La bufala di Meloni sugli F-16. Gli F-16 hanno rappresentato un breve episodio nella storia dell’aviazione italiana. Sono passati nove anni dal momento in cui è arrivato il primo esemplare fino alla restituzione dell’ultimo. Per fare un confronto, gli F-104 Starfighter volavano da 41 anni quando sono andati in pensione. Il primo Tornado è del 1981 e rimarrà in servizio fino al 2025. Da oltre undici anni, nessun pilota dell’aeronautica militare ha volato su un F-116Viper. Per questo è improbabile che l’Italia possa contribuire all’addestramento degli equipaggi ucraini. Durante il G7 a Hiroshima, Giorgia Meloni ha promesso un addestramento dei piloti ucraini, una decisione difficilmente applicabile, presa senza consultare gli alleati Nato.
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L’addestramento dei piloti in Ucraina, la bufala di Meloni sugli F-16
Non è praticabile e per questo è una cosa irrealizzabile la bufala di Meloni sugli F-16 quella della promessa di addestramento dei piloti ucraini. Leonardo Tricarico, ex capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica Italiana e consigliere militare di tre presidenti del Consiglio, risponde a Repubblica. “Abbiamo avuto ottimi istruttori, ma adesso sono dispersi tra vari comandi e molti sono già in pensione. Sarebbe necessario ricontattarli e chiedere loro se vogliono tornare in servizio, seguito da una procedura di ricondizionamento con il mezzo. Solo a quel punto si potrà valutare se sono in grado di essere impiegati per addestrare gli ucraini”. Gli F-16 rappresentarono una soluzione temporanea in attesa del completamento degli Eurofighter. Con un programma di leasing, abbiamo noleggiato 34 caccia inattivi dall’US Air Force. Per contratto avrebbero volato per 45.000 ore, con le prime consegne che sono iniziate nel 2003.
Tricarico: “Sarebbe ‘strano’ richiamare piloti e istruttori”
L’Italia, membro della coalizione F-16 per l’Ucraina, addestrerà i piloti ucraini e potrebbe fornire anche i Tornado. Per questo motivo, all’interno dei Viper sono stati principalmente schierati piloti esperti che potevano imparare facilmente a guidarli senza una lunga formazione. Tuttavia, molti di questi militari sono ora nel momento culminante delle loro carriere o hanno già lasciato l’uniforme. Il generale Tricarico ritiene che richiamare in servizio gli equipaggi italiani sarebbe strano, poiché ci sono molte altre nazioni europee che sostengono il governo di Kiev e che schierano reparti con F-16. Ci sono centinaia di altri piloti pronti a svolgere il medesimo lavoro.
Un’alternativa potrebbe essere quella di aprire le nostre scuole di volo ai futuri piloti ucraini. Infatti, Kiev dovrà aumentare il proprio numero di piloti per gestire i jet promessi dalla coalizione occidentale, che finora sembra comprendere Paesi come Olanda, Danimarca, Portogallo, Polonia, Romania e Norvegia, tutti dotati di F-16. L’Italia ha una lunga tradizione nel settore dell’addestramento di piloti stranieri, con la base di Galatina (Lecce) e l’International Flight Training School creata a Decimomannu (Cagliari) appositamente per il combattimento.
Tricarico: “Contribuire a rinnovare la dottrina di volo ucraina”
Tuttavia, Tricarico, presidente del think tank di studi strategici Fondazione Icsa, ritiene che il nostro Paese possa offrire un altro “contributo di valore” alla ricostruzione dell’aviazione ucraina. “Possiamo aiutarli a rivedere la dottrina dell’impiego delle forze aeree. È il primo passo, che deve precedere la formazione dei piloti sugli aerei nuovi: gli ucraini provengono dalla tradizione sovietica e devono acquisire una nuova consapevolezza nell’uso dell’aviazione nel conflitto attuale, definendo procedure e tattiche da adottare per ogni tipo di aereo. Noi italiani abbiamo un’esperienza operativa concreta da condividere perché abbiamo gestito l’intera campagna aerea della NATO durante il conflitto in Kosovo. Sarebbe necessario e utile un tavolo di confronto con gli ucraini su questo punto”.
Per quanto riguarda gli F-16, al termine del contratto di noleggio in Italia, è rimasta una scorta di pezzi di ricambio inutilizzati. Nel 2016, si era deciso di donarli all’Egitto, ma il trasferimento fu bloccato dal Parlamento in seguito alla protesta per la mancata collaborazione del Cairo nelle indagini sull’omicidio di Giulio Regeni. Da allora, non se ne è più parlato: se quei pezzi fossero ancora disponibili, potrebbero essere molto utili all’Ucraina.
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