L’Unione europea non si fida del governo Meloni. I timori di Bruxelles sono legati alle riforme che potrebbero essere a rischio nel nostro Paese e al fatto che, quindi, i fondi del Pnrr potrebbero essere bloccati. Secondo la Commissione europea guidata da Ursula von der Leyen, la legge di bilancio varata dal premier Giorgia Meloni e dal suo governo è “solo parzialmente in linea con gli obiettivi”. A spiegare il quadro di una situazione che si presenta molto complicata è Federico Fubini sul Corriere della Sera.
Fubini racconta che quando la Meloni si è recata a Bruxelles per il suo primo viaggio ufficiale ha suscitato una “impressione favorevole” nei vertici dell’Ue. A colpire è stata soprattutto la sua promessa che il governo fosse disposto a varare un decreto apposito per la gestione del Piano di ripresa e resilienza. A quasi un mese da quella promessa però niente si è mosso. L’Europa teme anche che il ministro per gli Affari europei Raffaele Fitto, al quale fa capo la capo la gestione dei 200 miliardi del Pnrr, non abbia dietro le spalle la struttura ministeriale adatta per svolgere questo compito.
Ma affinché la Commissione europea decida di sbloccare i fondi del Pnrr c’è bisogno delle tanto invocate riforme. La discussione si scalda tra il governo e i sindaci sulla bozza di decreto attuativo della Legge di concorrenza, lasciato dal governo di Mario Draghi che, se attuato, permetterà di chiedere a Bruxelles un pacchetto di 21 miliardi. Ma, ora che Draghi non è più a Palazzo Chigi, Comuni e Regioni hanno alzato le loro pretese, non riuscendo a trovare un accordo con il governo Meloni.
Tutti segnali negativi che non sfuggono a Bruxelles, sostiene Fubini secondo il quale la Commissione europea non ha gradito per niente, parole testuali, “che la legge di Bilancio, con la soglia a 60 euro per i pagamenti con carta e l’aumento del limite del contante a 5.000, disfi due delle quattro misure anti evasione che erano state un obiettivo necessario per l’esborso della tranche da 29 miliardi l’estate scorsa”. Di fronte a queste contestazioni, però, il governo Meloni si sarebbe detto disponibile a modificare le norme sui pagamenti digitali. Fatto sta che l’Ue non si fida affatto delle giustificazioni italiane.
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