La Turchia si appresta a subire un’altra fase di incertezza “grazie” a una iniziativa al quanto “singolare” di Erdogan: trenta giorni per convertire in lire tutti i contratti economici stipulati in valuta estera in Turchia. Con un decreto pubblicato nella notte sulla Gazzetta ufficiale, firmato dal presidente Recep Tayyip Erdogan, il Governo di Ankara adotta una misura draconiana per sostenere la moneta locale (che ha perso il 40% sul dollaro da inizio anno) e scoraggiare l’uso di dollari e euro. Cosa potrebbe generare tutto questo? Il provvedimento rischia di gettare nel caos imprese e utenti e ha immediatamente suscitato le perplessità degli operatori. Adattarsi sarà difficile anche e soprattutto per le imprese straniere presenti in Turchia.
Da oggi, tutti i nuovi contratti di acquisto, vendita e locazione di beni mobili, immobili e di servizi tra soggetti operanti in Turchia dovranno essere stipulati esclusivamente in moneta locale. “Tutti gli affari fatti in Turchia devono essere discussi, denominati e condotti in lire”, ha spiegato Erdogan. Per i contratti già in essere, ci saranno 30 giorni di tempo per la conversione in lire, anche se sono previste alcune eccezioni. Toccherà alle parti stabilire i tassi di cambio. Vietati anche i contratti indicizzati a valute estere. Si salvano le operazioni di import ed export, per le quali si potrà continuare a usare valuta estera.
Non mancheranno le difficoltà. Tanto per cominciare per lo stesso Governo: molti dei più cospicui contratti pubblici, compresi gli appalti per la costruzione e gestione delle autostrade, sono in dollari o in euro. I turchi, poi, detengono almeno metà dei propri depositi bancari in valuta estera, proprio per mettere i risparmi al riparo dall’inflazione (ormai al 18%). E nel Paese usare dollari o euro per i contratti più disparati, dal leasing di vetture, all’affitto di locali commerciali, ai servizi alle imprese, è molto frequente.
“Circa il 70% dei contratti di affitto nei centri commerciali sono in valuta estera. C’è grande incertezza e grande attesa per l’applicazione di questo provvedimento”, afferma Hulusi Belgu, presidente del consiglio dei centri commerciali. Per Belgu, questa mossa potrebbe spaventare gli investitori stranieri.
Cem Baslevent, docente di economia alla Bilgi University di Istanbul, mette in luce un altro potenziale elemento di incertezza: “Il Governo non ha specificato quale cambio debba essere preso come riferimento per la conversione dei contratti, un fattore che potrebbe alimentare controversie tra i contraenti”. Decisioni così “affrettate”, aggiunge, “non avranno un impatto positivo sulla percezione della Turchia all’estero”.
Il sostanziale bando delle valute estere dalla vita economica del Paese è solo l’ultima di una serie di mosse varate per frenare il crollo della lira turca (paletti agli swap valutari, la richiesta agli esportatori turchi di convertire i ricavi in valuta estera, abbassamento delle soglie di indebitamento nel commercio). Misure non convenzionali, che hanno frenato il crollo della moneta, ma non hanno potuto evitare il forte rialzo dei tassi deciso oggi dalla Banca centrale.