio marito ha la residenza nella sua città dove ha una casa, ma ha diritto ad avere l’alloggio dove lavora. Invece l’appartamento di Roma al quartiere Pigneto è intestato soltanto a me. Finora è rimasto vuoto, non l’ho affittato. Continuo a pagare il mutuo e sono nella legalità e per questo non capisco gli attacchi. Crede davvero che se non fosse stato tutto in regola lo Stato maggiore avrebbe dato il via libera?”.
La Trenta aveva assicurato, al momento della nomina, che il marito sarebbe stato trasferito ad altro incarico: “L’avevo spostato e adesso è tornato a fare quello che faceva. Non è giusto che lui paghi le conseguenze del mio incarico. Posso assicurare che da questa mia nomina è stato solo svantaggiato: è andato in un altro ufficio per motivi di opportunità perché ero convinta fosse giusto. Quando ho cessato l’incarico è stato reintegrato. Le proteste dei Cinque Stelle? Non credo proprio che si tratti di un privilegio perché io l’appartamento lo pago e lo pago pure abbastanza”.
M5S, scoppia il caso Trenta: “Si è tenuta la casa di quando era ministra”