La latitanza di Matteo Messina Denaro è finita dopo 30 anni. A mettergli le manette ai polsi sono stati gli agenti del Ros dei carabinieri che lo hanno seguito, accerchiato e poi arrestato mentre attendeva il suo turno per la chemioterapia nella clinica La Maddalena di Palermo. Tutto è avvenuto in pochi minuti intorno alle 8 del mattino di lunedì 16 gennaio, quando gli uomini coordinati dal colonnello Lucio Arcidiacono arrestano l’uomo che si presentava sotto la falsa identità di Andrea Bonafede, geometra di Campobello di Mazara e nipote di un vecchio mafioso deceduto. Ed è proprio nel piccolo paese in provincia di Trapani, a due passi da casa sua, che si nascondeva il boss corleonese.
Campobello di Mazara si trova ad un tiro di schioppo da Mazara del Vallo, paese natale di Matteo Messina Denaro. Come tutti i grandi boss prima di lui, dunque, non si era allontanato dalla sua terra per poter gestire in maniera più diretta i propri affari e quelli di Cosa Nostra. A mettergli a disposizione un appartamento è stato il suo favoreggiatore Giovanni Luppino, arrestato ieri insieme al boss. Stavolta, a differenza del covo di Totò Riina, i carabinieri lo hanno individuato dopo meno di 24 ore.
Ora tutto il fabbricato dove si trova il covo di Matteo Messina Denaro viene scandagliato palmo a palmo. La perquisizione è coordinata dal procuratore aggiunto Paolo Guido. Non è ancora noto se i carabinieri abbiano rinvenuto materiale interessante per le indagini, oppure se l’appartamento sia già stato ‘ripulito’ da una squadra di mafiosi, come accadde nel caso di Riina. Difficile però che possano essere rinvenuti documenti scottanti, come ad esempio la famigerata agenda rossa, sottratta al magistrato Paolo Borsellino subito dopo l’attentato di via D’Amelio a Palermo.
A far riflettere però, ancora una volta, è il fatto che il capo riconosciuto di Cosa Nostra, ricercato da tutte le forze dell’ordine da esattamente 30 anni, non si fosse di fatto mosso da casa sua. Come è possibile che Matteo Messina Denaro, i cui connotati non sono tanto diversi da come erano stati ricostruiti dagli inquirenti, non sia mai stato riconosciuto da nessuno mentre girava indisturbato a Palermo e nella provincia di Trapani? Una storia già vista in passato. Prima di lui, infatti, anche Bernardo Provenzano e Totò Riina avevano potuto godere per decenni di protezioni ad alto livello, altrimenti non si spiegherebbero periodi di latitanza così lunghi.
Potrebbe interessarti anche: Matteo Messina Denaro: la dedica ‘speciale’ dei Ros al boss