I retroscena raccontano di un Draghi fortemente irritato, costretto a lasciare in anticipo il Consiglio europeo a cui sta partecipando a Bruxelles. Il motivo, naturalmente, sono i quattro emendamenti al decreto Milleproroghe, approvati la notte scorsa nonostante il parere contrario del governo. Draghi avrebbe minacciato i partiti che lo sostengono di voler staccare la spina se non gli garantiranno i voti in Parlamento. Alla ferma reazione dei capidelegazione, il premier avrebbe evocato le elezioni anticipate.
“Non siamo qui per scaldare la sedia e neanche per perdere tempo. – mette subito le cose in chiaro Draghi – Se ai partiti e al Parlamento non va bene questo governo, trovatevene un altro. Quanto successo nelle ultime ore è grave. Un voto unanime in consiglio dei Ministri non può essere sconfessato un minuto dopo in commissione. Così non si va avanti. Ci sono delicate questioni internazionali. Dobbiamo approvare la legge sulla concorrenza, altrimenti perdiamo risorse. Abbiamo una delega fiscale ferma”.
“Se dobbiamo fare un anno di campagna elettorale, allora tanto vale dirlo chiaramente: abbiamo scherzato. Tanto vale prenderne atto. Il Governo è qui per fare le cose, il Parlamento per garantirgli i voti. Questo governo è stato voluto dal presidente Mattarella per fare le cose”, prosegue nel suo durissimo sfogo Mario Draghi. “Senza un cambio di metodo gli incidenti sono inevitabili, presidente su alcuni temi devi coinvolgere i leader”, replica a muso duro il capodelegazione leghista Giancarlo Giorgetti. “Serve ricucire tra Parlamento e governo. Servono riunioni con i capigruppo”, gli fa eco la forzista Maria Stella Gelmini. Mentre per il pentastellato Stefano Patuanelli bisogna “leggere prima le carte che arrivano in cdM”.
“Io rispetto il Parlamento. – tiene però il punto Draghi – Tutti state sostenendo cose ragionevoli. Ma mi interessa fino a un certo punto. Noi siamo un governo del fare, non siamo qui per scaldare la sedia. Bisogna essere realisti, non idealisti. Se i partiti non sono in grado di garantire i voti in Parlamento, quindi la tenuta della maggioranza, il governo non può andare avanti. Il Presidente del Consiglio che dirige la politica generale del governo e ne è responsabile, si riserva quindi ogni valutazione in merito”.
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