Tempi duri, durissimi questi per il presidente americano Joe Biden. Costretto dalla crisi afghana a fare i conti con un crollo di popolarità senza precedenti, sotto attacco anche da parte della stampa amica. Il New York Times, per esempio, non ha esitato a definirlo “un bugiardo”, accusandolo di aver mentito quando escludeva possibili tracolli in Medio Oriente. Già allora, secondo la testata progressista, l’inquilino della Casa Bianca sapeva della figuraccia ormai dietro l’angolo. E avrebbe dovuto tenerne conto, quantomeno per pianificare l’evacuazione.
Le critiche a Biden, che ha spiegato le sue ragioni in un discorso pubblico, arrivano ormai da tutte le parti. I repubblicani parlano di una “catastrofe” commentando il precipitoso ritiro delle truppe Usa, con Donald Trump tornato clamorosamente alla carica per puntare il dito contro il suo successore. Con la destra che ora si dice preoccupata anche della possibile ondata di profughi in arrivo sul territorio americano.
Tra le poche voci amiche arrivate in soccorso di Biden, quella dell’esperto di geopolitica Fareed Zakaria, che alle pagine del Washington Post ha difeso il presidente Usa sostenendo che non sarebbe stato possibile mantenere la pace nel Paese a tempo indeterminato, e impiegando poche migliaia di uomini. L’apparente tregua sarebbe stata “soltanto una breve pacificazione offerta dai talebani in cambio di un rapido ritiro”. Con il livello di sostegno della popolazione verso le truppe americane che, nel frattempo, continuava a scendere.
Un altro aiuto è arrivato a Biden dalla pubblicazione delle conclusioni ufficiali di un’indagine commissionata da tempo, quella dello Special Inspector General for The Afghanistan Recostruction. Uno studio che dipinge 13 anni a tinte fosche, con gli americani che avrebbero sistematicamente sottovalutato le difficoltà del conflitto, e conferma come la guerra in realtà sarebbe già perduta da tempo.
Ti potrebbe interessare anche: Musica alta a tarda notte, ex assessore scende distrugge lo stereo: “Questa non è una discoteca”