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UE: Uber non è piattaforma digitale ma vera compagnia di trasporti

La recente decisione presa dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea, secondo la quale Uber sarebbe una vera e propria azienda di trasporto operante tramite taxi e non una piattaforma digitale, sembra cambiare del tutto le carte in tavola nella battaglia tra la compagnia di San Francisco e le associazioni che raggruppano i conducenti d’auto di mezza Europa.
Quella che era stata sottovalutata sinora, ovvero la richiesta di chiarimenti elevata da un giudice catalano nell’agosto del 2015 si è invece dimostrata una vera e propria mina posta sul percorso di Uber, che sembrava ormai senza ostacoli. Tanto da spingere più di un’osservatore a parlare di colpo molto serio inferto alla sharing economy.

Cosa afferma la sentenza

Secondo la Corte di Giustizia dell’UE, l’attività svolta da Uber non fa riferimento ai servizi informativi, ma deve essere equiparata alla normale attività svolta da un’azienda di trasporto. Il vero servizio prestato dalla compagnia, infatti, non è il mettere in contatto le controparti, bensì l’agevolare lo spostamento del cliente mediante un mezzo di trasporto.
In tal modo, viene meno quanto sostenuto sinora dalle piattaforme online di vari settori, ovvero quello di fungere in sostanza soltanto da mercato, in pratica il luogo in cui si incontrano la domanda e l’offerta relativa ad un determinato servizio. Una logica che ha sostanzialmente promosso, secondo i detrattori, il cottimo digitale, portando ad una situazione in cui i lavoratori vantano sempre meno diritti e sono costretti a lavorare in cambio di stipendi sempre più magri.
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Un pessimo momento per Uber

Nonostante Uber si sia affrettata a dichiarare come in fondo cambi pochissimo, in realtà non è così. Anche perché la sentenza in questione fa seguito ad un altro pesante colpo inferto alla compagnia dal Tribunale del lavoro londinese, il quale l’aveva obbligata ad assumere oltre 40mila autisti che fanno riferimento a Uber UK.
Un doppio colpo che obbliga la compagnia a rivedere i suoi piani in un momento non felice neanche dal punto di vista dei bilanci. Va infatti ricordato come Uber, nonostante si calcola possa vantare un valore prossimo ai 70 miliardi di dollari, non abbia mai prodotto un bilancio in attivo dal 2009, anno in cui ha inaugurato la sua presenza nel settore dei trasporti. Una situazione dovuta in particolare ai fortissimi investimenti operati per dare vita ad uno sviluppo giudicato eccessivo dagli analisti. Tanto da ingenerare domande inquietanti.
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Uber è realmente conveniente per i consumatori?

La prima di queste domande relative a Uber è proprio quella che riguarda la sua supposta convenienza. Se infatti attualmente i prezzi praticati dai driver di Uber sono più bassi di quelli che caratterizzano invece il taxi tradizionale, c’è anche da ricordare come nel caso riuscisse ad eliminare la concorrenza, obiettivo di fondo mai negato da Garrett Camp e Travis Kalanick, si potrebbe assistere ad una notevole crescita delle tariffe, tale da annullare qualsiasi beneficio per la clientela.
Se per i consumatori il regime Uber potrebbe rivelarsi infine non così conveniente come sembra ora, va poi ricordato come il successo di questo tipo di compagnie stia provocando problemi a non finire anche ai lavoratori dei settori interessati. Il cottimo digitale, infatti, si alimenta grazie a stipendi sempre più bassi e a ritmi e condizioni di lavoro sempre più pesanti. Una situazione che alla lunga potrebbe generare distorsioni a non finire sul mercato del lavoro.
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