Il governo del pugno duro, delle espulsioni, dei porti chiusi. Che il tema della sicurezza sia particolarmente caro a Salvini non è certo notizia di oggi, vista la martellante campagna elettorale (mai terminata, anche dopo la nascita del governo gialloverde) con la quale il vicepremier tenta di farsi largo verso la pancia degli italiani, accumulando sempre più consenso. Un argomento tornato di stretta attualità nelle ultime ore, con due casi provenienti da Torino (due poliziotti aggrediti da un irregolare) e Roma (un georgiano accoltellato da un marocchino alla stazione Termini) che hanno sollevato l’inevitabile domanda: ma la cura delle Lega sta facendo davvero bene all’Italia? Calcolatrice alla mano, la risposta non può che essere no.
A rivelarlo sono i numeri: il
Corriere della Sera, che cita i dati ufficiali del Viminale, parla infatti di 4.806 rimpatri in nove mesi di governo (giugno 2018-febbraio 2019), addirittura in calo del 6 per cento rispetto al governo Renzi, quando erano stati 5.132 (tra giugno 2017 e febbraio 2018). Non a caso Marco Minniti, il ministro dell’Interno precedente, si era subito affrettato a far presente al vicepremier il trend in netto peggioramento.
Per quanto riguarda la diminuzione degli arrivi (Salvini dice che nel 2018 sono sbarcati sulle coste italiane 23.370 migranti, contro i 119.369 del 2017), si tratta sì di dati veritieri, ma che vanno interpretati. Il calo era infatti iniziato nel luglio 2017, con l’arrivo dei cosiddetti “decreti Minniti” e l’accordo con alcune milizie libiche. Da 532 sbarchi al giorno (luglio 2016-luglio 2017) si era così passati a 117 (luglio 2017-maggio 2018). Una netta diminuzione proseguita poi anche con l’avvento del governo gialloverde, ma in tono minore (43 sbarchi al giorno in media tra il giugno 2018 e il gennaio 2019). Il processo, insomma, si era già innescato in precedenza, e anzi con Salvini è stato meno dirompente.
Salvini nelle scorse ore si era presentato in Parlamento sottolineando un’altra cifra, quei 1.267 stranieri che dal primo gennaio hanno lasciato volontariamente l’Italia grazie ai Fondi per Asilo, Migrazione e Integrazione. Anche qui, però, c’è poco da sorridere. Confrontando i risultati ottenuti grazie al progetto, finanziato anche dall’Europa, con quelli degli altri Paesi, ecco la più classica delle vittorie di Pirro: la Germania, per dire, nel 2018 ha rimpatriato volontariamente quasi 30mila persone.
Da dove nasce il flop salviniano, incapace di mantenere fede ai tanti proclami? L’uomo delle divise e delle armi in mano, che cerca di rassicurare gli italiani sui social, in realtà è l’artefice principale del suo stesso fallimento. Gli effetti del decreto sicurezza, che ha abolito la protezione umanitaria, suonano come un autogol bello e buono: i dati elaborati dall
‘Ispi (Istituto per gli studi di politica internazionale) dicono che tra giugno 2018 e febbraio 2019 circa 50mila persone si sono viste respingere la richiesta d’asilo. Meno di 5.000 di questi sono stati effettivamente rimpatriati, lasciando di fatto nel nostro paese 45 mila nuovi irregolari, che si sono andati ad aggiungere a quelli già presenti.
Non solo. Uno dei mezzi per allontanare gli irregolari dall’Italia, qualora non si sia riusciti attraverso il ritorno volontario o il rimpatrio con mezzi propri, è quello del rimpatrio coatto. Che costa, mediamente 8 mila euro a persona. E necessita accordi con i Paesi di origini. A oggi, il nostro Paese li ha sottoscritti soltanto Nigeria, Tunisia e Marocco. Un’eredità che Salvini si è trovato già, senza riuscire a migliorare la situazione (anzi peggiorandola, come evidenziato dal raffronto con l’esecutivo precedente).
“Faremo accordi di espulsione e di rimpatrio volontario assistito con tutti i Paesi di provenienza di ragazze e ragazzi immigrati irregolari: Senegal, Pakistan, Bangladesh, Eritrea, Mali, Gambia, Costa d’Avorio, Sudan, Niger” annunciava lo scorso autunno il vicepremier. Parole rimaste dati. Altre promesse che a oggi il Capitano non è stato in grado di mantenere.
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