Il Viminale tranquillizza gli animi dei tassisti e conferma ancora una volta la linea dura nei confronti di Uber Pop, la parte di Uber che permette a privati cittadini di scambiarsi passaggi in macchina dietro elargizione di un piccolo compenso. Servizio che è stato sospeso nel giugno dello scorso anno.
‹‹Contrastiamo quanti utilizzano un mezzo privato per svolgere un servizio che in realtà è pubblico››, precisa il Viminale tramite una nota ufficiale, aggiungendo che ‹‹la linea stabilita da diverse Prefetture circa il contrasto a chi utilizza un mezzo privato per svolgere servizi non autorizzati resta quindi pienamente confermata. Ad oggi, infatti, non esiste alcuna circolare governativa che permetterebbe il non sanzionamento di Uber Pop››.
Sembra quindi che il disegno di legge sulla sharing economy su cui il governo è al lavoro, non riguarda in maniera diretta Uber né ambisca a legittimarne in qualche modo l’attività. Per cui, almeno per il momento, in Italia servizi come Uber Pop rimangono totalmente fuori legge e perseguibili così come sancito da una famosa sentenza del Tribunale di Milano.
Ma per quale motivo Uber Pop è fuori legge?
Molto semplicemente perché si ritiene che dietro il meccanismo della sharing economy si nasconda in realtà l’esercizio di un servizio pubblico in merito al quale, però, non sono state rilasciate apposite licenze. In poche parole la figura del privato automobilista utilizzatore di Uber Pop si sovrapporrebbe a quella del tassista che invece, per svolgere l’attività di trasporto di persone, ha ottenuto una regolare licenza ed è sottoposto a tutta una serie di norme e tasse. Il provvedimento di inibitoria scattato su Uber Pop, in sostanza, è stato voluto per ‹‹concorrenza sleale nei confronti del regolare servizio taxi››.
Alberto Mengora